Paa57_parco simone simoncello
CONSIGLIO REGIONALE
VIII LEGISLATURA — DOCUMENTI — PROPOSTE DI LEGGE E DI ATTO AMMINISTRATIVO — RELAZIONI
proposta di atto amministrativo n. 57/07
a iniziativa della Giunta regionale
presentata in data 24 aprile 2007
PIANO DEL PARCO NATURALE DEL SASSO SIMONE E SIMONCELLO
APPROVAZIONE CON PRESCRIZIONI
LEGGE REGIONALE 28 APRILE 1994, N. 15, ARTICOLO 15
CONSIGLIO REGIONALE
VIII LEGISLATURA — DOCUMENTI — PROPOSTE DI LEGGE E DI ATTO AMMINISTRATIVO — RELAZIONI
IL CONSIGLIO REGIONALE
ma sostenibile, secondo i principi, i criteri e le azioni contenute nelle risoluzioni delle Conferenze
Vista la legge regionale 28 aprile 1994, n. 15
ministeriali sulla protezione delle foreste in Euro-
recante "Norme per l'istituzione e gestione delle
pa (MCPFE), nel piano d'azione per le foreste
aree protette naturali" ed, in particolare, l'articolo
europee 2007/2011, nelle linee guida di program-
15 il quale dispone che la Regione approvi il piano
mazione forestale di cui al decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio 15 giugno
Visto il parere favorevole di cui all'articolo 16,
2005 e nel piano forestale regionale di cui all'arti-
comma 1, lettera d), della l.r. 15 ottobre 2001,
colo 4, comma 1, della l.r. 6/2005.
n. 20 in ordine alla regolarità tecnica e sotto il
A.2.1) Interventi volti all'evoluzione strutturale,
profilo di legittimità del Dirigente del servizio am-
compatibilmente con i parametri stazionali,
biente e paesaggio, nonché l'attestazione dello
bioecologici e selvicolturali di alcune aree boscate
stesso che dalla deliberazione non deriva né può
di elevato valore naturalistico.
comunque derivare un impegno di spesa a carico della Regione, resi nella proposta della Giunta
Al paragrafo 6.2.1 della "Relazione illustrati-
va", i capoversi " Zone B" e "Zone C" sono
Visto l'articolo 21 dello Statuto regionale;
sostituiti dai seguenti: - Zone B, di riserva generale orientata, dove si
favorisce il potenziamento delle funzionalità ecosistemiche e la conservazione delle risorse
1) di approvare, ai sensi dell'articolo 15, comma
paesistico-culturali presenti anche attraverso la
6, della l.r. 15/1994, il piano del Parco naturale
riduzione dei fattori di disturbo. In tali zone è
del Sasso Simone e Simoncello, allegato al
vietato in particolare: costruire nuove opere edili-
presente atto di cui è parte integrante e so-
zie, ampliare le costruzioni esistenti, fatti salvi gli
stanziale e costituito dai seguenti elaborati:
interventi di risanamento igienico-funzionale, ese-
1) relazione illustrativa corredata da:
guire opere di trasformazione del territorio, effet-
a) Allegato A - schede unità ambientali;
tuare movimenti di terreno, salvo quando finalizza-
b) Allegato B - elenco specie floristiche;
ti ad interventi di conservazione, manutenzione e
2) Norme tecniche di attuazione corredate da:
sostituzione, eseguire cambi di destinazione
Allegato "A" - Schede unità di paesaggio;
d'uso che richiedano sostanziali cambiamenti edi-
lizi ed impiantistici. Possono comunque essere
a) Inquadramento territoriale, in scala
consentite le realizzazioni delle infrastrutture
espressamente previste nelle tavole di piano e gli
b) Inquadramento strutturale, in scala 1:
interventi di gestione delle risorse naturali e di
25.000 corredato da due allegati carto-
manutenzione delle opere esistenti.
grafici "Dettaglio dei beni di specifico
- Zone C, di protezione, interessate dalle attività
interesse storico, artistico e culturale";
agro-silvo-pastorali. In tali zone, in armonia con le
c) Articolazione territoriale, in scala
finalità istitutive, possono continuare, secondo gli
usi tradizionali ovvero secondo metodi di agricoltu-
d) Unità di paesaggio, in scala 1:25.000;
ra biologica, le attività agro-silvo-pastorali ed è
e) Stralci di approfondimento (2 cartogra-
incoraggiata la produzione artigianale di qualità.
fie), in scala 1:10.000;
E' vietato: realizzare nuove strade, realizzare nuo-
f) Area speciale, articolo 12 NTA, relativa
vi edifici ad eccezione di quelli a servizio dell'attivi-
all'area speciale "La Cantoniera" e al-
tà agricola; aprire nuove cave, realizzare interventi
l'area speciale "Porzione dell'abitato di
che modificano il regime delle acque, salvo quanto
Carpegna", scala 1:2.000;
strettamente necessario ai sistemi irrigui ed alla
g) Area speciale, articolo 12 NTA, Area
sicurezza per gli incendi. Nei nuclei rurali sono
dell'Eremo Madonna del Faggio, Plano-
consentiti interventi di manutenzione e restauro
volumetrico, scala 1:1.000;
nonché interventi di ristrutturazione, limitatamente
con le seguenti prescrizioni.
ai cambi di destinazione d'uso compatibile e alla modifica del numero delle unità immobiliari.
Al paragrafo 6.1 della "Relazione illustrati-
va", i punti "A.2)" e "A.2.1)" sono sostituiti dai
L'articolo 2 dell'elaborato "Norme tecniche
seguenti ed il punto "A 6.2)" è abrogato:
di attuazione" è sostituito dal seguente:
A.2) Miglioramento della qualità del patrimonio
1. Il piano del Parco è costituito dai seguenti
forestale da attuare mediante una gestione attiva,
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Relazione illustrativa corredata da:
All'articolo 4 dell'elaborato "Norme tecniche
Allegato A - schede unità ambientali;
di attuazione" i commi 5 e 6 sono sostituiti
Allegato B - elenco specie floristiche;
dai seguenti:
Norme tecniche di attuazione corredate da:
5. I piani particolareggiati, redatti dai Comuni ai
Allegato "A" - Schede unità di paesaggio;
sensi della l.r. 34/1992, sono volti a definire, in
coerenza con le Norme per parti del territorio di cui
• Inquadramento territoriale, in scala
al titolo II e delle Norme per risorse di cui al titolo
III, le modalità di gestione, dal punto di vista
• Inquadramento strutturale, in scala 1:
tecnico operativo delle "aree speciali" cartografica-
25.000 corredato da due allegati cartogra-
fici "Dettaglio dei beni di specifico interesse
6. Gli accordi di programma, i patti territoriali ed
storico, artistico e culturale";
ogni altra forma d'intesa volta a realizzare la coo-
Articolazione territoriale, in scala 1:25.000;
perazione dei diversi soggetti interessati per l'at-
Unità di paesaggio, in scala 1:25.000;
tuazione delle finalità del Parco. In particolare,
Stralci di approfondimento (2 cartografie),
attraverso gli accordi di programma si possono
in scala 1:10.000;
applicare le specifiche norme proposte per le zone
Area speciale, articolo 12 NTA, relativa al-
l'area speciale "La Cantoniera" e all'area speciale "Porzione dell'abitato di Carpe- gna", scala 1:2.000;
All'articolo 5 dell'elaborato "Norme tecniche
• Area speciale, articolo 12 NTA, Area
di attuazione" il comma 1 è sostituito dal
dell'Eremo Madonna del Faggio, Plano-
seguente:
volumetrico, scala 1:1.000.
1. Il PP disciplina le modalità d'intervento e tra-sformazione del territorio interessato dal Parco
All'articolo 3 dell'elaborato "Norme tecniche
con riferimento alle seguenti categorie:
di attuazione" il comma 5 è sostituito dal
CO (Conservazione): comprendente le azioni e gli
seguente:
interventi volti prioritariamente alla conservazione
5. Ai sensi dell'articolo 12 della legge 394/1991 i
ed alla manutenzione delle risorse naturali, delle
Comuni sono tenuti ad adeguare, con apposito
biocenosi e dei processi naturali, delle risorse e
atto, i propri strumenti urbanistici agli indirizzi e
delle testimonianze culturali, dei caratteri e della
alle prescrizioni del piano. L'Ente Parco attesta la
qualità dei paesaggi di riferimento identitario per le
conformità dello strumento urbanistico generale al
popolazioni locali, con le eventuali attività
piano del Parco.
manutentive strettamente connesse alla finalità
Successivamente all'adeguamento dello strumen-
conservativa ed alla continuità fruitiva del paesag-
to urbanistico generale comunale al piano del
gio. Può comprendere anche interventi di elimina-
zione degli elementi infestanti o degradanti, o
sono sottoposti a nulla osta dell'Ente Parco: i
comunque necessari al ripristino della funzionalità
nuovi strumenti urbanistici generali e le loro
ecologica, parziali rimodellazioni del suolo per la
varianti, i piani attuativi, le opere elencate negli
sicurezza e la stabilità idrogeologica; interventi
allegati A1, B1, A2, B2 della l.r. 7/2004 s.m.i.
strettamente necessari all'attività scientifica, di-
relativa alle procedure di impatto ambientale;
dattica, di monitoraggio. Per gli interventi edilizi, la
non sono soggetti al rilascio del nulla osta di
categoria normativa CO equivale alle categorie
cui all'articolo 26 della l.r. 15/1994:
d'intervento previste ai punti a) e b) della legge
- gli interventi di manutenzione ordinaria,
457/1978, articolo 31, comma 1.
straordinaria e di restauro e di risanamento
RE (Restituzione): comprendente le azioni e gli
conservativo di cui alla legge 457/1978, arti-
interventi volti prioritariamente al riequilibrio di con-
colo 31, lettere a), b) e c) e successive
dizioni ambientali alterate o degradate, al restauro
modifiche e integrazioni;
gli interventi posti all'interno di strumenti
dei monumenti e delle testimonianze storico-cul-
urbanistici attuativi che hanno già ottenuto
turali, agli scavi archeologici, al recupero del patri-
il nulla osta da parte dell'Ente Parco non-
monio abbandonato, degli elementi organizzativi e
ché tutti gli interventi ricadenti nelle aree
delle matrici del paesaggio agrario, al ripristino
urbanizzate così come individuate negli
delle condizioni naturali, all'eliminazione o alla
strumenti urbanistici.
mitigazione dei fattori di degrado o d'alterazione e
I provvedimenti autorizzativi degli interventi non
dei tipi o dei livelli di fruizione incompatibili, con le
soggetti al rilascio del nulla osta vanno trasmessi
modificazioni fisiche o funzionali strettamente ne-
all'Ente Parco entro 30 giorni dal rilascio.
cessarie e compatibili con tali finalità. Per gli
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interventi edilizi, la categoria normativa RE equiva-
dai seguenti e viene aggiunto il comma 5
le alle categorie d'intervento previste ai punti a) ,
come sotto riportato:
b), c) e d) della legge 457/1978, articolo 31
1. Il piano suddivide il Parco in zone, identificate
nelle tavole di piano ed assoggettate a diverso
RQ (Riqualificazione): comprendente le azioni e
grado di protezione, con riferimento alle seguenti
gli interventi volti prioritariamente al miglioramento
categorie di cui all'articolo 12 della legge 394/
delle condizioni esistenti ed alla valorizzazione di
risorse male o sottoutilizzate, con modificazioni
- Zone A, di riserva integrale, destinate alla con-
fisiche o funzionali anche radicalmente innovative,
servazione dell'ambiente naturale nella sua inte-
ad introdurre sostanziali innovazioni d'uso o di
grità, alla salvaguardia ed al mantenimento degli
struttura nello stato dei luoghi per fini economici o
equilibri biologici ed ambientali in atto, alla preven-
sociali, con modificazioni anche radicali dei valori
zione ed all'eliminazione dei fattori di disturbo
esistenti, anche attraverso nuovi impegni di suolo
esogeni. La fruizione degli ambiti interessati ha
per la formazione di nuovi insediamenti o sostitu-
carattere esclusivamente naturalistico, scientifico
zione di tessuti insediativi o infrastrutturali, inter-
e didattico. Sono specificamente vietati: lo svolgi-
venti di sistemazione paesistica volti a guidare ed
mento di attività agricole, i tagli boschivi, il pasco-
organizzare i processi evolutivi, ma tali da miglio-
lo, i cambi colturali e ogni genere di scavo o
rare la qualità urbanistica e paesistica dell'area e
movimento di terreno; interventi costruttivi o di
del suo contesto. Per gli interventi edilizi, la cate-
installazione di manufatti di qualsiasi genere.
goria normativa RQ equivale alle categorie d'inter-
- Zone B, di riserva generale orientata, dove si
vento previste ai punti a), b), c) d) ed e) della legge
favorisce il potenziamento delle funzionalità
457/1978, articolo 31, comma 1 ed edificazione
ecosistemiche e la conservazione delle risorse
isolata di nuovo impianto.
paesistico-culturali presenti anche attraverso la riduzione dei fattori di disturbo. In tali zone è vietato in particolare:
All'articolo 6 dell'elaborato "Norme tecniche
costruire nuove opere edilizie;
di attuazione" i commi 3, 5 e 6 sono sostituiti
ampliare le costruzioni esistenti, fatti salvi gli
dai seguenti:
interventi di risanamento igienico-funzionale;
3. Sono sottoposti a valutazione d'impatto am-
eseguire opere di trasformazione del territorio,
bientale i progetti specificati ed elencati nella vi-
effettuare movimenti di terreno salvo quando
gente normativa.
finalizzati ad interventi di conservazione, ma-
5. Lo studio di impatto ambientale (SIA), da redi-
nutenzione e sostituzione;
gere ai fini della valutazione, ha i contenuti previsti
eseguire cambi di destinazione d'uso che ri-
dalla vigente normativa ed è corredato da tutta la
chiedano sostanziali cambiamenti edilizi ed
documentazione necessaria per motivare la solu-
zione scelta, precisando altresì le misure di
Possono comunque essere consentite le realiz-
mitigazione proposte per annullare o minimizzare
zazioni delle infrastrutture espressamente previ-
gli impatti previsti.
ste nelle tavole di piano e gli interventi di gestione
6. Nei Siti della Rete Natura 2000 ricompresi
delle risorse naturali e di manutenzione delle ope-
totalmente entro il territorio dei comuni del Parco
l'Ente Parco è l'autorità competente alla verifica
- Zone C, di protezione, interessate dalle attività
della valutazione d'incidenza.
agro-silvo-pastorali. In tali zone, in armonia con le finalità istitutive, possono continuare, secondo gli
Dopo l'articolo 7 dell'elaborato "Norme tec-
usi tradizionali ancora praticati con metodi di agri-
niche di attuazione" è aggiunto il seguente
coltura biologica, le attività agro-silvo pastorali ed
articolo 7 bis:
è incoraggiata la produzione artigianale di qualità.
Art. 7 bis Prevalenza nell'applicazione delle nor-
me di salvaguardia.
realizzare nuove strade;
1. In caso di contrasto tra le norme di cui al titolo
realizzare nuovi edifici ad eccezione degli an-
II, quelle di cui al titolo III e quelle indicate nelle
nessi rurali a servizio dell'attività agricola;
Schede di unità del paesaggio, prevalgono quelle
aprire nuove cave;
più restrittive.
realizzare interventi che modificano il regime delle acque, salvo quando strettamente neces-
All'articolo 9 dell'elaborato "Norme tecniche
sari ai sistemi irrigui ed alla sicurezza per gli
di attuazione" i commi 1, 2 e 4 sono sostituiti
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Nei nuclei rurali sono consentiti interventi di manu-
L'articolo 11 dell'elaborato "Norme tecniche
tenzione e di restauro nonché interventi di
di attuazione" è abrogato.
ristrutturazione limitatamente ai cambi di destina-zione d'uso compatibile e alla modifica del nume-
All'articolo 12 dell'elaborato "Norme tecni-
ro delle unità immobiliari.
che di attuazione" i commi 1 e 2 sono sostitu-
- Zone D, di promozione economica e sociale, che
iti dai seguenti:
interessano le aree urbanizzate ed urbaniz-zande,
1. Le aree speciali, definite tali per la specifica
comprese le aree parzialmente o completamente
complessità gestionale determinata dalla
degradate. In tali zone sono consentite tutte le
compresenza di diverse risorse e problemi,
attività compatibili con le finalità istitutive del par-
cartograficamente delimitate sulla tavola "Articola-
co e finalizzate alla riqualificazione ed al migliora-
zione territoriale del Parco", ad eccezione del-
mento della vita socio-culturale delle collettività
l'area del demanio militare i cui esatti confini
locali e al miglior godimento del parco da parte dei
dovranno essere verificati sulla base dei dati
visitatori. La riqualificazione, limitatamente agli
catastali, sono le seguenti:
interventi di nuova espansione edilizia, dovrà at-
tuarsi attraverso piani attuativi volti a dimostrare il
Porzione dell'abitato di Carpegna;
ruolo strategico del nuovo insediamento ed il suo
Area dell'Eremo Madonna del Faggio;
adeguato inserimento nel contesto paesistico-
Area del Demanio Militare.
2. Le aree speciali di cui al comma 1, ad eccezio-
2. La disciplina delle suddette zone è sintetizzata
ne dell'area del demanio militare, sono sottoposte
nella tabella seguente con riferimento alle catego-
ai piani particolareggiati di cui all'articolo 4,
rie di cui agli articoli 5 e 6:
Interventi
Attività ed usi
All'articolo 16, comma 2, dell'elaborato "Nor-
me tecniche di attuazione" le lettere b) e c)
ammissibili
compatibili
sono sostituite dalle seguenti:
c) apertura o completamento dei lavori;
d) movimenti di terreno e modificazioni dei reticoli
idrici superficiali, fatta eccezione per quelli fi-
nalizzati al mantenimento delle attività agropastorali in atto (purché compatibili con gli
ecosistemi protetti), al soddisfacimento dei fabbisogni idropotabili, alla difesa idrogeologi-
4. In tutte le zone di cui al comma 1, ad esclusio-
ca o al recupero ambientale di aree degradate.
ne delle zone A di riserva integrale, è fatta salva la possibilità di realizzare, previo nulla osta dell'Ente
All'articolo 17 dell'elaborato "Norme tecni-
Parco, opere di pubblica utilità non appartenenti
che di attuazione" il comma 4 è sostituito dal
alle tipologie vietate dal comma 1 dichiarate tali
seguente:
dal Consiglio comunale del comune in cui ricade
4. Per tutte le aree di cui al comma 1 valgono le
l'opera stessa, purché coerenti con le finalità e gli
seguenti prescrizioni aventi l'efficacia di cui all'ar-
obiettivi del presente piano.
ticolo 3, comma 2, punto a) per le aree interne al
5. In tutto il territorio del Parco sono consentiti gli
perimetro del Parco e l'efficacia di cui all'articolo
interventi di cui all'articolo 24, comma 6, delle presenti norme.
3, comma 2, punto b) per aree ricadenti in zona contigua ed in particolare, per gli elementi isolati
All'articolo 10 dell'elaborato "Norme tecni-
del paesaggio agrario di cui al comma 1 si appli-
che di attuazione" il comma 2 è sostituito dal
cano le disposizioni di cui al capo IV della l.r. 6/
seguente:
2005. Sono inoltre vietate le lavorazioni del suolo,
2. Nelle aree contigue di cui ai commi precedenti
compresa l'aratura, per una profondità maggiore di
si propongono all'intesa con gli enti locali compe-
40 cm e ogni tipo di escavazione per una fascia di
tenti per territorio le norme di cui al titolo III, che
10 ml misurati a partire dal margine, riducibile a 4
assumono l'efficacia di cui all'articolo 3, comma
ml nel caso di contiguità con le aree coltivate.
2, punto b), previa concertazione con gli enti stes-si, da attuarsi attraverso gli accordi di programma
All'articolo 18 dell'elaborato "Norme tecni-
di cui all'articolo 4, comma 6.
che di attuazione" il comma 2 è sostituito dal
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seguente, viene aggiunto il comma 3 ed il
da parte o ne venga a conoscenza è tenuto a
vecchio comma 3, che assume il numero 4,
darne comunicazione all'Ente Parco nonché, ai
viene sostituito dal seguente:
sensi dell'articolo 90 del Codice stesso, ad infor-
2. La definizione di bosco è di competenza regio-
marne tempestivamente la Soprintendenza per i
nale. La definizione attualmente applicabile nel
beni archeologici delle Marche provvedendo, fino
territorio del Parco è quella di cui all'articolo 2,
al suo intervento, a conservare inalterate le condi-
comma 1, lettera e), della l.r. 6/2005.
zioni iniziali del rinvenimento e alla protezione e
3. Per le aree già boscate nelle quali l'assenza del
sicurezza di quanto rinvenuto.
soprassuolo arboreo o una sua copertura inferiore al 20 per cento abbiano carattere temporaneo e
All'articolo 28 dell'elaborato "Norme tecni-
siano ascrivibili ad interventi selvicolturali o d'uti-
che di attuazione" il comma 1 è sostituito dal
lizzazione oppure a danni per eventi naturali, acci-
seguente:
dentali o per incendio, nonché per le formazioni
1. Fino a quando le Amministrazioni competenti
costituite da vegetazione forestale arbustiva eser-
non avranno provveduto all'adeguamento del loro
citanti una copertura del suolo pari ad almeno il 40
strumento urbanistico generale alle direttive del
per cento, si applicano comunque le norme di cui
presente piano sono comunque tenute al rispetto
alla l.r. 6/2005.
delle norme precettive di cui al titolo III delle pre-
4. Al fine di conseguire gli obiettivi di cui al comma
senti Norme limitatamente alle aree interne al
1, potranno essere adottati appositi piani di ge-
parco ed inoltre:
stione, generali o settoriali, recependo le previsio-
nelle aree classificate come zone A e B, sono
ni dei piani di gestione del patrimonio agricolo e
consentiti esclusivamente interventi ammissi-
forestale e dei piani particolareggiati o d'assesta-
bili e le corrispondenti attività ed usi compatibi-
mento forestale adottati dalle Comunità montane,
li indicate dall'articolo 9 del presente piano;
- nelle aree classificate come zone C, sono
qualora applicabili in relazione alle previsioni ed
consentiti esclusivamente gli interventi di cui
alla zonizzazione del piano del Parco. Le Comuni-
alle lettere a), b) e c) del primo comma dell'ar-
tà montane richiedono all'Ente Parco un parere
ticolo 31 della legge 457/1978, purché in coe-
sulle previsioni dei piani forestali sopra indicati,
renza con le finalità del Parco così come spe-
che ne valuta la conformità e la coerenza nei
cificate nel presente piano. Devono comunque
riguardi delle previsioni del piano e del regolamen-
essere permesse le infrastrutture strettamente
to del Parco. Suddetti piani saranno volti al
necessarie per le attività agro-silvo-pastorali
raggiungimento di sufficienti condizioni di natu-
ralità, all'evoluzione dell'ecosistema verso assetti
nelle aree classificate come zone D sono con-
autonomamente stabili, alla massimizzazione
sentiti esclusivamente gli interventi di cui alle
della complessità strutturale in ragione della mi-
lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'arti-
gliore funzionalità bio-ecologica dell'ecosistema
colo 31 della legge 457/1978, e le nuove co-
forestale, al mantenimento delle funzioni protettive
struzioni, previo nulla osta dell'Ente Parco,
e produttive nelle situazioni previste dal presente
purché non contrastino con le finalità del Parco
piano, escludendo azioni di isolamento ed
così come specificate nel presente Piano.
enucleazione delle aree di maggior valore.
Nell'elaborato grafico denominato "Inqua-
All'articolo 20 dell'elaborato "Norme tecni-
dramento strutturale", in scala 1: 25.000 non-
che di attuazione":
ché nei due allegati cartografici denominati
il comma 5 assume il numero 4;
"Dettaglio dei beni di specifico interesse sto-
il comma 6 assume il numero 5.
rico, artistico e culturale", in scala 1:10.000: -
devono riportare l'esatta toponomastica dei
All'articolo 24 dell'elaborato "Norme tecni-
beni storico-culturali.
che di attuazione" viene aggiunto il seguen-
te comma 6:
Nell'elaborato grafico denominato "Articola-
6. In tutto il territorio del parco, comprese le zone
zione territoriale", in scala 1:25.000:
"A", "B" e "C", sono consentite le attività di ricerca
nelle porzioni di territorio ove attualmente la
e di scavo archeologico, di restauro conservativo e
carta evidenzia una sovrapposizione tra area
di eventuale manutenzione e valorizzazioni regola-
contigua e area parco, va eliminato il retino
te dal vigente Codice dei beni culturali e del pae-
dell'area contigua;
saggio (d.lgs. 42/2004); qualora si verifichino
vanno eliminate le porzioni di territorio carto-
rinvenimenti archeologici fortuiti, chiunque vi pren-
grafate come "Area di integrazione paesistico
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ambientale (ARPA) Aziende faunistico-vena-
vanno eliminate le porzioni di territorio carto-
torie in area parco" tramite l'eliminazione del
grafate come "Area di integrazione paesistico
corrispondente retino sulla carta e della deno-
ambientale (ARPA) Aziende faunistico-vena-
minazione sulla legenda.
torie in area parco" tramite l'eliminazione del corrispondente retino sulla carta e della deno-
Nell'elaborato grafico denominato "Unità di
minazione sulla legenda.
paesaggio", in scala 1:25.000: -
va riportato il perimetro del parco.
2) che la pubblicazione del Piano Parco nel Bol-
lettino ufficiale della Regione avvenga previo
Nelle due tavole dell'elaborato grafico deno-
recepimento, negli elaborati di piano, delle pre-
minato "Stralci di approfondimento", in sca-
scrizioni sopra riportate che l'Ente Parco è
la 1:25.000:
tenuto ad effettuare trasmettendo, ad inseri-
nelle porzioni di territorio ove attualmente la
mento concluso, il Piano al servizio regionale
carta evidenzia una sovrapposizione tra area
competente in materia.
contigua e area parco, va eliminato il retino dell'area contigua;
DEL SASSO SIMONE E SIMONCELLO
PIANO DEL PARCO
RELAZIONE ILLUSTRATIVA
INDICE
0. PREMESSA . 4
1. QUESTIONE AMBIENTALE E PIANIFICAZIONE TERRITORIALE. 5
2. IL PIANO PER IL PARCO EX LEGE 394/1991. 6
3. IL PERCORSO METODOLOGICO PER LA REDAZIONE DEL PIANO. 7
4. LE ANALISI. 8
4.1 Sistema fisico . 9
4.1.1 Geologia e Geomorfologia. 9
4.1.2 Idrogeologia . 11
4.2 Sistema biologico . 15
4.2.1 Vegetazione. 15
4.2.2 Fauna . 17
4.3 Sistema antropico . 20
4.3.1 Paesaggi, immaginari e culture locali . 20
4.3.2 Elementi della storia locale . 21
4.3.3 Assetto insediativo, produttivo ed infrastrutturale. 23
4.3.4 Aspetti agronomici . 25
4.3.5 Aspetti demografici e socio economici . 26
5. LE SINTESI INTERPRETATIVE . 28 6. IL PROGETTO . 31
6.1 Le strategie . 32
A, gestione del patrimonio naturale e delle risorse agro-silvo-pastorali . 32
B, controllo e prevenzione dei rischi . 35
C, recupero e valorizzazione del patrimonio culturale-insediativo . 36
D, valorizzazione dell'identità locali e della fruizione sociale del parco . 37
6.2 Le norme . 38
6.2.1 Le norme per parti. 39
6.2.2 Le norme per categorie diverse di risorse ed attività e per progetti. 42
6.2.3 I confini . 42
7. RAPPORTI COL PIANO PLURIENNALE ECONOMICO E SOCIALE . 43
ALLEGATI
Elaborati grafici
ANALISI
- Sistema biologico – Vegetazione
- Sistema biologico – Paesaggi vegetali
- Sistema fisico - Vulnerabilità intrinseca
- Sistema fisico - Geotopi
- Sistema fisico - Geologia con elementi di idrogeologia
- Sistema fisico - Geomorfologia
- Sistema fisico - Geologia
- Sistema antropico - Uso del suolo
- Sistema antropico - Assetto insediativo, produttivo e infrastrutturale
- Sistema antropico - Mosaico dei P.R.G.
- Sistema antropico – Vincoli
SINTESI INTERPRETATIVE
- Fattori strutturanti e caratterizzanti
- Fattori qualificanti
- Fattori di criticità
- Unità di paesaggio
- Unità ambientali
- Ambiti e parti
STRATEGIE
- A. Gestione del patrimonio naturale e delle risorse agro-silvo-pastorale
- B. Controllo e prevenzione dei rischi
- C. Recupero e valorizzazione del patrimonio culturale ed insediativo
- D. Valorizzazione delle identità locali e fruizione sociale del parco
ALLEGATO "A" Schede unità ambientali
ALLEGATO "B" Elenco specie floristiche
0. PREMESSA
Il Parco Regionale del Sasso Simone e Simoncello, istituito con l'art.36 della L.R.
n.15/1994, perimetrato con D.C.R. n. 58/1996 del 30/04/1996 (l'Ente è stato
costituito con D.G.R. n. 599/1996), avvia, con Delibera N. 45 del 14/03/1997, le
attività necessarie per la redazione del Piano del Parco e del Piano pluriennale
economico e sociale. In particolare, vengono nominati i componenti dell'Ufficio di
Piano con D.C.D. n. 169 del 28/11/1997 ed il Comitato Scientifico con D.C.D.n. 78
del 06/06/1998.
In data 05/03/1999 con D.C.D. n. 22 vengono nominati i coordinatori del Piano che
in data 19/4/1999 presentano il Programma di lavoro, discusso ed approvato nel
Consiglio Direttivo del 30/04/1999.
In data 17/07/2000 è stata presentata al Consiglio Direttivo la bozza del Preliminare
di Piano. In data 15/09/2000 viene redatta e ripresentata al Consiglio Direttivo una
seconda bozza del Preliminare di Piano contenente i suggerimento e le correzioni
richieste dall'Ente Parco.
Il Documento Programmatico, il Programma di lavoro ed il Preliminare di Piano che
hanno orientato le diverse fasi di formazione del Piano mantengono una sostanziale
coerenza con:
- la Delibera della Giunta Regionale n. 1181 del 23/4/1996 "L.R. 15/1994, art.15,
comma 3 – approvazione degli indirizzi e delle linee guida per l'elaborazione e l'aggiornamento dei piani per le aree protette nelle Marche";
- la Deliberazione della Giunta Regionale n.1347 del 13/5/1996 "L.R. 15/1994 –
approvazione degli indirizzi e delle linee guida per l'elaborazione e l'aggiornamento dei piani pluriennali economico e sociali per le aree protette nelle Marche";
- lo Statuto dell'Ente Parco approvato con delibere N. 1 e 2 in data 22,23/08/1996; - le motivazioni intervenute nei diversi incontri con la popolazione (FORUM per
- In particolare, il Piano, nel disciplinare la gestione di un'area significativamente
caratterizzata da una consolidata commistione tra l'uomo e la natura, persegue i seguenti obiettivi:
- salvaguardia e valorizzazione dell'immagine del Parco nella sua complessa
identità di paesaggio insediato (i Sassi, il bosco, i pascoli, gli insediamenti) costituito da valori culturali oltreché naturali;
- conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale, e delle risorse suolo ed
acqua, con la preservazione della biodiversità e delle reti ecologiche di connessione col contesto ambientale, la riduzione dei fenomeni di frammentazione ambientale e la bonifica delle aree degradate suscettibili di recupero naturalistico;
- conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e paesistico, col
recupero dei sistemi storici, insediativi ed infrastrutturali, il controllo dei processi d'urbanizzazione e la mitigazione dei fenomeni di degrado ambientale e paesistico;
- promozione di sviluppi economici e sociali sostenibili e coerenti con la
valorizzazione del parco, atti a consolidare i sistemi produttivi ed organizzativi
locali, anche attraverso la riorganizzazione della fruizione turistica del parco ad integrazione delle economie tradizionali agricole, zootecniche, forestali ed artigianali.
Al fine di perseguire gli obiettivi di cui sopra il Parco si dota quindi dei seguenti
strumenti di gestione: il Piano per il Parco, il Piano pluriennale economico e sociale
per la promozione delle attività compatibili ed il Regolamento del Parco. L'Ente
Parco ha deciso di procedere congiuntamente alla formazione di tutti e tre i suddetti
strumenti, al fine di assicurarne la massima coerenza e complementarietà di
contenuti. Il processo di elaborazione ha favorito tale integrazione, pur tenendo conto
delle differenti procedure formative. Pertanto, entro due mesi dall'adozione del Piano
per il Parco che si sta ora varando, si provvederà alla presentazione del Piano
pluriennale conomico e sociale e quindi del Regolamento del Parco (come si
prevedeva nello Scadenziario approvato col Preliminare)
1. QUESTIONE AMBIENTALE E PIANIFICAZIONE TERRITORIALE
L'intreccio fra i problemi dell'ambiente e la pianificazione territoriale ha segnato
l'evoluzione del quadro programmatico e legislativo nella maggior parte dei paesi
industrializzati ed ha fatto maturare accordi e dichiarazioni d'intenti a livello
internazionale. In particolare, dall'Action Plan di Caracas del 1992, e dal Congresso
di Montreal del 1996, emerge la necessità "d'integrare le aree protette nella
pianificazione generale di ciascun paese, sviluppando ed incrementando piani
nazionali che si integrino con i piani di sviluppo economico dei paesi e che abbiano
come riferimento le regioni biologiche più di quelle amministrative". Si registrano
esigenze di territorializzare le politiche ambientali e di calibrare adeguati strumenti
di gestione e pianificazione del territorio per conseguire obiettivi di salvaguardia e
tutela delle risorse naturali.
Da parte sua, la cultura urbanistica riscopre l'ambiente, nei primi anni del Novecento
in America, successivamente in Europa e nei paesi industrializzati, e negli ultimi
anni, con modalità diverse, nei rimanenti paesi. Sebbene solo una parte dei molteplici
fattori che intervengono nella determinazione della qualità ambientale siano
controllati dalla pianificazione, tra gli urbanisti e gli amministratori cresce sempre
più la consapevolezza che non c'è spazio per forme di conservazione sganciate dalla
pianificazione e per illusori tentativi di mantenere lo status quo, "arrestando
l'inarrestabile creatività dei processi d'uso". La conservazione del territorio
storicamente antropizzato (caratteristica comune alla maggior parte delle aree
protette europee) è dunque improponibile prescindendo dai processi continui di
trasformazione fisica e funzionale. La pianificazione è sempre più chiamata a
conferire un "respiro progettuale", alle questioni ambientali, sottraendole alle
politiche di protezione passiva, di emergenza e di pronto soccorso. In questa
prospettiva, negli ultimi dieci anni, anche in Italia, sono state emanate leggi che
introducono strumenti di piano rivolti al controllo dei processi di trasformazione e
conservazione del territorio:
- con la L. 431/1985 le regioni assumono il compito di sottoporre a specifica
normativa d'uso e valorizzazione ambientale il relativo territorio, mediante la
redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici;
- con la L. 183/1989 vengono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso
finalizzate alla conservazione, alla difesa ed alla valorizzazione del suolo ed alla corretta utilizzazione delle acque, mediante la redazione di piani di bacino;
- con la L. 394/1991 si intende favorire la conservazione e la valorizzazione del
patrimonio naturale del paese mediante l'applicazione di sistemi e metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a realizzare un'integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici ed architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali tradizionali, la promozione di attività di educazione, formazione e ricerca scientifica, nonché di attività ricreative e produttive compatibili.
2. IL PIANO PER IL PARCO EX LEGE 394/1991
Il piano per il parco, introdotto in Italia con la legge quadro sulle aree protette (L.
394/199191), con un ritardo di 50 anni rispetto ai primi piani di parchi in America, si
configura come uno strumento che prevede un contenuto insieme urbanistico,
territoriale, paesistico e naturalistico. Non è pensabile pertanto che si possa cadere in
nessuna delle due contrapposte tentazioni:
a) di confondere il piano per il parco con la pianificazione ordinaria;
b) di considerare solamente la componente naturalistica, lasciando irrisolti i problemi
di tutela paesistica e di organizzazione urbanistico-territoriale.
Il piano per il parco è dunque uno strumento complesso che interviene per
disciplinare diversi contenuti. Ma in quale modo interviene per normare ciascuno dei
settori considerati? Con quale grado di approfondimento? A quale livello di
dettaglio?
La risposta a queste prime domande diventa un passaggio chiave nel processo di
costruzione del piano in quanto il campo ed il grado di approfondimento della norma
dovranno orientare il campo ed il grado di approfondimento delle attività analitiche,
interpretative e valutative.
La legislazione vigente (L.394/1991 e L.R.15/1994) introduce una serie di
considerazioni oggetto di riflessione per chi dovrà operare alla redazione del piano.
In particolare :
- indica una serie di finalità generali ("garantire e promuovere in forma coordinata
la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese .") ed altre più specifiche da perseguire con il piano ("organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela .");
- individua oltre al piano per il parco una serie di strumenti ed iniziative con cui il
Piano per il parco dovrà necessariamente rapportarsi ed interagire (Regolamento del Parco, Piano pluriennale economico e sociale, misure d'incentivazione, .);
- coglie la necessità di dover considerare la naturale estensione dei fenomeni
verso l'esterno del parco e dall'esterno verso l'interno (prevedendo le "zone contigue") e di dover stabilire effettive interazioni tra il livello della tutela locale, quello nazionale e quello internazionale (istituendo la "Carta della natura");
- occupa, con il piano per il parco, uno spazio normativo (quello della
pianificazione sovracomunale) notoriamente scoperto, non tanto nella legislazione urbanistica (infatti, già nella legge urbanistica generale - la L. 1150/1942 - erano stati previsti i piani territoriali di coordinamento, riproposti poi dalla L. 142/1090 con una più accentuata valenza ambientale), quanto nell'applicazione concreta (sono pochissimi a tutt'oggi gli strumenti di piano sovracomunali in vigore);
- potrebbe sostituire ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o
urbanistici ed ogni altro strumento di pianificazione, rischiando di ingenerare conflitti tra enti di governo.
Al piano per il parco viene attribuito il compito di disciplinare: a) l'organizzazione generale del territorio e la sua articolazione in aree o parti
caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela;
b) i vincoli, le destinazioni di uso pubblico o privato e le norme di attuazione
relative con riferimento alle varie aree o parti del piano;
c) i sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi,
accessi e strutture riservati ai disabili, ai portatori di handicap ed agli anziani;
d) i sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del parco,
musei, centri visita, uffici informativi, aree campeggio, attività agroturistiche;
e) gli indirizzi ed i criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull'ambiente
naturale in genere.
3. IL PERCORSO METODOLOGICO PER LA REDAZIONE DEL
PIANO
Il cammino percorso per la redazione del Piano è stato fondato su alcuni riferimenti
metodologici generali:
1) la ciclicità, che si è esplicata nella costruzione di un processo di piano aperto,
perfettibile ed aggiornabile, capace di consentire "reciproci aggiustamenti" dell'analisi e del piano, dal primo approccio conoscitivo alla definizione dell'assetto dell'area. La ciclicità ed adeguate operazioni di "feedback" hanno guidato ed orientato tutte le attività di analisi, valutazione e proposta progettuale, evitando ogni passaggio meccanico "a cascata" dal momento analitico a quello decisionale ed ogni forma di determinismo ambientale. Tutto ciò significa riconoscere una serie di rapporti interattivi tra le analisi, le valutazioni e le elaborazioni progettuali senza rinunciare però alla distinzione ed alla reciproca autonomia tra il momento analitico e quello propositivo, senza creare quindi confusione tra piano e conoscenza ed in particolare senza delegare in alcun modo la responsabilità della scelta progettuale;
2) 'approccio sistemico, che si è esplicato nella opportunità di andare oltre la rigida
classificazione dei diversi settori disciplinari per analizzare e valutare i legami ed i mutui rapporti che intercorrono tra le molteplici componenti della realtà territoriale. Tutto ciò ha determinato un consistente impegno tecnico-scientifico di integrazione interdisciplinare tra i diversi saperi coinvolti (da quelli dell'ecologo a quelli del geologo, del biologo, del pianificatore, del botanico, dell'architetto, del geografo, del paesaggista, .) capace di evidenziare quel valore aggiunto rispetto alla somma dei saperi, derivante dalla compresenza di valori diversi.
Considerato il costante rapporto dialettico fra conoscenza e strategia di intervento, è
evidente che l'attività interdisciplinare dovrà interessare l'intero processo di
pianificazione dell'area ivi compresa l'elaborazione di tutti gli strumenti attuativi
essenziali soprattutto per la definizione delle aree più intensamente antropizzate: "il
progetto in senso lato, transdisciplinare, adottato da ogni settore" potrebbe divenire
"lo strumento più fine per valutare la forma del piano sotto tutti i profili".
Il percorso di formazione del piano strutturato per il Parco del Sasso Simone e
Simoncello si è basati dunque su un'interrelazione dinamica ed aperta tra
conoscenza, progetto e gestione ed ha evidenziato 3 fasi consequenziali ma con la
facoltà da parte di ognuna di retroagire sulle altre : Analisi, Sintesi interpretative e
Progetto.
4. LE ANALISI
Considerato che la maggior parte delle problematiche affrontate dal piano coinvolge
diversi saperi e diverse competenze non è stato possibile ipotizzare un livello di
approfondimento diverso da quello del lavoro interdisciplinare. Per avviare una
stretta collaborazione tra le diverse componenti si è reso necessario :
- superare le storiche discrepanze fra le scienze della terra e le scienze sociali;
- stabilire un accordo di linguaggio e di metodo;
- raffronto le analisi e le valutazioni in modo collegiale, con riunioni plenarie,
volte a coinvolgere tutte le componenti disciplinari;
- concepire un approccio sistemico e quindi una visione olistica tale da cogliere
quel valore aggiunto rispetto alla somma dei saperi derivante dalla compresenza di valori diversi.
La convergenza delle diverse competenze disciplinari, nella costruzione di quadri conoscitivi, valutativi e progettuali tendenzialmente unitari, non si è esaurita nel semplice accostamento dei diversi contributi ma ha prodotto una conoscenza ecosistemica ed un progetto olistico del piano senza perdere di vista gli approfondimenti specifici di ciascuna disciplina. Sulla scorta di recenti esperienze di pianificazione (Piano per il Parco dei Colli Euganei, Piano per il Parco delle Alpi Apuane, Piano per il Parco dei Monti Sibillini, Piano per il Parco del Cilento e Vallo di Diano, Piano per il Parco del Monte San Bartolo) sono state messe a punto metodiche di lavoro per favorire il confronto, lo scambio delle conoscenze e delle valutazioni e quindi il dialogo tra le diverse competenze disciplinari cointeressate al piano, con l'obbiettivo di creare un omogeneo schema concettuale di riferimento cui riferire i diversi quadri conoscitivi interpretativi e progettuali. In questo modo, il momento interpretativo, costruito sulla base di una griglia comune a tutti i settori disciplinari coinvolti, diviene matrice di riferimento per la definizione dei valori e della criticità dell'area e per la discussione, il confronto e la giustificazione pubblica delle proposte progettuali. In questa prospettiva sono stati elaborati i quadri conoscitivi. Le operazioni analitiche esplicate possono essere sinteticamente descritte come segue: - raccolta di studi e ricerche scientifiche già realizzati sull'area, utili ai fini del
- redazione di una scheda delle specificità dell'area capace di evidenziare: risorse,
caratteri e problemi;
- primo confronto con gli attori locali (dalle pubbliche amministrazioni alle
associazioni, ai singoli privati) al fine di conoscere le aspirazioni delle popolazioni ivi residenti e capire quali potranno essere i primi ostacoli all'ottenimento del consenso;
- definizione dei limiti dell'area oggetto di studio che include anche gli ecosistemi
limitrofi interagenti con l'area protetta. Tale allargamento è utile anche al fine di riconnettere la "rete ecologica" del parco coi sistemi di particolare valore naturale del contesto territoriale;
- indagini dirette e specialistiche realizzate sul campo, complementari a quelle già
realizzate e comunque strutturali per la fase di avvio del piano relativamente a:
- ambiente fisico (geologia, geomorfologia, pedologia, idrogeologia, idraulica e climatologia); - ambiente biologico (flora e vegetazione, fauna); - assetto urbanistico-insediativo (infrastrutture, piani e programmi in atto, insediamenti, risorse agricole ed uso del suolo); - assetto paesistico e storico culturale; - assetto socio economico.
In questa fase sono state prese in esame le relazioni esistenti all'interno di ciascun
sistema e fra i diversi sistemi, ordinate sulla base delle problematiche prevalenti
nell'area oggetto di studio e dei tematismi indicati nell'art.12 della L.394/1991.
4.1 Sistema fisico
4.1.1 Geologia e Geomorfologia
L'obiettivo dell'indagine è stato quello d'individuare e valutare le caratteristiche
geologiche e geomorfologiche dell'area-parco, rilevando anche le località di
particolare interesse ("geotopi"), nonché i principali elementi della pericolosità
idrogeologica, in termini di propensione al dissesto.
Per il raggiungimento degli obiettivi di cui sopra, sono stati prodotti i seguenti
elaborati: carta geologica per affioramenti; carta geomorfologica e delle coperture;
carta idrogeologica; carta della vulnerabilità degli acquiferi; schede di censimento
degli affioramenti e delle sorgenti (con rilievo delle portate e di alcune caratteristiche
fisico-chimiche delle acque delle sorgenti e dei principali corsi d'acqua); sezioni
stratigrafiche significative e stazioni strutturali. Nel corso della campagna di
rilevamento sono stati censiti n. 74 affioramenti, con relative schede, di cui n.3 in
area contigua; n.33 Geotopi, di cui n.4 in area contigua. Inoltre sono stati raccolti,
selezionati ed avviati ad analisi micropaleontologiche n. 40 campioni di rocce su di
un numero iniziale di oltre 100 campioni raccolti su campo; sono stati rilevati n.4
Log stratigrafici, con prelievo di altri 25 campioni; sono state rilevate n. 3 stazioni
strutturali, con analisi azimutale delle fratture. Nella fase delle sintesi valutative sono
stati individuati gli elementi di pericolosità geologica relativi, in particolare, ai rischi
di esondazione e trasporto in massa derivanti dai fenomeni erosivi e gravitativi
nell'ambito dei bacini idrografici montani. Tali indicazioni sono state sviluppate
sulla base della Griglia Valutativa, nella parte relativa agli "Elementi Critici". A tal
fine è stata in particolare sperimentata l'applicazione del Metodo Kennessey, quale
strumento per la caratterizzazione idrologica dei bacini idrografici, prendendo come riferimento due aree-campione del Massiccio di M. Carpegna: Carpegna (versante sud ) e Alto Conca ( versante nord ). La Pericolosità è stata valutata soprattutto in termini di Propensione al dissesto , visto e considerato che questo si manifesta in maniera discontinua nello spazio e nel tempo. Il contributo dello studio geomorfologico, ove si proceda ad una differenziazione delle Forme e dei relativi Processi sulla base del loro grado di attività (o, se si preferisce, del grado di "quiescenza") ha consentito di individuare le zone a più rapida e recente evoluzione morfodinamica la cui situazione di disequilibrio è passibile di produrre forme di dissesto. Le stesse considerazioni generali sono valse per l'analisi mirata dei fattori che concorrono alla formazione delle piene, viste come elemento della pericolosità da inondazione: fattori morfologici ( in particolare l'acclività ); fattori geopedologici e idrogeologici (in particolare la porosità , la permeabilità ed il contenuto d'acqua dei suoli ); fattori vegetazionali e di uso del suolo ( tipo ed estensione della copertura vegetale ); fattori idrologici ( Indice di Aridità, Surplus idrico ed, in particolare, entità delle Piogge critiche di riferimento ). Anche in tale analisi non può comunque essere trascurato l'aspetto più strettamente geomorfologico e geotecnico, per la possibile stretta interazione tra i fenomeni gravitativi ( frane ) e di esondazione che danno origine ad eventi tanto particolari quanto catastrofici ( flussi ad alta densità o "mud flows" del tipo di quelli avvenuti nell'agro sarnese, in Campania ). I principali risultati dello studio geologico-stratigrafico e strutturale sono: - l'identificazione di livelli-guida nella Formazione di Monte Morello (o
"dell'Alberese"): a) la presenza di alcuni orizzonti a litologia argilloso-bituminosa, atipici per la F.ne di M. Morello, rilevati nel bacino del T. Seminico ( Carpegna ), al Fosso Paolaccio ( Pennabilli ) e nell' alta Valle del Conca ( Montecopiolo ). Tali orizzonti, di rilevante interesse paleoambientale, caratterizzano alcuni GEOTOPI che sono stati segnalati in cartografia; b) la presenza di un orizzonte marnoso varicolore nella parte intermedia della successione, rilevabile a Ponte Conca e sulla Costa dei Salti/ Cippo;
- la caratterizzazione della litologia della parte bassa dell'Alberese e della
Formazione di Pugliano;
- la segnalazione di litotipi di incerta attribuzione, ("Marne della Cantoniera", già
segnalate da De Feyter; le areniti brune e brecciole rilevate al Fosso della Tana ( Carpegna );
- l'identificazione dello stile tettonico dell'area alla mesoscala: pieghe rovesciate,
embrici tettonici e lineamenti disgiuntivi a carattere distensivo nel massiccio del Carpegna;
Dal punto di vista geomorfologico sono stati rilevati: - vaste ed importanti Deformazioni Gravitative Profonde di Versante ( DGPV) sul
- alcuni aspetti dell'azione morfogenetica del glacialismo pleistocenico nel
versante nord del massiccio;
- il rapporto tra idrografia, frane e morfologie relitte, caratterizzate da antichi
depositi "a blocchi" di Calcare di S.Marino.
Sono stati segnalati alcuni Geotopi, ossia località di particolare interesse geologico, geomorfologico ed idrogeologico: - gli "esotici" calcarei e le rupi maggiori (quali Sasso Simone e Simoncello, "Torre
del Peschio", Rupe di Miratoio, Pietra Fagnana, ecc.);
- le sezioni stratigrafiche (es. Seminico , Paolaccio, Conca); - i contatti tettonici (es. M. Cassinelle ); - le frane (es. Carpegna, Seminico, Sasso Simone); - le rapide e le cascate (es. Conca, Seminico); - i calanchi ed altre forme erosive (Seminico, Peschio); - i fronti sorgivi (Conca, Fosso Micci, Fosso della Madonna). 4.1.2 Idrogeologia L'obiettivo centrale dell'indagine conoscitiva è stato quello d'individuare e valutare le caratteristiche idrogeologiche dell'area parco, al fine di orientare le scelte di piano. Per il raggiungimento degli obiettivi di cui sopra, in sintonia con la L.R. 15/1994, si è anzitutto provveduto a predisporre i seguenti elaborati ed analisi: - Scheda per il censimento e l'acquisizione dei principali parametri fisici delle
sorgenti e dei pozzi. Si sono anche resi necessari alcuni prelievi di campioni di acqua sui quali successivamente sono state eseguite le analisi chimico - fisiche di laboratorio. Sono state censiti in totale 84 punti d'acqua, 79 sorgenti e 5 pozzi, e alcune sezioni di aste fluviali particolarmente significative per il flusso di base; le sorgenti e i pozzi censiti globalmente sono utilizzati a scopo idropotabile;
- Carta idrogeologica. Per la redazione di tale carta il dato di partenza è stato il
rilevamento geologico e geomorfologico, a scala 1:10.000, coordinato dal Centro di Palinologia dell'Università di Urbino, e svolto dagli stessi incaricati. Per la legenda si è fatto riferimento a quella proposta dal Servizio Geologico. Sulla base degli elementi geolitologici, geomorfologici e tettonico-strutturali, correlati alla localizzazione e tipologia delle sorgenti rilevate con l'apposito censimento, si sono potuti ricostruire e delimitare i complessi idrogeologici e si sono definiti gli acquiferi, gli acquitardi e gli acquiclude. Nel corso del rilevamento geologico e geomorfologico si è determinato il ruolo idrogeologico delle "coperture", dei grandi movimenti gravitativi e delle principali discontinuità tettoniche, per la successiva definizione di uno schema di circolazione sotterranea a cui fare riferimento. Inoltre è stato possibile definire, a priori, i possibili bacini di alimentazione e quindi attraverso i fattori del Bilancio Idrologico, desumibili dalla elaborazione dei dati termopluviometrici, operare una stima della Infiltrazione Efficace.
- Carta della Vulnerabilità degli acquiferi, che fornisce infine indicazioni utili alla
regolamentazione delle attività antropiche sulla base della esposizione delle acque sotterranee all'inquinamento, previa integrazione con la cartografia
dell'Uso del Suolo.
La carta è stata redatta utilizzando il noto metodo SINTACS del C.N.R., applicato al contesto idrogeologico dell'area del Parco. Questo metodo è di tipo parametrico, cioè prende in considerazione i fattori che contribuiscono a definire un certo grado di vulnerabilità, associando ad essi valori numerici da una scala predefinita sulla base di
una vasta casistica di situazioni idrogeologiche. Gli elementi tematici considerati sono: - Soggiacenza (profondità della falda o delle falde); - Infiltrazione efficace delle acque meteoriche, espressa in mm/anno; - Non – Saturo, basato sulla litologia dei terreni di copertura della falda; - Tipo di suolo, basato sui caratteri pedologici (tessitura, carbonio organico,
granulometria, ecc.);
- Acquifero, rappresenta la litologia dei terreni saturi sede della falda principale; - Conducibilità idraulica dell'acquifero; - Acclività della superficie topografica. I risultati della indagine idrogeologica. Il censimento e l'acquisizione dei principali parametri fisici delle sorgenti e dei pozzi hanno permesso di stimare, per il solo complesso acquifero del M. Carpegna, in 350 l/sec. la discarica sorgiva media annua di cui quasi 250 l/sec. costituiscono il rilascio in alveo. Dalle analisi di tipo idrogeologico sono state individuate: 1) Idrostruttura principale - Massiccio del M. Carpegna. Costituisce il principale complesso idrogeologico dell'area, infatti in esso sono ubicate le oltre 70 sorgenti che hanno una distribuzione piuttosto diffusa in relazione alla struttura multifalda dell'acquifero (sorgenti di contatto poste a quote diverse). I principali settori di restituzione sorgiva sono: - T. Conca (a valle di Cisterna – Calvillano) esso drena dalla rete acquifera 50 – 60
l/sec., la misura del flusso di base è stata effettuata il 17/7/1999, cioè in periodo di magra per cui in morbida è attendibile una stima di almeno 200 l/sec. La restituzione avviene nello stesso settore dove sono ubicate le sorgenti di Calvillano captate dall'AMIR di Rimini (circa 10 l/sec.).
- Sorgenti del F.so Micci, esse hanno una portata media di 20 – 25 l/sec. e
costituiscono la principale emergenza del versante sud del Monte Carpegna (loc. Paterno); queste sorgive sono in corrispondenza di una incisione del fosso sui detriti di versante e sembrerebbero essere in relazione alla presenza di una delle più importanti faglie del M. Carpegna avente un andamento proprio lungo l'asse del fosso Micci.
- Sorgenti del F.so della Madonna (loc. Pianello di Carpegna), esse hanno una
portata media valutata di 10 – 15 l/sec.; queste emergenze sono associabili alla grande frana antica presente a monte.
- Rio Cavo e T. Prena (versante ovest di Pennabilli), le due sorgive presentano un
flusso di base che complessivamente danno una portata di almeno 30 l/sec., nonostante la captazione di alcune sorgenti.
2) Idrostrutture minori - M. Cassinelle, M. Canale ed altri. In queste zone sono presenti degli acquiferi di minor capacità e quindi una produttività molto ridotta dal momento che la loro estensione è limitata; si tratta di manifestazioni sorgive con una portata media di 10 l/sec. che nel periodo estivo si riducono del 50-70%. 3) Terreni a bassa permeabilità – Coperture. In queste aree caratterizzate da depositi a blocchi di Calcare di S. Marino immerso in abbondante matrice limoso – argillosa la caratteristica idrogeologica è rappresentata da un "deflusso ipodermico" o "ruscellamento rallentato". Infatti nei periodi piovosi, comunque dopo un evento pluviometrico significativo, si osserva una restituzione progressiva delle acque
meteoriche in grado di alimentare, anche per alcune settimane, il deflusso del T. Seminico; questo fenomeno dipende dall'assetto idrografico e topografico effimero e variabile nel tempo, a causa dei lenti movimenti che caratterizzano le coltri limo – argillose, che danno luogo alla formazione di zone con ristagni di acqua. 4) Acquicludi e Acquitardi. Le aree in cui il substrato è costituito dalle Argille Varicolori, le forme calanchive rappresentano la emergenza morfologica più evidente del paesaggio, sono caratterizzate, nei periodi maggiormente piovosi, da un deflusso superficiale molto rapido, mentre nei periodi a minor piovosità esse possono risultare quasi esenti da deflusso per una piovosità di circa 20 – 30 mm/gg. in ragione della capacità di ritenzione di queste argille. La facies pelitica della Marnoso – arenacea, i Ghioli di letto e la Formazione di Pugliano costituiscono degli acquitardi che di norma danno luogo a ruscellamento superficiale, tuttavia in condizioni morfologiche e tettoniche favorevoli anch'esse localmente sono sede di piccole manifestazioni sorgive. Se si considerano la posizione geografica e la consistenza dei principali complessi o fronti sorgivi si può fare la seguente lettura: Versante Nord (M. Copiolo): il principale punto di restituzione sorgiva è situato a Calvillano- Le Ville, (n. 58, 71, quota 960 m ca.) con una portata media complessiva di almeno 15 l /sec. Segue il complesso de Le Pescaie, con circa 10 l/sec (numerazione attribuita successivamente, quota 1070 m). La alimentazione di tali espressioni sorgive proviene pertanto dal settore compreso tra il M. Pietracandella ed i rilievi secondari situati a spartiacque tra i torrenti Conca e Prena, caratterizzato dalla presenza di estese "trincee" di origine tettonico-gravitativa, che racchiudono alcune zone pianeggianti, anche di tipo endoreico, ove si realizza una infiltrazione preferenziale delle acque di scioglimento nivale e delle piogge. La elevata permeabilità consente un flusso relativamente veloce (vedi bassi valori di Conducibilità, inferiori a 400 uS). Non si può escludere anche una infiltrazione in alveo nell'alto T Prena, (quote 1150 - 1050 slm), che si presenta quasi secco anche in morbida, con alimentazione sotterranea diretta verso il T. Conca. Versante Ovest- Nord Ovest (Pennabilli): si ha una significativa restituzione nel bacino del Rio Cavo, sia attraverso sorgenti captate (sorg. n.63, 64 quota 1000 ca. slm,) che, soprattutto tramite ravvenamento in alveo più a valle. La consistenza complessiva delle portate, captate e non, in tale settore è valutabile ad almeno 20 l/sec in media. La presenza di estesi corpi franosi e/o detritici, che si allungano verso il Marecchia, suggerisce la possibilità di una restituzione sorgiva anche a quote più basse. Anche Valle Orsaia, non lontano dal Passo della Cantoniera, presenta alcune sorgenti, (n. 65,22, quote 880), associate ad una zona di marcata fratturazione degli affioramenti, con veloce deflusso delle acque sotterranee. Versante Sud: esistono due punti privilegiati di restituzione sorgiva; il primo in loc. Pianello (sorg. n. 23, 24, 26, 27, 28, 29, quota 900 ca.) è in buona parte associabile alla presenza di una estesa Deformazione Gravitativa Profonda di Versante (DGPV), con presenza di corpi franosi recenti. Gli affioramenti mostrano infatti una profonda fratturazione e scompaginamento e si presentano in più luoghi mobilizzati rispetto alla giacitura originaria. La presenza di coperture detritiche terrazzate consente una cospicua infiltrazione locale, ed una circolazione veloce e relativamente superficiale (vedi i dati di Conducibilità elettrica, intorno a 450 uS e quindi di tenore salino relativamente minore). Il reticolo idrografico (Fosso della Madonna) disseca profondamente tali depositi mettendo alla luce in più punti la falda, che può essere
considerata in tale settore relativamente continua. La portata media complessiva ammonta ad almeno 20 l/sec., con sensibile decremento estivo. Il secondo punto, in loc. Le Genghe - Fosso Micci (sorg. n 9, 10, 11. quota 660 - 700 m ca.) rappresenta il principale settore sorgentizio della zona, frutto del travaso delle acque sotterranee dall'acquifero di M. Carpegna verso i complessi detritico- alluvionali pedemontani. Un probabile dislocazione tettonica, decorre dal versante N (Pietracandella - Eremo) sino all'impluvio del F. Micci, rappresentando con ogni evidenza una via di flusso preferenziale delle acque del settore sud- est del massiccio verso tale zona. Anche in questo caso le espressioni sorgive sono spesso associate alle incisioni del reticolo idrografico. La portata media sorgiva in tale settore è valutabile a non meno di 30 l/sec. La Conducibilità, sensibilmente più elevata (> 600 uS) indica tempi di contatto e/o percorsi sensibilmente superiori alla media. Nel corso dell'attività di rilevamento delle sorgenti sono state misurate le portate del corsi d'acqua di seguito riportate:
FLUSSO DI BASE – FLUSSO DI BASE -
(str. Pennabilli- Scavolino)
(str. Pennabilli-Miratoio)
(S. Angelo-Le Genghe)
FOSSO DELLA MADONNA
(Pianello - Pionieri)
T.Apsa di S. Arduino
Sulla base dei dati a disposizione si può stimare una Infiltrazione efficace media annua per l‘acquifero multifalda presente sul massiccio del M. Carpegna (calcare "Alberese") di circa 330 mm., caratterizzato da un rapido esaurimento estivo. Per l'acquifero a struttura monofalda che si riscontra nelle aree di affioramento del calcare di S. Marino (M. Montone – Montecopiolo) l'Infiltrazione è elevata, intorno a 600 mm/anno; la variabilità stagionale delle sorgenti è peraltro elevata, per la scarsa capacità di immagazzinamento degli acquiferi, oltretutto di modesta estensione.
Lo stato delle opere di presa, la qualità delle acque e la vulnerabilità degli acquiferi. I dati rilevati con la scheda predisposta permettono di conoscere l'ubicazione, la tipologia dell'emergenza, la periodicità, la portata minima e massima, la tipologia dell'acquifero, la classificazione e tipo di sorgente, la tipologia e utilizzo della captazione. Durante il censimento si è valutato il grado di conservazione delle opere di captazione: queste nel 40-50% dei casi risultano insufficienti, in quanto realizzate secondo criteri di economia e con soluzioni tecniche non più adeguate, poiché: - è difficile o addirittura impossibile misurare esattamente la portata per un errato
calcolo dei dislivelli tra vasche di raccolta e carico;
- le vasche hanno dimensioni ridotte; - le porte di accesso sono in cattivo stato di conservazione; - mancano i condotti di areazione e le retine anti insetti; - almeno per la metà delle opere di presa manca la recinzione per la perimetrazione
dell'area di tutela assoluta (L. 236/1988).
In generale si tratta di sorgenti aventi una portata ridotta in grado di soddisfare
comunque le esigenze idropotabili delle comunità del Parco
Per quanto riguarda la qualità delle acque si rileva che le acque emergenti dai
complessi idrogeologici presentano una facies chimica omogenea: le acque sono
classificabili come oligo e medio–minerali bicarbonato - calciche e tutte hanno un
pH leggermente basico. Non è stata rilevata presenza di nitrati in concentrazioni tali
da essere correlabili agli effetti delle pratiche di fertilizzazione e/o alla
mineralizzazione di reflui organici, civili o zootecnici. Frequenti sono invece i casi di
non conformità batteriologica delle acque, riconducibile alla tipologia delle opere di
presa, in genere piuttosto superficiali, ed alla circolazione rapida, senza efficace
filtrazione, in acquiferi permeabili per fratturazione. Alcuni casi di contaminazione
batterica sono da collegarsi alla presenza zootecnica, che esercita una certa pressione
anche in prossimità delle aree sorgive ( M. Cassinelle, Eremo ).
Dall'analisi della vulnerabilità degli acquiferi si osserva che il territorio del Parco è
caratterizzato da una vulnerabilità intrinseca medio - bassa ed in misura assai
inferiore da aree ad alta vulnerabilità. Nel settore del centro abitato di Carpegna e di
tutta l'area compresa tra Ponte Conca e l'Eremo, sono stati applicati pesi
moltiplicativi maggiori in relazione al livello di antropizzazione ed al tipo di uso del
suolo locali.
4.2 Sistema biologico
4.2.1 Vegetazione
L'obiettivo centrale dell'indagine conoscitiva è stato quello di riconoscere il
paesaggio vegetale dell'area oggetto di studio e di valutare, tenendo conto delle
specie indicatrici, le caratteristiche ecologiche ed il grado di naturalità dell'ambiente.
La metodica operativa prevedeva l'esecuzione di rilievi in campo effettuati secondo
il metodo di Braun-Blanquet, ai quali si sono aggiunti punti di osservazione
analogica, con lo scopo, in entrambi i casi, di riconoscere, per un congruo numero di
punti, le tipologie vegetazionali presenti nel parco. Parallelamente, è stata effettuata
la fotorestituzione della carta della vegetazione e la redazione della carta dei fototipi e quindi la carta fitosociologica. Sono stati descritti i diversi tipi di vegetazione ed il grado di naturalità, con riferimento ad una scala di tre gradi. E' stata redatta la carta dei "paesaggi vegetali" utilizzando un metodo che definisce un paesaggio in base al tipo di vegetazione prevalente in una determinata area. Una seconda ipotesi di lettura dei paesaggi invece, subordina la omogeneità strutturale della vegetazione a favore di una unitarietà dinamica, riunendo cioè tipi di vegetazione dinamicamente collegati. La carta della vegetazione del Parco mette in evidenza 22 tipologie vegetazionali, con 12 tipi di vegetazione più o meno naturali, 6 seminaturali e 2 antropici. I primi corrispondono ai boschi di latifoglie spontanei ed a varie comunità erbacee di versanti erosi e litosuoli. I secondi ai pascoli permanenti e agli arbusteti. I terzi alle colture basso-montane dei prati da sfalcio a rinnovo pluriennale e alle colture collinari di cereali e foraggere. Altre due tipologie corrispondono ai rimboschimenti ed ai boschi ruderali con robinia. Per il contenuto floristico queste aree si collocano tra quelle seminaturali e quelle antropiche. La copertura vegetale complessiva del Parco è rappresentata per circa 2/3 da vegetazione antropica e seminaturale, con colture annuali, prati a rinnovo, pascoli permanenti arbustati o non, rimboschimenti di conifere e latifoglie. Per il resto si hanno boschi naturali, vegetazione erbacea-arbustiva rada di versanti erosi, dei macereti e dei litosuoli. Tra i tipi di vegetazione naturale spiccano per interesse botanico e rarità i seguenti: i boschi rocciosi attorno al Simone e al Simoncello e in qualche altro punto del Carpegna (tipologia n.4), le erosioni ed i macereti del Carpegna con vegetazione a Sesleria italica (tipologia n.16), la vegetazione steppica dei conglomerati di Pietrarubbia (tipologia n.20). Inoltre sono da menzionare le fustaie di faggio di Pianacquadio, di Scavolino, della valle Orsaia, del Simoncello e le cerrete miste tra il Simoncello e la Cantoniera di Carpegna, che in più punti hanno raggiunto spontaneamente uno stadio strutturale considerevole. I boschi rocciosi vanno difesi da qualsiasi intervento, mentre i versanti erosi ed i macereti con vegetazione di seslerieto vanno preservati da tentativi di rimboschimento e liberati dagli alberi piantati che in alcuni casi vi hanno attecchito. Per la conservazione della vegetazione steppica bisogna tenere conto che queste comunità vegetali si possono alterare e ridurre a causa della sospensione del pascolo ovino, che andrebbe mantenuto o ripristinato. La più interessante delle vegetazioni seminaturali presenti nel Parco è quella dei pascoli permanenti sommitali del Carpegna (tipologia n.10), soprattutto per la presenza di specie rare. Sebbene meno produttivi dei prati a rinnovo, essi sono ricchi di essenze pregevoli per la qualità del latte. Questi pascoli rivestono anche un interesse escursionistico, in parte legato alla raccolta dei funghi pratensi. Degenerano per eccessivo calpestio (impianti di risalita e turismo di massa nella zona dell'Eremo) e per la chiusura al pascolo bovino od ovino (zona attorno all'Eremo). Ai fini della stabilità idrogeologica è problematico l'eccesso di pascolo nelle formazioni pascolive su argille (zona tra il Simone ed il Cassinelle), trattandosi perlopiù di vegetazione piuttosto inconsistente come fitomassa, situata su suoli poco umiferi e compatti, che favoriscono il ruscellamento superficiale.
Tra la vegetazione antropica, i prati da sfalcio a rinnovo pluriennale rivestono una importanza soprattutto economica per le aree montane, in ordine alla loro buona produttività ed alla qualità del foraggio (consociazione floristica analoga a quella dei prati emiliani della zona del parmigiano reggiano). In base al criterio prevalentemente strutturale, nel Parco si individuano cinque paesaggi di tipo forestale, di cui quattro naturali (del Carpegna e Sasso Simone, di Montecopiolo, del Lago di Andreuccio, di Miratoio-Bascio) ed uno antropico (paesaggio dendrocolturale del Carpegna). I paesaggi di tipo pratense sono due (della vetta del Carpegna e agro-pastorale basso-montano submontano), di cui il primo è tutto seminaturale (pascoli permanenti) ed il secondo misto, costituito in parte da pascoli permanenti ed in parte da prati a rinnovo (sussistendo tra i due tipi di vegetazione la possibilità di scambiarsi vicendevolmente, a seconda della conduzione). Si individua infine un paesaggio colturale collinare. Seguendo, ove possibile, il criterio dinamico, i paesaggi si riducono a 6: paesaggio silvo-pastorale del Sasso Simone, paesaggio silvo-pastorale del Carpegna e del Monte Canale, paesaggio pastorale della vetta del Carpegna, paesaggio dendrocolturale del Carpegna, paesaggio agro-pastorale del Monte Palazzolo e di Monte Copiolo, paesaggio colturale collinare. 4.2.2 Fauna Il popolamento animale esistente nell'area del Parco Naturale del Simone e Simoncello è stato indagato con rilevamenti sul campo che hanno permesso di elaborare 3 atlanti faunistici: quello degli Uccelli nidificanti (maglia di 1 km di lato), dei Mammiferi e degli Anfibi e Rettili - Erpetologico (maglia di 2 km di lato). Appositi approfondimenti sono stati previsti per alcune specie di particolare interesse come il Lupo e i rapaci diurni. Particolarmente approfondito è stato lo studio degli uccelli che per le loro caratteristiche ecologiche sono ottimi indicatori biologici oltre a contenere molte specie rare o minacciate. In particolare il dettaglio dei rilievi ha consentito l'individuazione di porzioni di territorio del Parco particolarmente interessanti per concentrazione di specie rare o minacciate (quali quelle definite hotspots e threatspots). Ovviamente visti i tempi ristretti gli attuali risultati non possono che essere considerati provvisori necessitando le ricerche faunistiche di periodi di lavoro più lunghi, dell'ordine di almeno 3-5 anni per poter ottenere risultati significativi. Per diverse specie di uccelli ed in particolare di rapaci diurni e notturni sono state effettuate anche indagini autoecologiche sulla frequentazione degli habitat del Parco. Nel complesso sono risultati particolarmente importanti i boschi d'alto fusto di latifoglie e le zone aperte di prati e pascoli naturali che si estendono dagli 800 ai 1500 m circa di quota, questi ultimi in relazione sia alla componente nidificante che alle specie migratrici e svernanti che frequentano l'area del Parco. Ad esempio ciò è valso per specie come l'aquila reale, il biancone o l'albanella minore che nidificano fuori Parco. L'attuale indagine purtroppo non copre importanti aspetti faunistici che per una buona gestione necessitano in futuro di essere indagati. Si fa riferimento in particolare a rilevamenti sulla componente di uccelli migratori (quali i rapaci o i turdidi in estate/autunno) o svernanti (con interessanti aspetti del tutto sconosciuti
come quello della presenza e diffusione della beccaccia o di altre specie di rapaci e turdidi) o che utilizzano il parco in particolari periodi premigratori (zone di stopover). - Gli atlanti faunistici (Anfibi, Rettili, Mammiferi, Uccelli) La conoscenza della composizione specifica e delle caratteristiche ecologiche delle popolazioni viventi in un dato territorio risulta di enorme importanza per una corretta pianificazione degli interventi gestionali , conservazionistici e di corretto utilizzo delle risorse faunistiche. Nello specifico esempio degli atlanti ornitologici, questi sono definibili come " un modello per evidenziare attraverso 'mappe di distribuzione' la diffusione dell'avifauna presente in un determinato territorio opportunamente suddiviso in identiche porzioni" (Brichetti & Cambi, 1985). Attraverso questo tipo di cartografia ornitologica, ci si propone di arrivare alla rappresentazione della distribuzione di tutte le specie nidificanti o svernanti in una determinata area. La definizione degli areali in cui le specie compiono il loro ciclo riproduttivo, non è sufficiente a fornire una precisa descrizione delle caratteristiche distributive dell'avifauna. Infatti le esigenze alimentari, ecologiche ed etologiche di ogni specie, sono diverse durante lo svernamento o la riproduzione. Per questo motivo oltre agli atlanti relativi alla distribuzione delle specie nidificanti, sono stati elaborati anche atlanti riguardanti la popolazione svernante (Pandolfi et al., 1995). - Anfibi e rettili. Metodi di rilevamento L'area di studio é stata suddivisa mediante una griglia di riferimento di 2x2 km di lato prendendo come base il reticolo chilometrico UTM per un totale di 37 quadranti. La presenza degli Anfibi e dei Rettili é stata registrata su apposite schede indicanti la località, la specie rilevata, il numero di individui osservati, l'ambiente e l'altitudine. I rilevamenti sono stati effettuati durante le stagioni 1998 e 1999 mediante una ricerca attiva delle diverse specie negli ambienti idonei e nelle stagioni favorevoli. La maggior parte dei rilevamenti sono stati eseguiti durante la primavera. La ricerca ha portata all'individuazioni di 8 specie di anfibi e 8 di rettili; di particolare interesse è la presenza del geotritone rilevato in quattro quadranti e della rana agile (due quadranti) - Atlante dei mammiferi. Metodi utilizzati per la raccolta dei dati. Per la raccolta dei dati di presenza e distribuzione dei mammiferi sono stati applicati diversi metodi, in relazione alle caratteristiche comportamentali delle specie, alle possibilità di rilevamento e di riconoscimento delle tracce e tenendo conto delle caratteristiche ambientali dell'area di studio (area montuosa caratterizzata da una buona copertura nevosa durante l'inverno). Inoltre, per le specie rare o di difficile rilevamento l'uso di diversi metodi ha permesso di integrare i dati raccolti, quindi di ottenere dati più significativi. Nel complesso sono stati rilevate 33 specie di mammiferi alcune delle quali come il Lupo di rilevante interesse. Va sottolineata inoltre la presenza concomitante del Cinghiale e del Capriolo. - Atlante degli uccelli nidificanti. Metodi di rilevamento L'area di studio é stata suddivisa mediante una griglia di riferimento di 1x1 km di lato corrispondente al reticolo chilometrico UTM per un totale di 120 quadrati.
Il rilevamento degli uccelli nidificanti é stato effettuato utilizzando il metodo dei punti di ascolto e osservazione della durata di 10 e 20 minuti. Per ogni quadrato sono stati rilevati 1-4 punti di ascolto, localizzati nei diversi ambienti. I rilevamenti sono stati effettuati durante tutte le ore della giornata. Inoltre sono stati effettuati dei sopralluoghi notturni per il rilevamento delle specie notturne (rapaci notturni e succiacapre). I rilevamenti sono stati effettuati principalmente dal 1 maggio al 31 luglio 1999. Sono stati presi in considerazione anche rilievi occasionali effettuati durante la stagione 1998. Le osservazioni sono state riportate su scheda indicante anche le caratteristiche ambientali di ogni punto di ascolto e l'ora solare di inizio e fine ascolto. I punti di ascolto sono stati numerati progressivamente per ogni quadrato e riportati sulla cartografia. Tutte le specie rilevate al di fuori dei punti di ascolto e oltre il tempo di ascolto sono state registrate a parte. Nella elaborazione delle carte di distribuzione sono stati considerati solo 97 quadranti degli originali 120 a causa di un insufficiente numero di rilievi per 23 quadranti. Nel complesso dell'area di studio sono state rilevate 84 specie di uccelli nidificanti di cui 49 nidificanti certe, 33 nidificanti probabili e 2 nidificanti eventuali. Delle 84 specie nidificanti solo 3 sono esclusive del Parco e sono lo Spioncello, la Passera scopaiola e il Tordo bottaccio mentre 7 sono esclusive dell'Area Contigua e sono il Lodolaio, la Starna, il Barbagianni, l'Assiolo, il Merlo acquaiolo, l'Usignolo di fiume e il Beccamoschino. Ciò è spiegabile dalla delimitazione del Parco che include le aree a maggiore altitudine escludendo le aree a più bassa quota, in genere queste ultime più ricche di specie. Inoltre queste specie sono anche quelle più rare nell'area di studio; per esempio la Passera scopaiola, il Tordo bottaccio, il Lodolaio, l'Assiolo, l'Usignolo di fiume sono stati rilevati in un solo quadrante del reticolo. Passando ad un'analisi delle specie minacciate presenti emerge che secondo la Lista Rossa italiana, tra le specie nidificanti rilevate, risultano a più elevato grado di minaccia il Pecchiaiolo, il Lodolaio e il Merlo acquaiolo, secondo la classificazione europea sono a più elevato grado di minaccia l'Assiolo, il Succiacapre, il Picchio verde, la Tottavilla, il Codirosso e l'Ortolano. Considerando le diverse categorie di minaccia, le specie comuni alle due classificazioni sono il Pecchiaiolo, la Starna, la Quaglia, il Barbagianni, l'Assiolo, il Succiacapre, il Picchio verde, il Codirossone e l'Ortolano. Tra le specie non nidificanti sono presenti specie con elevato grado di minaccia come l'Albanella reale, l'Albanella minore, l'Astore, l'Aquila reale, il Pellegrino, la Beccaccia e in particolare il Lanario e il Biancone. Si tratta principalmente di rapaci diurni che nidificano in parete rocciosa (Lanario, Pellegrino, Aquila reale), in boschi d'alto fusto (Biancone e Astore) o in vegetazione erbacea alta o abustiva (Albanella minore e Albanella reale), ma che utilizzano prevalentemente le aree aperte a prato-pascolo per l'attività di caccia. Alcune delle specie indicate nidificano nelle aree circostanti il Parco e alcuni interventi di miglioramento ambientale sicuramente potrebbero determinare la loro futura nidificazione: Aquila reale, Astore, Pellegrino, Lanario e Biancone, mentre per l'Albanella minore probabilmente l'area è caratterizzata da una quota troppo elevata. Rileviamo tuttavia che queste specie utilizzano l'area di studio per svolgere attività di caccia e quindi andrebbero comunque prese in considerazione. Nel complesso sono minacciate sia specie di uccelli forestali che specie di ambiente aperto.
Sulla base dei dati raccolti sono state infine prodotte le seguenti cartografie:
Hotspots, (quadranti con elevata ricchezza), .Coldspot, (zone con bassa
concentrazione di specie), Threatspots (quadranti con i valori massimi di ricchezza di
specie rare), Indice Passeriformi / non Passeriformi (i non passeriformi tendono ad
aumentare negli ambienti più evoluti), la ricchezza di specie nidificanti nelle cavità
degli alberi (particolarmente importante per valutare la qualità degli ambienti
forestali, la ricchezza di specie di Rapaci.
4.3 Sistema antropico
4.3.1 Paesaggi, immaginari e culture locali
Gli obiettivi dell'indagine conoscitiva sono volti a valutare il significato delle
complesse relazioni che legano le componenti fisiche e naturalistiche con quelle
culturali, con particolare attenzione alle percezioni visive ed a quelle originate
dall'esperienza fruitiva, occasionale o temporanea, degli insiders o degli outsiders e
comunque di tutti quelli sensibili alle identità ed alterità del panorama paesistico
oggetto di studio. Particolare attenzione viene posta all'identificazione di
componenti essenziali per la costruzione dell'immagine del Sasso Simone, del Monte
Carpegna, del Montefeltro e della Val Marecchia, e quindi di unità di riferimento
locale, in cui si riconoscono i locali.
Oltre all'analisi dei dati fisici, si rendono necessarie metodiche ricognitive, basate
sulla conoscenza diretta dei luoghi, della storia e delle tradizioni locali, da ottenere
anche tramite interviste ai potenziali fruitori del luogo, siano essi abitanti o forestieri.
Il territorio in esame è caratterizzato dalla presenza di montagne isolate, scogli
(penne) che si ergono su un paesaggio tormentato, scavato dai corsi d'acqua e
disseminato di calanchi. Questi elementi si impongono con forza, costituiscono degli
attrattori visuali, punti strategici di osservazione e misuratori del territorio. Sono già
da soli portatori di senso, ma accentuano la loro valenza simbolica e caratterizzano
questo paesaggio quando sono coronati da una torre o da una rocca: Sant'Agata
Feltria, S.Leo, S. Marino, Sassocorvaro.
Nell'entroterra, i sassi del Sasso Simone e Simoncello s'impongono alla vista per il
loro valore naturale (emergenza geologica) e la loro forza evocativa (tracce e
soprattutto memoria storica della città medicea e dell'abbazia), il Monte Carpegna
per il suo valore naturale e potenzialità fruitiva. Le pareti scoscese del Monte
Carpegna rappresentano, peraltro, un segnale visibile da lontano, percorrendo la Val
Marecchia e la Valfoglia. I Sassi del Sasso Simone e Simoncello si ergono invece
come fari ad indicare il percorso di attraversamento dell'Appennino; sono
riferimento visivi e culturali per le popolazioni marchigiane e toscane contermini.
E' possibile individuare quattro ambiti paesistici diversi e complementari che
ruotano attorno a questi due elementi emergenti:
1) boschi e prati dei Sassi. La cerreta ed i prati che circondano i due Sassi,
costituendo la base dalla quale essi si ergono, sono un grande attrattore visuale per la loro compattezza ed un importante elemento di continuità ambientale;
2) la valle del fiume Marecchia. Presenta il versante meridionale boscato nella parte
più alta e coltivato in quella inferiore. E' punteggiata da nuclei rurali (ville) posti su piccoli promontori, collegati da percorsi di mezzacosta. Nelle piccole valli, in
cui scorrono gli affluenti del Marecchia, è possibile individuare paesaggi nascosti a volte di notevole valore;
3) la valle del fiume Conca, i prati del Monte Carpegna ed i monti Montone e San
Marco. Questo ambito è formato da elementi eterogenei, fortemente relazionati: i prati del Monte Carpegna, infatti, costituiscono una cavea fortemente scavata dal fiume Conca, rivolta verso le guglie dei monti Montone e San Marco, Copiolo e Rotto;
4) la valle del fiume Mutino e del fiume Apsa. Le due valli sono profondamente
scavate. Lungo i crinali che fanno da spartiacque si snodavano i percorsi che collegavano antichi castelli come Pietrarubbia e Lunano. Dai percorsi principali sui dipartivano sentieri che, percorrendo crinali secondari, collegavano nuclei rurali e conventi che sorvegliano la valle. I paesaggi di quest'ambito sono più chiusi, protetti e vi si alternano boschi e coltivi a seconda dell'esposizione del versante.
4.3.2 Elementi della storia locale Gli obiettivi dell'indagine conoscitiva sono volti a valutare l'incidenza umana nell'assetto territoriale, con particolare attenzione a: - riconoscere e valutare la presenza territoriale nell'area del parco dei comuni di
"antico regime" e la loro rilevanza negli attuali ambiti amministrativi comunali;
- riconoscere e valutare le permanenze storiche ed archeologiche, ivi compreso il
reticolo viario antico, desueto, soprattutto per quanto concerne la loro incidenza nell'assetto territoriale, anche in visione diacronica, dal medioevo ad oggi;
- approfondire la questione storica e storiografica della confinazione sul Sasso
Simone, cioè se l'attuale demarcazione geografica che assegna il Sasso per circa 1/3 alla Regione Marche e per 2/3 alla Regione Toscana sia un errore cartografico moderno o invece l'eredità di una volontà politica effettiva d'epoca napoleonica e quindi di piena valenza anche giuridica.
Naturalmente la sedimentazione storica è la base per comprendere il fenomeno in atto e per formulare proposizioni di prospettiva. Così la ricerca si è incentrata: - sulla valutazione delle confinazioni antiche, dal Medioevo al XX secolo e sui
catasti grafici e descrittivi;
- sulla documentazione d'archivio, per lo più inedita; - sulla letteratura dei secoli XVI-XIX; - sulle limitate rappresentazioni grafiche e cartografiche precedenti l'assetto
territoriale e viario moderno fra XIX e XX secolo.
La retrospettiva storica in funzione dinamica ha messo in luce le seguenti connotazioni e concatenazioni: a) le comunità antiche che si incuneavano con i loro territori agricoli, pascolivi e
boschivi all'interno di quell'area che ora è inclusa nel Parco erano ben 14 (Carpegna antico, Castellaccia, Frontino, San Sisto, Miratoio, Bascio, Penna, Billi, Scavolino, Maciano, Soanne, Monte Copiolo, Monte Boaggine, Pietrarubbia) oltre Martigliano e Petrella Massana assorbiti da Sestino (Arezzo). Al momento attuale esse sono state concentrate in soli sei comuni moderni, alcuni con conformazione strutturale ben diversa:
- Pennabilli si protende nel territorio del Parco in gran parte in virtù degli ambiti
che appartenevano alle ex comunità, ora frazioni di Billi, Miratoio, Bascio,
Maciano, Scavolino e Soanne;
- Monte Copiolo entra nel Parco tramite il territorio dell'ex comune di Monte
- Piandimeleto entra nel Parco solo tramite l'area dell'ex comune, ora frazione di
- Pietrarubbia, Carpegna e Frontino hanno mantenuto i loro territori comunali
inalterati da secoli.
Tutte queste comunità antiche hanno avuto origine tra l'XI ed il XIII secolo in luoghi originariamente arroccati. Tutti i loro comuni derivano dal binomio proprio del nucleo fortificato: castello-corte. Tutte le comunità antiche furono per secoli sotto varie signorie, prima di essere integrate nello Stato Pontificio: - Piandimeleto e San Sisto sotto i conti Oliva di Piagnano; - Pennabilli e Maciano, prima sotto i Malatesti di Rimini e poi sotto i Montefeltro
- Soanne, Montecopiolo, Monte Boaggine, Pietrarubbia, Frontino, sotto i conti di
Montefeltro di Urbino;
- Carpegna, Castellaccia, Miratoio, Bascio, Scavolino, sotto la dinastia dei
Queste secolari diversità di dipendenza e questa lunga separazione ha inciso anche sulla coscienza sociale ereditaria delle popolazioni fino ad epoca moderna, facendo lievitare l'individualismo singolo all'interno di ogni popolo, e di ogni comunità rispetto alle altre. I due principali poli di incontro della popolazione erano: la festa del Sasso Simone e la festa della Madonna dell'Eremo di Monte Carpegna; b) i siti archeologici più significativi sono: - antichi insediamenti preistorici come il Montale di Carpegna; - altri d'epoca romana come Ponte Messa, Miratoio, Bascio, Strada per Frontino); - altri ancora medioevale, quasi sempre scomparsi come Monte San Marco, Monte
Boaggine, Pietrafagnana, Monte di San Sisto;
c) il reticolo dei tracciati stradali antichi è stato reindividuato sulle mappe e –salvo
qualche occupazione indebita da parte di privati- anche sul terreno. Sarà necessaria una ricognizione appropriativa da parte dei comuni interessati, in quanto la situazione concerne strade pubbliche o, quanto meno, vicinali;
d) la ricerca sulla legittimità storica ed amministrativa del Parco di assumere la
propria denominazione dal Sasso di Simone dalla nostra ricerca è risultata comprovabile sulla base dell'accordo confinario stipulato in epoca napoleonica fra lo Stato di Toscana ed il Regno Italico. Pertanto si può asserire che l'attuale confinazione che taglia la sommità del Sasso Simone fra i comuni di Carpegna e Sestino costituisce un'eredità politica effettuale ripresa poi dalla cartografia dell'Istituto Geografico Militare e non un errore di geografi d'epoca moderna;
e) la toponomastica storica di origine vegetale è vastissima: lo stesso nome del
Monte Maggiore del Territorio trae origine dal fitonimo latino del Carpino. Altri derivano preminentemente dai cerri e dai faggi, ma anche dai frassini, dai tassi, dagli olmi, dai pioppi, da arbusti e da erbe caratterizzanti (agrifoglieto, avellaneto, rogheto, ma anche farfaneto, cappellaci ecc.). Non mancano toponimi storici ed ancor presenti che si richiamano all'abete;
f) la vegetazione fossile (ritrovata negli ultimi quattro secoli) rivela periodi in cui
nella zona hanno prosperato sia la quercia che l'abete banco;
g) la storia vegetale ha registrato prima un disboscamento in epoca romana, poi una
riespansione durante l'Alto Medioevo, ed in seguito sempre più un depauperamento boschivo per acquisire terreni per la pastorizia, ma anche, e soprattutto in certi periodi, per l'agricoltura: si seminava estensivamente grano (e in qualche piccolo appezzamento si semina tuttoggi) fino a 1200 mt. di altitudine, specie nel versante meridionale del Monte Carpegna, ma anche alle pendici del Sasso Simone. Abbattimenti inconsulti di grandi querce sono avvenuti per supporti industriali negli ultimi due secoli (traversine per ferrovie). In certe epoche storiche l'abete bianco ha vegetato intensamente: la sua scomparsa non è sempre stata dovuta solo all'innalzamento del clima, ma anche a fattori umani: tagli sempre più massicci che hanno accelerato la naturale rarefazione di una pianta utile in carpenteria ed in falegnameria;
h) i rimboschimenti intensivi moderni hanno avuto origine nei primi decenni del
Novecento, col duplice fine di arginare i terreni a rischio e di far lavorare prigionieri di guerra e gli operai. Si sono protratti fino alla fine degli anni '60 ed in un certo senso si sono conclusi con l'ultima Festa Nazionale della Montagna per l'Italia centrale, tenutasi appunto a Carpegna nel 1971.
4.3.3 Assetto insediativo, produttivo ed infrastrutturale Gli obiettivi dell'indagine conoscitiva, finalizzati alla valorizzazione di specificità ed identità paesistico e storico culturali dell'area e alla riorganizzazione degli aspetti produttivi infrastrutturali e dei servizi sono riconducibili a tre fondamentali linee di ricerca: a) la struttura attuale del territorio letta nelle sue stratificazioni storiche, formata da
una rete di centri, nuclei rurali, agglomerati, case sparsi, edifici specialistici ed infrastrutture e le trasformazioni del paesaggio agrario attraverso l'attività agricola, con particolare attenzione alle profonde modificazioni intervenute nel secondo dopoguerra, anche a seguito del progresso tecnologico e delle mutate dinamiche sociali, politiche e produttive;
b) i caratteri dell'edificato storico considerando il suo ruolo di matrice di
riferimento dei singoli manufatti, del tessuto urbano e dell'organismo territoriale, con particolare attenzione al suo valore identitario ed allo stato di conservazione;
c) l'organizzazione complessiva delle reti e dei nodi infrastrutturali e produttivi. Le operazioni analitiche sono state articolate nel seguente modo: 0. ricerca documentaria e bibliografica con particolare attenzione alla cartografia
storica catastale;
1. rilievo diretto di manufatti, nuclei e centri previa messa a punto di due schede
sintetiche di indagine del patrimonio (scheda nuclei e scheda edifici isolati) articolate nelle seguenti sezioni: caratteri del contesto, morfologia del luogo, tipologia dell'insediamento, caratteri architettonici e costruttivi, trasformazioni recenti, servizi ed attività presenti, dinamiche della popolazione;
2. valutazioni sintetiche per ciascun insediamento.
Da una lettura diacronica sono ancora oggi facilmente riconoscibili: - tracce di insediamenti preromani e romani, in comuni limitrofi a quelli del parco
ed in particolare la via di attraversamento della penisola che collegava la costa adriatica alla Toscana snodandosi lungo la valle del Marecchia;
- centri e percorsi del periodo medioevale, con particolare attenzione a: la rete di
Pievi, innestata negli insediamenti di origine romana e nelle Abbazie collocate nel cuore dell'area collinare e montuosa (es. Abbazia del Mutino, …) a presidio dei principali assi di collegamento; i castelli dei potentati locali, formatisi attorno all'anno mille, posti generalmente sulla cima dei colli in posizioni facilmente difendibili, origine degli attuali centri maggiori (Frontino, cinta dalla antica cerchia muraria, Pennabilli, che ingloba oltre al castello anche il sottostante luogo del mercato, Scavolino che si sviluppa sotto i ruderi dell'antico mastio, Bascio, che sorge lungo il crinale che conduce alla torre di avvistamento, S. Sisto, Miratoio e Villagrande che alla scomparsa del castello hanno preso il posto dei principali nuclei rurali da esso dipendenti, Carpegna, in cui il castello, crollato in seguito ad uno smottamento, è stato sostituito dal grande palazzo comitale in una posizione più comoda). Le vie che collegavano questi centri si snodavano preferibilmente lungo i crinali, è il caso delle grandi piste che collegavano i castelli di S. Sisto, Frontino, Lunano, Pietrarubbia, Carpegna. Nel versante Marecchiese le particolari condizioni orografiche dovute alla presenza dell'ampia valle del fiume Marecchia, hanno consentito la formazione di percorsi lungo il versante dei monti Carpegna e Canale. Alcuni di questi percorsi collegavano centri di pellegrinaggio importanti o sedi di mercati;
- manufatti del XV e XVI secolo (Convento di Montefiorentino, le numerose
rocche martiniane, …) frutto di un periodo di pacificazione politica e di grande impulso culturale dovuto alla presenza del ducato di Urbino;
- crescite dei centri principali in modo urbanisticamente confuso e con edifici di
scarsa qualità architettonica, nel secondo dopoguerra. In particolare a Carpegna ed a Villagrande questo fenomeno ha assunto notevoli proporzioni, anche in virtù dell'impulso turistico. Sono sorti alcuni insediamenti industriali, tra i quali il più grande è quello di Ponte Messa, in comune di Pennabilli, che occupa un'ampia area nel fondovalle.
Accanto ai castelli, ma in posizione più comoda, generalmente nel fondovalle, era collocata l'area per il mercato e le fiere. Con lo sviluppo dei mezzi di trasporto e l'avvenuta pacificazione politica, i piccoli agglomerati che si erano sviluppati intorno ai campi del mercato, hanno avuto una notevole crescita, in alcuni casi a discapito dell'antico castello, è il caso di Mercato Vecchio. I toponimi Mercatino, Mercatale, Mercatello testimoniano un processo diffuso in tutta l'area. Gli edifici rurali sparsi non sono numerosi come in altre aree della regione, ma annoverano esempi molto significativi per pregio architettonico e antichità (es. Capitarone). Come spesso capita, nella edificazione di questi edifici venivano utilizzati i materiali disponibili in loco: pietra arenaria, calcari di vario genere e laterizio. Significativo è l'uso di lastre di arenaria per il manto di copertura dei tetti in molti centri della Valmarecchia. Oltre ai centri maggiori, disposti a corona attorno al M.Carpegna ed al M.Palazzolo, notevole rilevanza occupano, nella strutturazione del territorio, i nuclei rurali, di cui è difficilmente individuabile una precisa tipologia d'impianto. Si sviluppano frequentemente su piccoli promontori a presidio delle vallate sottostanti.
La viabilità attuale, conformandosi alla struttura dell'assetto insediativo, presenta tracciati di mezzacosta, connessi con le principali direttrici di fondovalle o ricalca gli antichi percorsi di crinale, più facilmente accessibili. Il loro fondo, prevalentemente argilloso, è spesso cause di frane e dissesti, rendendo talvolta difficili i collegamenti. Gli attuali percorsi pedonali, quasi sempre mancanti di segnaletica ed aree di sosta, coincidono prevalentemente con antiche percorrenze e sono anch'essi soggetti a frequenti dissesti (es.: il sentiero Pietrarubbia-Castello di Lunano, …). Per quanto riguarda l'organizzazione funzionale dei centri e le dinamiche legate al lavoro e alla erogazione di servizi, è possibile individuare realtà diverse: sono presenti centri vitali come Carpegna, Pennabilli e Villagrande, pur se con ruoli e vocazioni diverse, e centri come Frontino, che, pur essendo sedi comunali e molto rilevanti culturalmente e paesisticamente, accusano una certa carenza di servizi dovuta al lento spopolamento. E' possibile individuare due bacini di riferimento per quanto riguarda l'accesso ai servizi di natura superiore, specialmente per quanto attiene l'istruzione e i servizi socio-sanitari: i centri della Valmarecchia sono rivolti verso Novafeltria e Rimini, specialmente per le attività del tempo libero; quelli posti sul versante sud est del Monte Carpegna, subiscono l'attrazione di Macerata Feltria e Pesaro per i servizi sociosanitari, l'istruzione e per il tempo libero e di Lunano e Piandimeleto per il lavoro. 4.3.4 Aspetti agronomici Gli obiettivi sono quelli di fornire un quadro conoscitivo alquanto esaustivo in ambito agronomico e genetico. Le metodiche messe in atto hanno previsto: - consultazione della bibliografia disponibile; - sopralluoghi in area parco; - redazione di schede volte ad indagare su: dati climatici, numero d'incendi,
influenza dei piani forestali, identificazione delle produzioni di qualità e delle specie domestiche definibili come rare, carta d'uso del suolo e analisi delle tendenze;
- interpretazione dei dati. L'area protetta presenta un andamento termopluviometrico caratteristico della zona subappenninica. Le serie storiche disponibili evidenziano per la stazione di Carpegna una piovosità media annua pari a 1172.3 mm ed una temperatura media annua di 11.4 °C, con un limitato deficit idrico estivo. Minore è la piovosità media annua in aree vicine (stazioni di Pennabilli, 1076 mm, e Lunano, 992 mm. Dai dati forniti dal Servizio Forestale dello Stato risulta che sporadici incendi sono stati riscontrati in area parco, ma la loro incidenza sul patrimonio boschivo appare essere stata limitata. Per quello che riguarda l'influenza dei piani di forestazione sul territorio parco alcuni vecchi rimboschimenti sono stati effettuati con specie non autoctone. L'area risulta inoltre essere ricca di prodotti veramente tipici della zona.
4.3.5 Aspetti demografici e socio economici L'obiettivo è quello di definire l'inquadramento dello status-quo sociale gestendo la complessità delle relazioni tra sistemi umani e sistemi naturali all'interno del Parco. La ricerca, definita di sfondo, ha la funzione evidenziare eventuali punti critici e nodi problematici, intorno ai quali costruire ipotesi di sviluppo. La logica-operativa ha seguito in modo analitico le procedure utilizzate per la costruzione di disegni di ricerca finalizzati all'analisi valutativa applicata: - analisi del contesto di riferimento, ricerca delle caratteristiche di sfondo; - valutazione dello status-quo e individuazione di linee-obiettivo per l'intevento sul
- proposte operative. In particolare, la valutazione è la determinazione (basata su opinioni, documenti, dati soggettivi o oggettivi) dei risultati (desiderabili o indesiderabili, temporanei o permanenti, immediati o a lungo termine) raggiunti da un'attività finalizzata al raggiungimento di un obiettivo immediato, intermedio o finale a breve o lungo termine (Morehouse, 1972). Partendo da un'ipotesi di differenziazione generica degli universi territoriali, sociali ed economici, i dati strutturali devono poter cogliere sia aspetti qualitativi che quantitativi, al doppio livello sintetico ed analitico con l'obiettivo di disegnare delle mappe sociali, delle similarità e delle differenze rilevabili sulle situazioni territoriali più significative per il tema d'indagine. La soluzione utilizzata fa riferimento ad un mix tematico organizzato su cinque aree di contenuto: - dati relativi alla struttura della popolazione; - dati relativi alla struttura economico-produttiva; - dati relativi alla struttura socio-economica e consumi; - dati relativi alla struttura di servizi, beni di base, indice di urbanizzazione; - dati relativi alla struttura dei consumi culturali. I dati demografici relativi alla popolazione evidenziano i medesimi territori interessanti il territorio del Montefeltro. Il processo di declino della popolazione (particolarmente intenso nel ventennio 1951-71) è da ascriversi in primo luogo ai fenomeni migratori che hanno coinvolto prevalentemente le classi d'età centrali e giovanili, determinando una struttura fortemente invecchiata della popolazione con il conseguente prevalere, in prospettiva, delle morti sulle nascite. Le analisi confermano la scomparsa della centralità della montagna nel contesto socio economico italiano e di conseguenza il venire meno della sua marcata vocazione rurale ed agricola. Il fenomeno di esodo delle zone rurali è stato accompagnato dalla crescita dei centri urbani. L'invecchiamento della popolazione è inoltre causato dall'esodo delle fasce di popolazione intermedie per mancanza di aspettative lavorative adeguate. I dati relativi alla struttura sociale (livello d'istruzione) confermano la situazione di stallo sociale già percepita nell'analisi demografica e presentano una situazione produttiva ed economica caratterizzata da attività a scarso contenuto intellettuale, che non ha richiesto, per una consistente fetta della popolazione, la necessità di un continuo e costante aggiornamento in termini culturali e probabilmente professionali. Il tasso di attività fa emergere con chiarezza come il rapporto percentuale tra popolazione attiva e popolazione presente sia sostanzialmente in equilibrio. La dinamica dei tassi di attività è stata accompagnata da una contrazione dell'importanza
relativa dell'attività agricola (specialmente per la popolazione femminile), una sensibile espansione delle attività non agricole (specialmente nel settore dei servizi), ed un aumento ragguardevole del tasso d'inattività. Il continuo esodo dall'agricoltura ha implicato per molti attivi (donne, ragazzi, anziani, in posizione prevalente di coadiuvanti o di sottoccupati) l'abbandono di un'occupazione marginale o precaria ed il passaggio alla popolazione inattiva. Le dinamiche occupazionali mostrano una situazione sostanzialmente positiva sia rispetto al trend nazionale che a quello provinciale. Questo dato positivo non offre un quadro confortante: il limitato indice di disoccupazione non è portatore di una realtà positiva poichè è frutto di un andamento demografico stagnante e di una scarsa presenza giovanile. Dall'analisi della popolazione attiva per settore di attività economica emerge la drastica riduzione di importanza rivestita dall'agricoltura soprattutto per quanto riguarda i risvolti occupazionali: dal 36% degli occupati in agricoltura nel 1971 si passa al 12% nel 1991. Diminuisce quindi in modo vistoso il tasso di ruralità della zona del parco. Parallelamente, vi è inoltre da notare la consistente presenza ed importanza che vengono ad assumere gli occupati nell'industria (dal 35% nel 1971 al 48% nel 1991) e quelli nelle altre attività (dal 30%del 1971 al 40% del 1991). I dati mostrano dunque la trasformazione produttiva verifacatasi nel territorio del Parco in cui le componenti industriali e terziarie prendono un ruolo di primo piano rispetto alle tradizionali attività agricole. Un ulteriore elemento informativo sulla struttura sociale ed economica del territorio può trovarsi dalla lettura di alcuni indicatori quali reddito imponibile per comune, utilizzo mezzi di comunicazione e consumi di energia elettrica, che complessivamente mostrano l'immagine di un territorio vitale ed attivo, spesso nel sommerso, ma che tuttavia fornisce benessere ed agiatezza ai suoi residenti. La struttura socio-economica del Parco si caratterizza per una situazione di generale benessere: la struttura economica si basa sull'aggregazione di un numero elevato di unità locali di dimensione estremamente ridotta, quasi interamente possedute e gestite dai residenti; inoltre la maggior parte del valore aggiunto generato rimane di esclusivo beneficio della popolazione locale. Dai dati della struttura economica e produttiva emerge come il Parco sia caratterizzato da un elevato grado di ruralità e da un altrettanto elevato policentrismo; tuttavia il rapporto tra le aree forti (ad elevata densità abitativa o con elevata concentrazione produttiva e di servizi) e le aree rurali si realizza in maniera sostanzialmente penalizzante per quest'ultime: spazi con più scarso reddito, con serviz generalmente di bassa intensità, oggetto di fruizione occasionale da parte di un'utenza generica che, nel fine settimana o nel periodo feriale, colonizza il territorio senza nessun concorso al miglioramento ed alla qualificazione reale dell'ambiente e delle sue risorse. L'esame del sistema generale delle imprese, con struttura produttiva e commerciale, dei comuni del Parco evidenzia le seguenti caratteristiche: un limitato livello di concentrazione del capitale, una limitata presenza di investitori esterni all'area, una forte presenza di ditte individuali, un basso livello del capitale investito, una scarsa presenza di imprese a carattere stagionale, la durata nel tempo delle potenzialità produttive in grado di generare i redditi attuali. In particolare gli ultimi due aspetti sono importanti se riferiti al contesto territoriale nel quale si trovano ad operare le imprese del Parco. Si tratta infatti di due elementi legati al particolare segmento di mercato ed alla situazione locale che caratterizza il sistema produttivo:
- la destagionalizazione delle imprese può determinare degli effetti benefici per
contrastare le oscillazioni della domanda turistica, che può assumere una dimensione significativa di flussi anche nel periodo primaverile e autunnale;
- la costanza nel tempo delle potenzialità di produrre redditi fino a questo
momento generati è un elemento di distinzione da situazioni verificabili in altre aree ed una forte base di partenza per sviluppare pienamente le potenzialità insite nel sistema parco.
Il sistema parco risulta costituito da una fitta rete di aziende di dimensioni
estremamente ridotte i cui rapporti reciproci risultano essere il tessuto vitale
dell'economia locale; il rapporto tra addetti e attivi evidenzia inoltre una potenziale
stabilità residenziale determinata dalle concrete possibilità occupazionali esistenti.
L'esame delle imprese e degli addetti nel settore agricolo inducono a ritenere che lo
spopolamento delle campagne si sia attuato sia con l'emigrazione di interi nuclei
familiari che con l'abbandono della terra da parte di alcuni membri della famiglia
agricola, inoltre emerge con immediatezza la caratterizzazione anziana degli
occupati: il 33% di questi hanno età superiore ai 55 anni, mentre solo il 12% è
compreso nella fascia d'età giovane. Dai dati emerge come le caratteristiche dell'area
favoriscano un'agricoltura estensiva basata sul prato, prato-pascolo e seminativi,
imperniata su unità produttive di ampie dimensioni; inoltre viene sottolineato il forte
decremento delle aziende condotte a mezzadria e a colonia.
Il territorio del parco si presenta come una realtà agronomica dominata
essenzialmente da indirizzi colturali che sono compresi nei seminativi (cereali e
foraggere da vicenda) e nelle foraggere permanenti (prati, prati-pascolo, pascoli)
orientati anche all'allevamento bovino e suino; l'omogeneità di tale situazione viene
ad essere interrotta solo in alcune aree collinari fondovallive dalla presenza di colture
viticole, ortive e frutticole.
5. LE SINTESI INTERPRETATIVE
E' stato già detto dell'esigenza di ricorrere ad una griglia valutativa che metta in
chiara evidenza gli aspetti strutturali riconoscibili sotto i diversi profili di lettura.
Tale griglia riprendendo metodiche già sperimentate potrebbe in sostanza fondarsi
sull'incrocio dei diversi profili di valutazione settoriali con 4 fattori (componenti o
condizioni) del valore e della criticità. I profili di valutazione (o, le aree tematiche
all'interno delle quali procedere alla valutazione dei siti e delle risorse) sono:
- ambiente fisico (geologia, geomorfologia, pedologia, idrogeologia, idraulica e
ambiente biologico (flora e vegetazione, fauna);
- assetto urbanistico-insediativo (infrastrutture, piani e programmi in atto,
insediamenti, risorse agricole ed uso del suolo);
assetto paesistico e storico culturale.
Tali profili ricalcano le principali tematiche previste dal programma di lavoro, lasciando tuttavia in disparte gli aspetti socio-economici, di cui quindi occorrerà tenere conto in altra sede. Per quanto riguarda invece i 4 fattori, essi possono essere così definiti: - fattori strutturanti: componenti ed elementi costitutivi appunto della "struttura",
intesa come l'insieme delle componenti e delle relazioni con cui l'organizzazione
di un sistema si manifesta concretamente;
- fattori caratterizzanti: componenti ed elementi che caratterizzano ogni sistema
locale od unità di paesaggio, distinguendolo dagli altri anche strutturalmente simili, aggettivandone le forme strutturali ed organizzative e rendendolo quindi riconoscibile;
fattori qualificanti: elementi o condizioni che conferiscono ad un sistema locale o ad un paesaggio una particolare qualità o valore, sotto un determinato profilo (ad es. morfologico o ecologico) o sotto diversi profili, pur senza variarne la struttura ed i caratteri di fondo rispetto ad altri simili;
- fattori di criticità: elementi o condizioni di degrado o dequalificazione o
potenziale destrutturazione più o meno acuta, non tali, tuttavia, allo stato, da invalidarne la struttura od i caratteri di fondo, quali determinati dai fattori precedenti.
L'applicazione della griglia consente di dare una risposta sintetica alla duplice domanda: quanto valgono i siti e le risorse di cui ci occupiamo, quali rischi e quali pressioni li minacciano. In realtà come si è già avvertito, per rispondere adeguatamente a questa domanda occorre altresì considerare gli aspetti socio-economici e quelli pianificatori, che la griglia non esplicita: il valore di una risorsa dipende infatti, ovviamente, anche dalla sua possibile utilizzazione economica o sociale (a fini produttivi, agroforestali, turistici o ricreativi), sia in generale, sia, soprattutto, in funzione delle opzioni di sviluppo delle società locali. Ed analogamente le "situazioni problematiche" da evidenziare discendono anche, ovviamente, dai processi economici, sociali e culturali che investono le diverse parti del territorio in esame, più o meno influenzate dalle scelte programmatiche dei soggetti di governo. Sono state dunque individuate le categorie d'interpretazione tematica interne a ciascun campo d'indagine : unità ambientali (vedi schedatura allegata), reti, ambiti e parti. Successivamente sono state individuate le relazioni intersistemiche che rappresentano l'esito delle fasi di confronto fra i differenti gruppi sistemici: - reti ambientali, intese come maglia di relazioni (ecologiche e funzionali)
strutturate e strutturabili sul territorio interessanti l'area del parco ed il suo contesto territoriale;
- unità di paesaggio, intese come ambiti caratterizzati da specifici sistemi di
relazioni (ecologiche, funzionali, culturali e percettive) tra componenti eterogenee interagenti, tale da conferirgli un'identità ed un'immagine riconoscibile e distinguibile dal contesto. Tali unità di paesaggio assumeranno la valenza di: a) ambiti di riferimento per una valutazione "complessiva" del valore e della criticità dei siti e delle risorse, mediante un'opportuna composizione delle valutazioni operate secondo i diversi profili ai diversi specialisti; b) ambiti di riferimento nell'articolazione della normativa;
problematiche, intese come ambiti o insieme di ambiti, nei quali si
profilano rischi e/o processi di degrado e/o conflitti di particolare intensità in relazione alla fragilità delle risorse ed all'intensità delle pressioni in atto o potenziali.
Tabelle sintetiche dei fattori strutturanti, caratterizzanti, qualificanti e di criticità
FATTORI STRUTTURANTI E CARATTERIZZANTI SISTEMA
SISTEMA ANTROPICO
- Grandi pareti rocciose e
- Castelli e Borghi
- Punti di vista importanti
rupi minori di versante
- Boschi su detrito (Sassi,
- "Mercati" (Mercato
- Strade con tratte
- Dorsali di calcare alberese Monte Palazzolo, Torre del
Peschio, Versante
- Nuclei Rurali "Ville"
- Crinali particolarmente
- Dorsali arenaceo
idrografico dx del Torrente
- Architettura Religiosa
- Architettura civile
- Boschi di latifoglie del
- Architettura miltare
- Frane di crollo e coperture, versante NW del Monte
- Percorso di origine
distali di blocchi, accumuli di Carpegna
romana lungo il Fiume
- Faggeta con tasso e
- Idrografia principale
faggeta con agrifoglio
- Percorsi di origine storica
- Deformazioni gravitative
profonde di versante
- Vegetazione steppica su
- Percorsi di origine storica
- Vegetazione delle zone
- Viabilità carrabile
erose calanchiformi
- Fasce boscate lunfgo il
Torrente Mutino e suoi
- Aree per attività produttive
di Pontemessa - Aree per attrezzature turistiche di Villagrande - Aree edificate recenti di Carpegna
FATTORI QUALIFICANTI SISTEMA
SISTEMA ANTROPICO
SISTEMA PAESISTICO
- Frane di Pianello, "La
- Castelli e nuclei storici
- Punti di vista importanti
Villa", Monte Palazzolo,
Siti di ritrovamento del
- Ville e nuclei rurali storici
- Strade con tratte
Passo del Trabocchetto e
- Faggeta con tasso
- Pievi e chiese
- Elementi costruiti emergenti
- Trincee e DPGV dell'eremo - Faggeta di Pianacquadio
(torri, castelli, .)
e del Monte Pietrabandella
- Faggeta d'alto fusto nei
- Luoghi di particolare
Cascate Acquadalto e di
pressi dell'eremo della
- Torri, fortificazioni e
coesione paesistica
Madonna del Faggio
- Intervisibilità tra fattori
- Accumuli di frana e grandi
- Faggeta tra la cantoniera di - Mulini e frantoi
- Crinali principali
calate a blocchi del Sasso
Carpegna e il Fosso
- Percorsi di origine storica
carrabili e pedonali
Sovrascorrimento di Monte
- Faggeta con agrifoglio del
- Cascate Acquadalto e di
- Boschi mesofili, su detrito,
con tiglio sul versante
idrografico destro del
- Laghetti di frana del
Torrente Seminico
- Cerreta della Cantoniera
Calanchi del Seminico del
- Boschi su detrito attorno ai
Peschio e del Torbello
Monti Simoncello e Simone
- Lago di Andreuccio
- Boschi su detrito del
- "Città di Roccia"
Monte Palazzolo e del
- Località fossilifera
Passo del Trabocchetto
- Arenaria di Frontino
- Boschi su detrito della
- Blocchi de "La Petra",
zona della Torre del
brecce della Tana e del
- Cinosureti e brometi con
- Costa dei Salti
abbondanti fioriture di
- Gola del fosso Paolaccio
- Sassi Simone e Simoncello - Vegetazione steppica su e Torre del Peschio
- Piccole pareti verticali
- Rete idrografica
Macereti calcarei e calcareo-marnosi - Costa dei salti - Praterie arbustate
FATTORI DI CRITICITA' SISTEMA
SISTEMA ANTROPICO
SISTEMA PAESISTICO
- Scarichi e spandimenti di
- Linee elettriche a media
- Aree archeologiche prive
liquami suinicoli
- Prelievi da sorgenti
- Elevata fruizione turistica
- Nuclei storici con impianto
(deflusso minimo vitale)
in aree sensibili: zona dei
originario trasformato
- Erosione dei suoli
Sassi e faggeta di
- Nuclei storici con alto
- Apertura di cave di prestito Pianacquadio, pascoli nella
numero di edifici in cattivo
- Passaggio di cingolati
stato di conservazione
- Dissodamento ed accumuli - Percorrenza con veicoli a
- Nuclei storici in
di blocchi rocciosi
motore delle vie di accesso
- Frane e smottamenti
ad aree sensibili: zona dei
Nuclei con espansioni
nell'autoctono di S.Sisteo –
Sassi e faggeta di
recenti di cattiva qualità
- Emergenze storico
- Instabilità delle rupi
- Strade che attraversano
culturali in abbandono
- Nuclei carenti di servizi
- Riattivazione locale di
- Poligono militare
- Aree per attività produttive
frane per colamento
- Taglio dei tassi (taxus
ad elevato impatto
- Previsioni di aree per
ruscellamento diffuso
- Sovrappascolo di bestiame attività produttive ad elevato
- Aste fluviali nelle quali
su prati argillosi
sono state recentemente
- Pericolo di incendio in
- Previsioni di aree per
realizzati collettori
boschi di conifere
attrezzature turistiche ad
- Tratti di fiumi caratterizzati - Raccolta della carlina utzka elevato impatto da profonde erosioni
a scopo alimentare
- Viabilità in cattivo stato di
provocate da elevati
- Raccolta di agrifoglio (ilex
aquifolium) nella cerreta e
- Aree franose che
nella faggeta del Monte
potrebbero innescare rischio Montone di esondazione
- Chiusura delle radure intraforestali della cerreta della Cantoniera ad opera di arbusti per diminuzione dell'attivita' pascoliva
6. IL PROGETTO
Il passaggio dalle sintesi interpretative al progetto non è stato immediato ne
tantomeno meccanico, più che un semplice passaggio si è delineato come un
processo che prevede un continuo divenire della prima ipotesi progettuale, da
sottoporre a successivi aggiustamenti.
In particolare, il cammino progettuale si è articolato in due momenti:
1) progetto preliminare di piano,
2) progetto definitivo di piano.
Il Progetto Preliminare ha costituito una tappa cruciale del processo di formazione
del Piano del Parco, in quanto:
- momento fondamentale di definizione delle strategie del Piano e dei criteri di
articolazione della disciplina, alla luce delle analisi valutative e delle sintesi interpretative operate;
- momento fondamentale di coordinamento tra il Piano del Parco ed il Piano
Pluriennale Economico e Sociale;
- momento fondamentale di partecipazione delle comunità locali alla formazione
Il Preliminare di Piano contenendo già tutte le principali indicazioni progetuali ha
permesso di aprire confronti e dibattiti pubblici con le istituzioni e gli attori locali anticipando eventuali conflitti. Sono stati ampiamente discussi i seguenti contenuti: -
l'inquadramento del parco nel contesto territoriale;
le strategie coordinate e complessive di tutela, gestione e sviluppo;
una prima ipotesi di zoning;
le proposte di ridefinizione dei confini e di definizione delle aree contigue.
Ulteriori confronti con gli attori locali, verifiche analitiche e progettuali (progetti
speciali e progetti pilota, raccordo con il contesto territoriale e con gli strumenti
urbanistici vigenti, raccordo con gli altri strumenti ed iniziative previste dalla legge
quadro, dibattito con gli attori locali ed ulteriori approfondimenti analitici) hanno
consentito di articolare con più precisione il preliminare e di pervenire al presente
progetto definitivo del piano.
6.1 Le strategie
Le strategie, già anticipate nel Preliminare, ponendosi in un orizzonte di riferimento
decisamente più ampio rispetto a quello delle norme del piano si situano in un
contesto di profondi cambiamenti economici, sociali e culturali, solo in parte
controllabili dall'Ente Parco e dagli Enti locali, che disegnano scenari altamente
incerti, così riassumibili:
- è possibile ridare un senso al paesaggio del Sasso Simone e Simoncello,
intervenendo sul sistema dei segni leggibili sul territorio ma anche nella cultura del fruitore, sia esso insider che outsider ?
- quali sono gli interventi necessari per evitare che il parco divenga un'isola a sè
stante e rinunci a far parte di un sistema interregionale di aree protette?
- come incentivare, indirizzare e consigliare le attività imprenditoriali locali che
risultano essere elemento indispensabile per mantenere presidi umani sul territorio?
E' evidente che per avere speranza di successo in queste proiezioni occorre proporre strategie condivise dagli enti di governo e dagli attori locali, capaci di contemperare esigenze di tutela con quelle di sviluppo. La concertazione dovrà avvenire sia con i piani e programmi di sviluppo in atto, interni o esterni alle attività dell'Ente, ivi compreso il Piano pluriennale economico e sociale, che con tutte le istituzioni, le associazioni e le organizzazioni esistenti. In questo senso il quadro strategico che il Piano deve proporre non va visto come un programma d'azione dell'Ente Parco, ma piuttosto come una base di discussione su cui costruire le alleanze, le intese ed i patti inter-istituzionali che possono, congiuntamente, favorire la valorizzazione del Parco nel quadro dello sviluppo sostenibile del comprensorio del Sasso Simone e Simoncello. Suddetto quadro strategico è così articolato: A, gestione del patrimonio naturale e delle risorse agro-silvo-pastorali Strategie per la stabilizzazione o l'evoluzione dei sistemi ambientali, la conservazione della diversità biologica e paesistica, con particolare riguardo per i boschi, i pascoli, gli assetti agronomici di tipo tradizionale.
A.1) conservazione delle specie e degli habitat di rilevante interesse A.1.1) conservazione degli ambienti umidi, con particolare attenzione per: a) le piccole raccolte d'acqua (solitamente localizzate sui pascoli) che rappresentano l'habitat di numerose specie, sia animali (vertebrati ed invertebrati) che vegetali; b) i fontanili e le sorgenti non captate; A.1.2) salvaguardia degli ambienti cavernicoli che possono rappresentare l'habitat di alcune specie d'interesse (Direttiva 92/43/CEE, All. IV), come il geotritone; A.1.3) sfoltimento e controllo della copertura arbustiva in alcune aree pascolive, dove il mantenimento dei pascoli risulta essere di particolare interesse conservazionistico, sia per gli aspetti faunistici che per quelli floristico-vegetazionali; A.1.4) mantenimento delle radure presenti in alcune aree boscate, che risultano essere ambienti importanti sia per la fauna (aumentata disponibilità di risorse trofiche, migliore distribuzione di specie territoriali che utilizzano queste aree in specifiche fasi del ciclo produttivo), che per la flora; A.1.5) tutela degli esemplari di tasso (Taxus baccata), presenti nelle faggete sopra Scavolino, di Carlina (Carlina utzka), attualmente soggetta ad una raccolta sconsiderata e di altre essenze per le quali si fornirà dettagliato elenco; A.1.6) regolamentazione del traffico veicolare nelle strade (da riservare agli utenti ed agli esercenti delle eventuali attività ivi presenti) che permettono l'accesso ad aree di rilevante interesse naturalistico; A.1.7) formulazione di progetto specifico, da concordare con le amministrazioni locali e le Forze Armate per la gestione ambientale dell'area naturalistica del Poligono Militare; A.1.8) regolamentazione della gestione faunistica, con particolare attenzione all'attività venatoria nelle aziende faunistico-venatorie, evitando qualsiasi forma d'introduzione di specie alloctone, disciplinando comunque l'introduzione di specie autoctone da effettuarsi in conformità con le direttive IUCN; A.2) miglioramento della qualità del patrimonio forestale A.2.1) interventi volti a favorire la maturazione strutturale di alcune aree boscate di rilevante valore naturalistico; A.2.2) interventi di sperimentazione di progressiva sostituzione delle conifere nei rimboschimenti e relativa introduzione di specie autoctone, evitando dissesti idrogeologici provocati dal momentaneo smantellamento del bosco; A.3) mantenimento e potenziamento delle grandi connessioni ecologiche e delle minute matrici ambientali A.3.1) interventi di rinaturalizzazione a livello di macro scala, in corrispondenza delle direttrici di collegamento tra aree del Parco ed aree limitrofe; A.3.2) interventi di rinaturalizzazione a livello di micro scala, mantenendo e/o potenziando le fasce boscate lungo i corsi d'acqua, i nuclei di bosco di estensione ridotta, i sistemi di filari e di siepi; A.4) valorizzazione della pastorizia e della zootecnia tipica A.4.1) coordinamento ed orientamento dell'attività della pastorizia e della zootecnia locale, con particolare riferimento alle politiche d'incentivazione di livello comunitario, al fine di favorire la permanenza ed il consolidamento di tali attività nelle località in cui sono presenti; A.4.2) mantenimento delle modalità colturali tradizionali sui pascoli e sui prati da sfalcio a rotazione pluriennale presenti in varie aree montane e submontane del parco anche per il miglioramento qualitativo della produzione lattiero casearia;
A.4.3) interventi di miglioramento delle cotiche erbose naturali, favorendo la ricostituzione di una flora di maggiore qualità per il bestiame attraverso: la semina con specie ed ecotipi locali, la concimazione, la eliminazione meccanica di infestanti non pabulari e la determinazione dell'opportuno carico di bestiame e del regime di turnazione dei pascoli; A.4.4) incentivazione del pascolo ovino e caprino da coordinare con gli interventi di mantenimento o ripristino di pascoli attualmente in fase di colonizzazione arbustiva; A.5) valorizzazione dell'agriturismo A.5.1) coordinamento delle forme d'incentivazione dell'attività agrituristica al fine di favorire l'integrazione dei redditi agricoli, determinare significativi ampliamenti della ricettività diffusa, utilizzare la presenza consistente di patrimonio edilizio di pregio architettonico, attualmente abbandonato. Tale valorizzazione dovrà agire soprattutto: - collegando organicamente le aziende agrituristiche alle reti fruitive del Parco (utilizzandole anche come presidi informativi); - utilizzando e promuovendo la conoscenza dei prodotti aziendali; - coordinando le attività agrituristiche in reti opportunamente appoggiate alle agenzie ed agli operatori che organizzano l'offerta turistica ed i servizi ad essa connessi; - collegando alle aziende agrituristiche alcune attività complementari, che innalzano la qualità dell'offerta turistica quali: la raccolta di frutti e ortaggi dell'azienda, la raccolta di frutti del sottobosco, il consumo esclusivo di prodotti tipici locali (salumi, formaggi, tartufi, …); A.6) gestione della silvicoltura A.6.1) coordinamento ed orientamento delle incentivazioni, con particolare attenzione a quelle di fonte soprattutto comunitaria, prevedendo analisi floristiche e vegetazionali delle aree da sottoporre a rimboschimento, utilizzando materiale sementiero o vivaistico derivante dalle popolazioni locali presenti in area parco o zone limitrofe; A.6.2) direttive e consigli per regolamentare il mantenimento dei boschi attualmente ceduati, favorendo tagli volti a garantire la diversa specificità delle essenze presenti; A.6.3) direttive e consigli per eventuali opere di rimboschimento, con funzioni produttive o protettive, da effettuare con materiale sementiero o vivaistico derivante dalle popolazioni locali presenti in area parco o in zone limitrofe; A.6.4) interventi volti a prevenire la propagazione di incendi nei rimboschimenti di resinose; A.7) qualificazione dell'agricoltura A.7.1) valorizzazione, attraverso l'introduzione di marchio DOC e certificazioni specifiche, di prodotti autoctoni e tipici locali, con particolare attenzione per le piante officinali, ornamentali spontanee o coltivate; A.7.2) promozione di attività agricole per la produzione di seme (materiale di propagazione in genere) di popolazioni autoctone o coltivate da lungo tempo (min. 20 anni), previa redazione di inventario delle varietà locali di specie d'interesse agrario e formazione di un consorzio per la propagazione, la certificazione e la tutela del materiale sementiero/vivaistico di varietà locali del territorio (anche in riferimento alla Direttiva 98/95 CEE); A.7.3) incentivazione della coltivazione con metodi biologici (anche in riferimento a: Reg. 2078/2080/2081/2092 e succ. mod. e agg.).
B, controllo e prevenzione dei rischi Strategie per la prevenzione, il controllo e la mitigazione dei fenomeni di dissesto e dei rischi idraulici, idrogeologici ed inquinologici e la salvaguardia del suolo e dell'acqua. B.1) tutela e valorizzazione della risorsa acqua B.1.1) regolamentazione dei sistemi di concimazione e di spargimento dei liquami in genere (es.: prati sommitali del M. Carpegna, Cantoniera, …), previa valutazione delle stesse discipline d'uso già vigenti in alcuni comuni (es.: comune di Montecopiolo, …), e/o attraverso l'incentivazione di metodologie a minore impatto ambientale (es.: disidratazione del letame, …); B.1.2) adeguamento igienico funzionale delle opere di captazione delle acque, con particolare attenzione per quelle realizzate con sistemi antiquati (a bottino; a trincee drenanti), anche attraverso la realizzazione di un'idonea recinzione della sorgente come previsto dalla legge n. 236/1988; B.1.3) regolamentazione della captazione di alcuni torrenti, soprattutto in periodi di flussi di magra, al fine di garantire comunque il deflusso minimo vitale (fosso della Madonna; fosso Micci/Rio Maggio); B.1.4) tutela e valorizzazione di sorgenti di particolare qualità (es.: Sorgenti rilevate nel territorio di Carpegna, Montecopiolo e Pennabilli); B.2) tutela della risorsa suolo B.2.1) regolamentazione dell'attività pascoliva su argille previo monitoraggio degli assetti vegetazionale e geomorfologico, al fine di evitare fenomeni di ruscellamento e dilavamento; B.2.2) interventi di ingegneria naturalistica volti a contenere l'erosione e migliorare la qualità del pascolo; B.3) riduzione dei rischi idraulici, idrogeologici ed idrometeorologici B.3.1) interventi per la messa in sicurezza di: a) tratte di fiumi caratterizzate da profonde erosioni provocate da elevati dinamismi anche causati da interventi trasformativi; b) aree franose che potrebbero innescare rischi di esondazione; c) aree franose che potrebbero mettere a rischio centri abitati e/o infrastrutture. B.3.2) realizzazione di una rete di monitoraggio, connessa a quella regionale e nazionale, attraverso l'organizzazione di una rete di stazioni di raccolta dati che consideri i seguenti parametri: - portate di piena dei fiumi in cui sono stati realizzati, recentemente, collettori; - variazioni dell'alveo dei fiumi caratterizzati da profonde erosioni provocate da elevati dinamismi anche a seguito d'interventi trasformativi (es.: forte erosione del fiume Conca ed accentuato disequilibrio del profilo di fondo degli affluenti); - aree franose a rischio di esondazione; - altre aree franose con particolare attenzione a quelle che possono mettere a rischio centri abitati ed infrastrutture; - consistenza delle precipitazioni in funzione della ricostruzione e del mantenimento delle risorse idriche; - messa a punto di modelli generali (tipo Kennessey) ed installazione di una rete di almeno tre stazioni termo-pluviometriche (Eremo, M.Cassinelle, Miratoio) dotate anche di rilevatori tensiometrici per il monitoraggio dello stato di saturazione del suolo. Le stazioni interfacciabili ai sistemi nazionali e regionali (SICG, ASAM) dovranno essere gestite da un centro-dati locale cui sono collegate altre stazioni
idrometrografiche installate a : Ponte Conca, Pian dei Prati e Ca' Romano. C, recupero e valorizzazione del patrimonio culturale-insediativo Strategie di recupero e valorizzazione del patrimonio culturale-insediativo orientate alla salvaguardia dei valori storici, antropologici, sociali e culturali, con particolare riguardo per le strutture insediative. C.1) conoscenza e socializzazione delle informazioni relative al patrimonio storico-culturale, con particolare attenzione per il settore insediativo C.1.1) formazione di un Osservatorio Permanente; C.2) qualificazione della strumentazione urbanistica, generale ed attuativa, comunale C.2.1) indicazioni per l'adeguamento degli strumenti urbanistici generali comunali, previsti dalla legge urbanistica regionale della Regione Marche n.34/92; C.2.2) promozione e linee guida per la formazione di Piani di Recupero finalizzati alla conservazione e valorizzazione del patrimonio esistente, previa definizione degli obbiettivi progettuali e delle modalità di redazione dei piani; C.2.3) promozione della formazione dei tecnici del settore attraverso l'organizzazione di laboratori di progettazione e la redazione di un testo formativo che contenga un abaco degli elementi architettonici, di riferimento per ogni operazione di manutenzione straordinaria e/o restauro; C.3) conservazione e valorizzazione di contesti insediativi di pregio storico architettonico C.3.1) direttive generali, linee guida e consigli per la conservazione/recupero dei centri e dei nuclei storici che presentano un interessante rapporto con il contesto (Frontino, ), con le vie storiche di comunicazione e con sistemi di fortificazione (Sasso Simone, Scavolino, Pennabilli, …); di quelli che mantengono impianti urbani non compromessi da trasformazioni recenti (Bascio, …); di quelli che presentano caratteri architettonici (costruttivi e decorativi) riconoscibili (Pennabilli, …); di quelli significativamente legati ad attività tradizionali (Miratoio e Ca' La Pietra per la lavorazione dell'arenaria; …); C.3.2) direttive generali, linee guida e consigli per la conservazione/recupero dei beni culturali isolati (Abbazia del Mutino, Convento di Montefiorentino, Castello di Pietrarubbia, Chiesa di Sant'Arduino, …) che dovranno tendere a: - contestualizzazione delle azioni di recupero, coinvolgendo tutti gli spazi e gli elementi, in particolare dei paesaggi agrari, cointeressati; - recupero complessivo, anche in termini di opportunità di fruizione, dei diversi sistemi di beni, quali il sistema delle pievi, delle abbazie e dei castelli; C.3.3) direttive e linee guida per la conservazione ed il recupero di siti archeologici preistorici, romani e soprattutto; C.3.4) consolidamento dei servizi definendo politiche di "rete" che attribuiscano ai diversi centri gerarchie, ruoli specifici e differenziati ("servizi diversi in centri diversi"), promuovendo la formazione di contesti di socializzazione (esercizi pubblici, luoghi di ritrovo aperti o chiusi, spazi per la fruizione ricreativa senza barriere architettoniche) anche in relazione a dinamiche e riequilibrio dei servizi esterni al parco; C.4) conservazione e valorizzazione di reti di percorsi storici pedonali e carrabili C.4.1) ripristino della maglia di percorsi storici che connetteva i nuclei storici tra di loro (es.: Pietrarubbia-Carpegna-Sestino) attraverso la rifunzionalizzazione di sedimi
e manufatti obsoleti o degradati, ripristino dei fondi e delle opere d'arte, creazione di
spazi di sosta e belvederi, segnaletica ed informazione, realizzazione di tratte senza
barriere architettoniche;
C.4.2) riqualificazione di percorsi storici, di origine romana, collegamento Nord-Sud
(es.: strada della Val Marecchia, .), anche come supporto alla rete della fruizione
del parco;
C.5) riqualificazione di contesti insediativi degradati
C.5.1) direttive e linee guida per la riqualificazione di aree caratterizzate da
espansioni turistico residenziali (villaggio di Santa Rita e villaggio del Lago a
Montecopiolo);
C.5.2) direttive e linee guida per la riqualificazione di aree caratterizzate da
espansioni produtive (Ponte Messa, Villagrande);
C.6) controllo degli sviluppi insediativi, produttivi ed infrastrutturali
C.6.1) controllo degli sviluppi infrastrutturali ed insediativi, residenziali e produttivi,
previsti dalla pianificazione comunale vigente.
D, valorizzazione dell'identità locali e della fruizione sociale del parco
Strategie per la valorizzazione del paesaggio e delle identità locali, con particolare
riguardo per gli elementi simbolici, i valori panoramici ed i sistemi di visibilità che
concorrono a definire l'immagine unitaria del parco, e dei sistemi di fruizione sociale
degli stessi.
D.1) valorizzazione dell'immagine complessiva del parco
D.1.1) ridefinizione del perimetro al fine di delineare un'immagine più identificabile
e riconoscibile del parco
D.2) valorizzazione dei paesaggi locali
D.2.1) valorizzazione di unità paesistico-culturali locali con particolare attenzione
alle unità di paesaggio già delineate, cogliendone il significato nella fruizione
globale dell'area (soprattutto in riferimento alle aree del Monte Carpegna e del
Simone Simoncello);
D.2.2) valorizzazione delle identità culturali (areali e puntuali) diffuse, cogliendone
il significato nella fruizione globale dell'area: comunanze agrarie, aree di particolare
coesione paesistica, luoghi delle fiere e delle feste, emergenze naturali che
presentano un particolare valore riconosciuto dagli insiders e dagli outsiders, strade e
punti panoramici;
D.2.3) valorizzazione del paesaggio agricolo tradizionale attraverso il mantenimento
ed il ripristino degli elementi diffusi del paesaggio agrario: siepi, filari alberati ed
alberi sparsi;
D.3) qualificazione della rete infrastrutturale di accesso e della fruizione del parco
D.3.1) riqualificazione delle principali vie di accesso e di collegamento con i più
significativi flussi turistici, individuazione di "Porte del Parco", previa concertazione
con le previsioni degli strumenti urbanistici generali locali;
D.3.2) formazione dell'anello carrabile del Parco e del Grande anello carrabile dei
Sassi attraverso la riqualificazione di percorsi esistenti da attrezzare con: aree di
sosta, centri informativi e nodi scambiatori (con parcheggi) nell'intersezione con i
principali percorsi pedonali interni, centri di servizio e supporto alla visita e
attrezzature turistiche, previa concertazione con le previsioni degli strumenti
urbanistici generali locali;
D.3.3) formazione di percorsi tematici (sistema dei castelli, nuclei rurali ed
emergenze naturalistiche) attraverso la riqualificazione di percorsi esistenti da
ripristinare ed attrezzare con: aree di sosta, centri informativi e didattico-museali,
previa concertazione con le previsioni degli strumenti urbanistici generali locali;
D.3.4) formulazione di progetto specifico, da concordare con le amministrazioni
locali per la formazione della "Casa del Parco", nel capoluogo del comune di
Carpegna, attraverso: a) il recupero e la rifunzionalizzazione di un complesso
edilizio, individuato dall'amministrazione comunale, da adibire a: sede degli uffici
amministrativi e tecnici del Parco, sala conferenze, prima accoglienza ed
informazioni; b) la riorganizzazione urbana del contesto in cui ricade l'immobile
oggetto d'intervento, con particolare attenzione alla riqualificazione degli spazi
aperti;
D.3.5) formulazione di progetto specifico, da concordare con le amministrazioni
locali e le Forze Armate per la fruizione controllata dell'area naturalistica del
Poligono Militare.
6.2 Le norme
Nella definizione dell'ambito normativo e quindi del campo d'intervento del piano si
configura:
- una serie di scelte irrinunciabili per le quali l'azione normativa del piano per il
parco è cogente e quindi "sostitutiva" di ogni altra previsione urbanistica. In quest'ambito potrebbero ad esempio rientrare tutte quelle azioni necessarie per la conservazione di specie animali o vegetali o forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotopi, di valori paesistici, scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di valori antropologici, storici ed architettonici e più in generale di equilibri ecologici;
- un'azione di indirizzo e coordinamento per tutte le altre tematiche (controllo
dell'urbanizzazione, organizzazione della fruizione turistica, gestione agro-silvo-forestale, sviluppo di attività tradizionali, .), esplicabile in un rapporto di sinergia e complementarietà con gli altri enti preposti all'amministrazione ed alla pianificazione della stessa fetta di territorio.
Per ognuna delle due tipologie d'azione e per ognuno dei tematismi da normare, muterà anche l'estensione dell'area oggetto di studio: da porzioni di territorio all'interno dell'area protetta, ad una superficie molto più estesa della stessa area protetta che include anche reti ecologiche ed infrastrutturali ubicate oltre il perimetro dell'area. Questa duplice linea d'intervento normativa (sostitutiva per alcune tematiche, d'indirizzo e coordinamento per altre) andrà costruita mediante l'avvio di uno stretto rapporto interattivo tra il piano per il parco e gli altri piani sulla base di una trama normativa a maglie larghe, di volta in volta riempita e riarticolata dal piano per il parco, dalla pianificazione ordinaria e da altri piani di settore (a seconda del tipo di tematica trattata). Il dibattito attualmente in atto sulla nuova legge per il governo del territorio regionale viene in aiuto a questa concezione di regolamentazione urbanistica, distinguendo i contenuti "strutturali" dai contenuti "operativi", la parte
"irrinunciabile" da quella in qualche misura "discutibile" e aprono uno spazio di confronto possibile fra il piano per il parco e lo strumento urbanistico generale comunale. In questo senso il piano per il parco potrebbe fornire quadri conoscitivi ed interpretativi essenziali per disciplinare, di concerto con gli enti di governo locale, il territorio oggetto di studio. Come traspare dalle precedenti considerazioni, il Piano per il parco non è visto come un piano che precede e controlla (avvalendosi dei poteri sostitutivi che la legge prevede) ogni altro piano, bensì come un piano tra i piani, teso a dialogare con gli altri nel vivo dei processi di pianificazione che investono, insieme al parco, l'intero contesto territoriale; pertanto il piano deve potersi facilmente comunicare non solo all'interno del gruppo di lavoro interdisciplinare ma anche all'esterno per favorire una partecipazione ampia e motivata degli attori locali. Tale impostazione ha reso necessaria la sperimentazione di adeguate tecniche di rappresentazione e simulazione degli elaborati grafici e delle norme, capaci di favorire la comunicazione del piano. In questa prospettiva, ha assunto particolare rilevanza: - i momenti dedicati all'"ascolto", in cui ciascuno dei diversi portatori d'interessi
(mondo delle associazioni, organizzazioni no-profit, .) ha potuto far sentire la propria voce. Tale azione d'interazione sociale ha permesso d'individuare i bisogni, le domande e le attese, esplicite o latenti, espresse dai diversi gruppi sociali e rilevanti ai fini del piano, i principali problemi e conflitti nell'uso delle risorse cui il piano è chiamato a rispondere, i modi in cui il parco è percepito e conosciuto dai diversi gruppi sociali, le difficoltà, le carenze e le criticità che si riscontrano. Il confronto con gli attori locali potrà favorire la "certificazione sociale" del riconoscimento delle qualità ambientali;
- l'opportunità di attivare un Coordinamento Tecnico istituzionale per le fasi
procedurali di approvazione del Piano, in cui siano presenti funzionari designati dagli Enti locali direttamente coinvolti nel processo di pianificazione (regioni, province e comuni) al fine di favorire azioni di raccordo, verifica e confronto sulle scelte progettuali del piano.
Il Piano introduce un insieme di norme articolate per: -
parti (zone a diverso grado di protezione ed unità di paesaggio);
categorie diverse di risorse ed attività.
6.2.1 Le norme per parti 1. Il Piano suddivide il Parco in Zone, identificate nelle tavole di Piano ed assoggettate a diverso grado di protezione, con riferimento alle seguenti categorie di cui all'art.12 L.394/1991: - Zone A, di riserva integrale, destinate alla conservazione dell'ambiente naturale nella sua integrità, alla salvaguardia ed al mantenimento degli equilibri biologici ed ambientali in atto, alla prevenzione ed all'eliminazione dei fattori di disturbo endogeni ed esogeni. La fruizione degli ambiti interessati ha carattere esclusivamente naturalistico, scientifico e didattico. Sono specificamente vietati: lo svolgimento di attività agricole, i tagli boschivi, il pascolo, i cambi colturali e ogni genere di scavo o movimento di terreno; interventi costruttivi o di installazione di manufatti di qualsiasi genere.
- Zone B, di riserva generale orientata, dove si favorisce il potenziamento delle funzionalità ecosistemiche e la conservazione delle risorse paesistico-culturali presenti anche attraverso la riduzione dei fattori di disturbo. In tali zone è vietato in particolare: costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, fatti salvi gli interventi di risanamento igienico-funzionale, eseguire opere di trasformazione del territorio, effettuare movimenti di terreno, salvo quando finalizzati ad interventi di conservazione, manutenzione e restituzione, eseguire cambi di destinazione d'uso che richiedano sostanziali cambiamenti edilizi ed impiantistici. Possono comunque essere consentite le realizzazioni delle infrastrutture espressamente previste nelle tavole di piano e gli interventi di gestione delle risorse naturali e di manutenzione delle opere esistenti. - Zone C, di protezione, interessate dalle attività agro-silvo-pastorali. In tali zone, in armonia con le finalità istitutive, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali ed è incoraggiata la produzione artigianale di qualità. E' vietato: realizzare nuove strade, realizzare nuovi edifici ad eccezione di quelli a servizio dell'attività agricola; aprire nuove cave, realizzare interventi che modificano il regime delle acque, salvo quanto strettamente necessari ai sistemi irrigui ed alla sicurezza per gli incendi. Per il miglioramento dell'ambiente rurale è consentita la realizzazione di parcheggi, impianti sportivi e campeggi. Nei nuclei rurali sono consentiti interventi di manutenzione e restauro nonché interventi di ristrutturazione, purchè si argomenti, con adeguate elaborazioni tecniche, il ruolo strategico dell'intervento in oggetto ed il suo inserimento nel contesto paesistico-ambientale. - Zone D, di promozione economica e sociale, che interessano le aree urbanizzate ed urbanizzande, comprese le aree parzialmente o completamente degradate. In tali zone sono consentite tutte le attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate alla riqualificazione ed al miglioramento della vita socio - culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da parte dei visitatori. La riqualificazione, limitatamente agli interventi di nuova espansione edilizia, dovrà attuarsi attraverso piani attuativi volti a dimostrare il ruolo strategico del nuovo insediamento ed il suo adeguato inserimento nel contesto paesistico-ambientale. In tutte le zone sono comunque fatti salvi i diritti di uso civico. Eventuali limitazioni necessarie per realizzare le finalità del Piano sono adottate di concerto con i titolari. Tale proposta di suddivisione territoriale ribadisce metodiche già sperimentate, se si eccettuano piccole differenziazioni semantiche, nelle esperienze pionieristiche dei primi piani per i parchi italiani ed in altre esperienze internazionali. Tale zonizzazione, non molto diversamente da quella urbanistica, potrebbe peraltro ridursi ad una rigida ed arbitraria suddivisione spaziale delle attività e dare vita a politiche di gestione strettamente "difensive" e pertanto incapaci di guidare i complessi processi di modificazione ambientale.
Le critiche alla zonizzazione tradizionale ed alla realizzazione di "scansioni territoriali" ha origini lontane. In particolare, dalla fine degli anni settanta viene dato particolare risalto ad una visione sistemica della realtà territoriale ed all'utilizzo di appropriate metodologie per analizzare ed organizzare la complessità degli elementi e delle variabili in gioco. Si è passati dall'analisi di una somma di elementi separati, propri dell'attività classificatoria della "conoscenza" a quella dell'interpretazione delle relazioni fra di essi, cogliendo i legami fra le diverse discipline ed analizzando i fenomeni della reciproca influenza. Si è giunti alla formulazione di una "ecologia globale" che considera l'attività umana all'interno dei cicli spontanei e la pianificazione globale come la risposta adeguata all'organizzazione di funzioni umane strettamente connesse con quelle naturali. Anche diversi documenti a livello internazionale hanno supportato suddetta interpretazione, studiando la tutela e la conservazione congiuntamente all'azione trasformatrice dell'uomo: - Dichiarazione di Stoccolma (1972), ha stabilito che le risorse internazionali
devono essere salvaguardate con un'attenta pianificazione e gestione;
- Man and Biosphere dell'Unesco (1973), ha preso in esame le interrelazioni
esistenti fra la specie umana ed il pianeta terrestre;
- World Conservation Strategy a cura dell'I.U.C.N. in collaborazione con FAO,
Unesco e WWF (1980), ha definito la conservazione come una gestione della biosfera capace di garantire uno sviluppo razionale e duraturo anche alle future generazioni;
- World Charter for Nature proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni
Unite (1982), ha sancito che la conservazione della natura è parte integrante della pianificazione e implementazione delle attività di sviluppo economico e sociale;
- Caring for the Earth. A strategy for sustainable living a cura di IUCN, UNEP e
WWF (1991), ha auspicato il raggiungimento di un modello di sviluppo in grado di garantire all'umanità un reale miglioramento della qualità della vita preservando nel contempo la vitalità e la diversità biologica della terra;
- Parks for life - The Caracas Action Plan, in occasione del IV World Congress on
national parks and protected areas (1992), ha riconosciuto alle aree protette un ruolo centrale nelle strategie per il perseguimento dello sviluppo sostenibile, individuando quattro priorità d'azione: 1) integrare le aree protette in più ampi strumenti di pianificazione; 2) migliorare il consenso per le aree protette; 3) rafforzare la capacità di gestione delle aree protette; 3) estendere la cooperazione internazionale nel finanziamento, lo sviluppo e la gestione delle aree protette;
- Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo (1992), ha
riconfermato la necessità per tutti gli stati ad impegnarsi per perseguire strategie di sviluppo sostenibili.
E' evidente come tali considerazioni, scandite a livello internazionale, inducano al coordinamento di azioni di gestione quasi sempre complesse ed interrelate. In tal senso è stato necessario prendere in considerazione "la varietà, l'eterogeneità e la mescolanza degli usi e delle funzioni che sono spesso alla base della ricchezza ambientale e paesistica". Per delimitare le diverse zone, è stato necessario valutare, sin dai primi momenti conoscitivi, non solo e non tanto l'elemento puntuale quanto l'ambito relazionale a cui l'elemento si rapporta. In questo modo "l'utilizzazione più appropriata" di un'area si interrelaziona con le funzioni delle aree più o meno vicine, dando vita ad
un reale intreccio di usi e forme di gestione, sulla base di equilibri ecosistemici flessibili, dinamici ed in continua evoluzione. E' stata così formulata l'ipotesi di zonizzazione per l'area protetta del Sasso Simone e Simoncello che prevede anche una ridefinizione del perimetro del parco e dell'area contigua. Completa il quadro delle norme per parti, la disciplina per unità di paesaggio intese come ambiti caratterizzati da specifici sistemi di relazioni (ecologiche, funzionali, culturali e percettive) tra componenti eterogenee interagenti, tali da conferire loro un'identità ed un'immagine riconoscibili e distinguibili dal contesto". La descrizione delle unità di paesaggio raccolta in apposite schede, disciplina i sistemi di relazione che caratterizzano le identità locali e le connessioni da assicurare col contesto. Emergono dalle schede obiettivi di gestione e programmi specifici per ciascuna unità: è un primo passo per il coordinamento di azioni promosse e predisposte dall'Ente Parco, dalle istituzioni e dagli attori locali per la valorizzazione dei principali fattori identitari caratterizzanti il Parco del Sasso Simone e Simoncello. Suddetti progetti e programmi troveranno diretto riscontro nel Piano Pluriennale economico e sociale. 6.2.2 Le norme per categorie diverse di risorse ed attività e per progetti Le norme per categorie diverse di risorse ed attività includono specifiche disposizioni per: -
Difesa del suolo e gestione delle acque
Reti ecologiche, fasce fluviali e continuità ambientali
Aree non boscate
Elementi isolati del paesaggio Boschi e gestione forestale
agro-silvo-pastorali
Patrimonio edilizio rurale
Castelli, borghi e nuclei ("ville") storici
Viabilità e percorsi storici
Beni di specifico interesse storico, artistico, culturale, archeologico
Paesaggi ed elementi di specifico interesse paesistico-percettivo
Sistemi di accessibilità
Sistemi di attrezzature e servizi
6.2.3 I confini L'obbiettivo di sdrammatizzare il problema dei confini, reso noto sin dalle prime fasi del Progetto Preliminare non deve indurre a sottovalutare tale problema. E' evidente infatti che un'eccessiva restrizione dell'area protetta che ne limiti l'estensione ad un "cuore ristretto" spinge inevitabilmente a specializzare il ruolo del Parco in chiave essenzialmente naturalistica, riducendone il significato socio-economico. La conseguenza immediata sarebbe di dover prevedere forme di gestione dell'area assimilabili a quella di una riserva naturale e quindi di perdere ogni capacità di concorrere alla valorizzazione dell'intero comprensorio. D'altra parte anche un
eccessivo allargamento, oltre a drammatizzare problemi come quelli della caccia, attualmente praticata in modo controllato e nelle riserve faunistico-venatorie e in quelle agrituristico-venatorie ed a concentrare l'attenzione sui problemi urbanistici ed infrastrutturali di competenza dei comuni, accentuando la funzione sostitutiva del Piano del Parco, rischierebbe di attenuare la leggibilità e la riconoscibilità del parco stesso. Comunque la ridefinizione del perimetro del parco dovrebbe effettuarsi in coerenza con i risultati della fase interpretativa appena conclusa, ed in particolare con i riconoscimenti di unità di paesaggio, e con alcuni criteri universalmente affermati nella gestione delle aree protette: - la ricerca della compattezza, evitando frastagliature ed incuneazioni, evitando di
offuscare la leggibilità dei confini e di aumentare l'esposizione alle pressioni ed ai fattori di disturbo presenti all'esterno;
- la ricerca della riconoscibilità dei confini, che dovranno coincidere con segni ben
riconoscibili sul terreno quali: strade, impluvi, margini naturali ben definiti;
- la ricerca della razionalizzazione della gestione naturalistica, della tutela
paesistica e culturale evitando di spezzettare unità ecosistemiche, paesistiche o storico-culturali;
- la ricerca della funzionalità rispetto ad iniziative di promozione ed
organizzazione della fruizione sociale del parco.
Alla luce di tali criteri è stata delineata, coerentemente con le ipotesi gestionali, una prima ipotesi di confine, che dopo essere stata sottoposta a diversi momenti di confronto ed accesa discussione tra i diversi attori locali ha subito trasformazioni, anche rilevanti, ed ha dato origine alla proposta che ci accingiamo a varare. Si considera questo risultato: - un successo, per il fatto di essere riusciti a mettere insieme opinioni ed
immaginari diversi su un'idea di parco che ognuno degli interlocutori presentava in modo, sostanzialmente, assai diverso, da cui muovere le prime mosse nell'auspicato processo di pianificazione, socialmente condiviso;
- un primo passo, ancora insoddisfacente, ai fini dell'individuazione di un'area
protetta in grado di valorizzare il paesaggio come luogo di connessione tra gli ecosistemi presenti, il patrimonio storico e le memorie collettive.
7. RAPPORTI COL PIANO PLURIENNALE ECONOMICO E
SOCIALE
Le riflessioni metodologiche ed il programma di lavoro per la redazione del Piano
pluriennale economico e sociale si pongono in un rapporto di continua interazione
con il Piano per il Parco. Per questo motivo, sembra inopportuna la prefigurazione di
un piano di sviluppo attuato in autonomia dal piano per il parco, dal quale invece
dovrà assumere elaborazioni analitiche ed intepretative e con il quale dovrà
confrontare ogni ipotesi progettuale.
In questa prospettiva, per concretizzare metodiche operative di suddivisione delle
competenze tra i due strumenti urbanistici, si ritiene necessario attenersi alle
indicazioni provenienti dalla legislazione nazionale e regionale vigente ed in
particolare alle "Linee Guida per l'elaborazione dei Piani Pluriennali" di cui
all'art.11 comma 4 lett. h della L.R. 15/1994, ed alla "Legge Quadro nazionale sulle
aree protette" (L. 394/1991 e succ. mod ed integ. L. 426/1998). Pertanto le attività conoscitive ed interpretative presenteranno un cammino comune ai due piani; sarà invece poi competenza del Piano pluriennale economico e sociale fornire indicazioni e proposte per la valorizzazione e lo sviluppo compatibile dell'area-parco. E' evidente che solamente il confronto continuo con le valutazioni del piano per il parco potranno confermare la compatibilità delle proposte avanzate dal piano pluriennale economico e sociale. In questa fase di presentazione del Progetto Definitivo del Piano debbono considerarsi concluse le operazioni conoscitive ed interpretative ed in particolare: - analisi territoriale dell'area in rapporto alla realtà amministrativa, alla situazione
fondiaria ed alle proprietà pubbliche e private;
- evoluzione della popolazione, con particolare attenzione allo studio della
distribuzione della popolazione ed analisi delle tendenze (piramide d'età, indice di sostituzione dell'età lavorativa e indice d'invecchiamento, persone non attive sul totale della popolazione, rapporto maschi femmine);
saldo naturale della popolazione ed analisi dei flussi migratori;
- popolazione attiva, con particolare attenzione: al tasso di attività della
popolazione, per settore economico e per fasce di età, all'esame della situazione in riferimento alle attività prevalenti nei settori primario, secondario e terziario, ai flussi lavorativi dalle aree esterne o provenienti da queste;
- settori di attività, con particolare attenzione alle analisi dello stato di ciascun
settore con identificazione delle produzioni di qualità, ecologiche e ad alto valore aggiunto;
- analisi delle reali possibilità d'intervento dei comuni, in rapporto ai loro bisogni
ed alle specifiche risorse di bilancio.
I risultati delle analisi di cui sopra sono sintetizzate nel par. 4.3.5. Il Piano Pluriennale Economico e Sociale, al fine di poter incidere nei tratti caratterizzanti il sistema economico dell'area protetta, cioè nell'insieme di relazioni di mercato e di regolazione normativa (ma anche quelle legate alla sedimentazione culturale dei comportamenti tradizionali e consuetudinari) che qualifica i rapporti tra gli attori sociali che operano nel sistema locale e le risorse ambientali (e gli ecosistemi) investite da tali azioni e rapporti, dovrà: - essere strategico, cioè cogliere ed interpretare le opportunità di sviluppo che alle
comunità si offrono in un quadro di integrazione competitiva, tanto alla scala locale (con paesaggi sociali a crescente complessità culturale), che alla scala globale, che riporta domande e sensibilità sempre nuove;
- essere concertato, cioè costruire e favorire il consenso e la correspon-
sabilizzazione di tutti gli attori istituzionali e sociali che operano sul territorio, nella convinzione che il successo di una strategia di sviluppo sostenibile stia sempre più nella convergenza sugli obiettivi e sulle azioni di una vasta platea di attori;
- essere operativo, cioè ricercare la sua attuazione attraverso un'insieme di azioni
ben definite e caratterizzate progettualmente in termini di fattibilità che ne avvicinano così (e ne verifichino) gli obiettivi.
Nel Progetto Definitivo del Piano vengono dunque individuate le seguenti linee
concrete su cui il PPES dovrà muoversi: - il coinvolgimento degli operatori locali attraverso: l'incentivazione
all'accoglimento rurale, l'incentivazione al recupero ed alla salvaguardia del patrimonio genetico di specie animali e vegetali domestiche;
- la formazione professionale e la promozione di attività economiche gestite dai
locali attraverso: l'assistenza alla gestione di infrastrutture gestite da locali, l'incentivazione riscoperta del "saper fare" locale soprattutto se riguardante produzioni ecologiche e ad alto valore aggiunto;
- la riqualificazione delle attività connesse alla fruizione sociale del parco (public
enjoyment), anche attraverso la valorizzazione delle identità locali (che interessano, ad esempio, il restauro di paesaggi agrari, la manutenzione ed il restauro di nuclei storici, la valorizzazione di un prodotto locale o la riqualificazione di alcune aree di pregio naturale, ma anche l'attenzione nei confronti delle storie, leggende e tradizioni locali e, non per ultimo dell'immaginario collettivo, delle aspettative e delle "impressioni" dei fruitori -insiders ed outsiders-). Questa operazione potrebbe infatti richiamare un flusso crescente di turismo che, a sua volta, indurrebbe nuovi investimenti per il recupero di manufatti, centri e spazi aperti e l'avvio di un circolo virtuoso che connette al miglioramento della fruizione, il miglioramento del patrimonio naturale e culturale locale e quindi la crescita della domanda di fruizione;
- un deciso ausilio agli enti locali nel catalizzare ed indirizzare in quest'area
finanziamenti ed incentivi, assegnando all'Ente Parco il ruolo di "authority" con capacità di coordinamento ed orientamento delle molteplici opportunità presenti a livello regionale, nazionale ed europeo;
- connettere i sistemi socio economici locali ad una rete più ampia (che interessa
anche il territorio oltre il parco e le altre aree protette limitrofe) generatrice di positive interdipendenze e feconde sinergie.
DEL SASSO SIMONE E SIMONCELLO
PIANO DEL PARCO
RELAZIONE - ALLEGATO "A"
SCHEDE UNITA' AMBIENTALI
UNITA' AMBIENTALI
Nel territorio del Parco (area protetta e area contigua) sono state individuate 14 unità ambientali. Il
criterio seguito per la loro determinazione è stato quello dell'omogeneità di matrice. Sono cioè state
considerate aree non omogenee di per se ma con un'omogeneità di rapporti tra gli elementi in essa
contenuti. Ad esempio un'area omogenea può essere una zona nella quale si trovano solo campi
coltivati, viceversa una zona con campi coltivati, nuclei di bosco più o meno estesi, aree arbustate
contiene degli elementi che stabiliscono tra loro , a vari livelli, dei rapporti, siamo cioè in presenza di
una matrice omogenea. Inoltre, aree con lo stesso tipo di matrice ma fisicamente separate sono andate
a costituire altrettante unità.
Per l'individuazione e la definizione cartografica di tali aree, è stata utilizzata come base la carta
fitosociologica la quale, evidenziando e delimitando le diverse tipologie vegetazionali esistenti, ha
consentito di valutare l'omogeneità e quindi l'individuazione delle aree omogenee.
Le unità individuate sono le seguenti:
1) UNITÀ AMBIENTALE 1. Questa unità è costituita prevalentemente dalla cerreta che si
sviluppa intorno ai Sassi Simone e Simoncello e si estende fino a comprendere quella parte di territorio compresa tra il fosso Paolaccio e la strada che dal Passo della Cantoniera porta a Pennabilli. Comprende anche il pascolo arbustato del Monte Canale.
Superficie complessiva dell'unità:
Sono presenti le seguenti tipologie vegetazionali:
A) Serie della faggeta mista basso-montana
Boschi:
- faggete miste con acero d'Ungheria (Acer obtusatum) e frassino maggiore Fraxinus excelsior) riferibili all'alleanza Euonymo latifolii-Fagion e all'associazione Fraxino excelsioris–Aceretum obtusati. Tali formazioni mesofile si rinvengono sui versanti freschi e rocciosi del Monte Simoncello a contatto con i boschi dell'associazione Centaureo montanae-Carpinetum betuli con i quali ha rapporti di tipo catenale (non dinamico). Struttura: ceduo invecchiato. Copertura percentuale:
B) Boschi basso-montani a nocciolo ed aceri (boschi: Agropyro canini-Coryletum avellanae)
Boschi:
- boschi a prevalenza di nocciòlo (Corylus avellana) ed aceri (Acer pseudoplatanus, A. obtusatum, A. campestre) e talvolta faggio (Fagus sylvatica) riferibili all'associazione Agropyro canini-Coryletum avellanae subass. fraxinetosum. Si rinvengono sui versanti ripidi dei monti Simoncello e Simone e forse sono in rapporto dinamico con la tipologia precedente di cui rappresentano probabilmente una sorta di pre-bosco. Struttura: ceduo invecchiato. Copertura percentuale:
C) Serie della cerreta basso-montana con carpino bianco
Boschi:
- boschi a prevalenza di cerro (Quercus cerris) e carpino bianco (Carpinus betulus) con acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), sorbo torminale (Sorbus torminalis), riferibile all'associazione Centaureo montanae-Carpinetum betuli.
Struttura: ceduo invecchiato con nuclei in cui sono stati realizzati interventi per l'avviamento all'alto fusto. Rappresentano la più estesa vegetazione climax dell'area. Copertura percentuale:
Arbusteti:
- arbusteti a prevalenza di ginepro comune (Juniperus communis) e prugnolo (Prunus spinosa), con biancospino (Crataegus monogyna e C.
oxyacantha), rosa (Rosa canina), pero selvatico (Pyrus pyraster). Tali formazioni sono riferibili all'ordine Prunetalia spinosae.
Copertura percentuale:
Praterie:
- prati mesofili (prati-pascolo o pascoli) caratterizzati da Cynosurus cristatus e Campanula glomerata con Bromus erectus, Festuca rubra, Trisetum flavescens, Trifolium repens, Lotus corniculatus, Lolium perenne, Rhinantus personatus, etc…. Vengono riferiti all'associazione Campanulo glomeratae–Cynosuretum christati. Si rinvengono in aree pianeggianti all'interno del bosco dell'associazione Centaureo montanae-Carpinetum betuli, con i quali sono in rapporto dinamico, su suoli profondi ed umiferi. Copertura percentuale:
D) Serie del querceto misto submontano-collinare con carpino nero
Boschi:
- boschi caducifogli misti con carpino nero (Ostrya carpinifolia), cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (A. campestre), roverella (Quercus pubescens s.l.) e carpino bianco (Carpinus betulus) e cerrete più o meno pure riferibili all'associazione Aceri obtusati–Quercetum cerris con numerose varianti e facies diverse. Tali formazioni sono rinvenibili in piccoli nuclei sparsi e vanno ad occupare le esposizioni meridionali calde su suolo per lo più supeficiale e argilloso. Struttura: nelle zone ricadenti all'interno del Poligono Militare la struttura è a ceduo invecchiato; altrove ceduo matricinato. Copertura percentuale:
Praterie:
- pascoli xerofili a prevalenza di Bromus erectus e Centaurea pannonica con Brachypodium rupestre, Ononis spinosa, Hippocrepis comosa, Eryngium amethystinum, etc…, riferibile all'associazione Centaureo bracteatae–Brometum erecti. Si rinvengono in nuclei di modesta estensione per lo più all'interno della cerreta o in posizione esterna, in aree degradate caratterizzate da suoli superficiali argillosi, soggete al pascolamento del bestiame;
Copertura percentuale:
E) Vegetazione dei pascoli xerofili su argille
- pascoli magri a prevalenza di Bromus erectus e Ononis masquillerii con Brachypodium rupestre e Leontodon leisseri. Sono riferibili all'associazione
Ononido masquillerii–Brometum erecti. Come i
precedenti, si rinvengono su ridotte superfici a contatto con i pascoli dell'associazione Centaureo bracteatae-Brometum erecti di cui rappresentano una forma di ulteriore degradazione.
F) Vegetazione dei calanchi argillosi e delle aree franose circostanti
- vegetazione dei calanchi argillosi caratterizzata da Podospermum canum e Plantago maritima, attribuita all'associazione Podospermo cani-Plantaginetum maritimae e delle aree argillose circostanti attribuibile agli ordini Halo-Agropyretalia e Agropyretalia repentis. Copertura percentuale:
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 1:
- fattori caratterizzanti: cerreta della Cantoniera, boschi rocciosi attorno
ai monti Simoncello e Simone, zone erose calanchiformi, zone umide;
- fattori qualificanti: monti Sasso Simone e Simoncello(area bioitaly),
boschi della Cantoniera di Carpegna (area floristica protetta L.R.52/74),
monte Simoncello (area floristica protetta L.R.52/74), specchi d'acqua nei
quali sono stati rinvenuti tritone crestato e/o punteggiato, sito di
ritrovamento del geotritone;
- fattori critici: attività svolta nel poligono militare, strade di
attraversamento, aree sensibili alla elevata fruizione turistica (area dei
Sassi), vie di accesso ad aree sensibili.
2) UNITÀ AMBIENTALE 2. Si estende nella zona compresa tra la strada che collega Bascio a
Miratoio e il confine meridionale dell'area contigua (strada Capriano-Ca' Bianchi).
Comprende le seguenti tipologie vegetazionali:
A) Serie del querceto misto submontano-collinare con carpino nero
Boschi:
- boschi caducifogli misti a dominanza di carpino nero (Ostrya
carpinifolia) con cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), roverella (Quercus pubescens) e talvolta carpino bianco (Carpinus betulus), o cerrete più o meno pure. Vengono riferiti all'associazione Aceri obtusati-Quercetum cerris in diverse varianti e facies. Occupano superfici di modeste dimensioni nei versanti freschi esposti a settentrione. Struttura: ceduo.
Arbusteti:
- nuclei di arbusteti a dominanza di citiso a fogile sessili (Cytisus sessilifolius) con ginepro comune (Juniperus communis) biancospino (Crataegus monogyna) etc. Sono riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii.
Praterie:
- è presente sopra a Miratoio una piccola superficie a pascolo caratterizzata da Bromus erectus e Centaurea bracteata con forte presenza di Brachypodium rupestre, riferibile all'associazione Centaureo bracteatae-Brometum erecti.
Copertura percentuale:
B) Serie del querceto collinare-submontano
Boschi:
- boschi caducifogli termofili a dominanza di roverella (Quercus pubescens s.l.) con orniello (Fraxinus ornus) e sorbo domestico (Sorbus domestica) a volte con nuclei a prevalenza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) o cerro (Quercus cerris). Vengono riferiti all'associazione Peucedano cervariae-Quercetum pubescentis. Si rinvengono nei settori più meridionali a contatto con i boschi della serie della cerreta submontana collinare con carpino nero ma nelle esposizioni più calde. Tra le due tipologie boschive non esistono rapporti dinamici ma di solo contatto.
Struttura: ceduo
Arbusteti:
- arbusteti termofili di modesta estensione a dominanza di ginestra (Spartium junceum) e talvolta mista a rovo (Rubus ulmifolius) ligustro (Ligustrum vulgare) e sanguinella (Cornus sanguinea), riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii.
C) Aree agricole:
- Interessano gran parte della superficie di questa unità. Si tratta di colture collinari, basso montane e submontane rappresentate soprattutto da prati da sfalcio di durata pluriennale, generalmente in rotazione con colture cerealicole e medicai.
Copertura percentuale:
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 2:
3) UNITÀ AMBIENTALE 3. E' delimitata a sud dalla strada che congiunge Bascio a Miratoio,
include il bosco del Poggio di Miratoio. A nord è delimitato dal Torrente Storena fino all'altezza di
Ca' Romano, prosegue delimitando i boschi fino a Ca' la Petra. E' costituita quasi esclusivamente da
boschi misti di latifoglie con piccole superfici coltivate e piccoli nuclei di bosco a prevalenza di
roverella.
Sono presenti le seguenti tipologie vegetazionali:
A) Serie del querceto misto submontano-collinare con carpino nero
Boschi:
- boschi caducifogli misti a dominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) con cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), roverella (Quercus pubescens) e talvolta carpino bianco (Carpinus betulus), o cerrete più o meno pure. Vengono riferiti all'associazione Aceri obtusati-Quercetum cerris in diverse varianti e facies.
Struttura: ceduo Copertura percentuale:
B) Serie dei querceti collinari-submontani
Boschi:
- boschi caducifogli termofili a dominanza di roverella (Quercus pubescens s.l.) con orniello (Fraxinus ornus) e sorbo domestico (Sorbus domestica) a volte con nuclei a prevalenza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) o cerro (Quercus cerris). Vengono riferiti all'associazione Peucedano cervariae-Quercetum pubescentis. SI rinviene a contatto con le formazioni boschive precedenti, con le quali ha solo rapporti di tipo catenale, ma occupa i versanti più caldi su substarti più superficiali. Struttura: ceduo Copertura percentuale:
C) Aree agricole:
- Si tratta di colture collinari, basso montane e submontane rappresentate soprattutto da prati da sfalcio di durata pluriennale, generalmente in rotazione con colture cerealicole e medicai.
Copertura percentuale:
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 3:
4) UNITÀ AMBIENTALE 4. Si estende tra il margine sud-est della cerreta e il Monte Cassinelle; a
sud è delimitata dal confine regionale fino al Monte Tagiura; a nord il suo limite coincide con il
confine del Poligono Militare. E' costituita prevalentemente da pascoli arbustati, nuclei di bosco
(cerreta e querceti) e di rimboschimenti di conifere, da arbusteti di ragguardevoli dimensioni e da aree
calanchive. Comprende le seguenti tipologie vegetazionali:
A) Serie della cerreta basso-montana con carpino bianco
Boschi: -
boschi mesofili a prevalenza di cerro (Quercus cerris) e carpino bianco
(Carpinus betulus) con acero d'Ungheria (Acer obtusatum) e sorbo torminale (Sorbus torminalis), riferibili all'associazione Centaureo montanae-Carpinetum betuli. Si rinvengono in piccoli nuclei in situazioni di impluvio o lungo i versanti più freschi ed ombreggiati esposti a nord-nordovest.
Struttura:
Copertura percentuale:
Arbusteti:
- arbusteti a prevalenza di ginepro comune (Juniperus communis) e prugnolo (Prunus spinosa), con biancospino (Crataegus monogyna e C. oxyacantha), rosa (Rosa canina), pero selvatico (Pyrus pyraster). Tali formazioni sono riferibili all'ordine di vegetazione Prunetalia spinosae;
Copertura percentuale:
B) Boschi basso-montani a nocciolo ed aceri
Boschi:
- boschi a prevalenza di nocciolo (Corylus avellana) con aceri (Acer pseudoplatanus, A. obtusatum, A. campestre) e frassino (Fraxinus excelsior), riferibili all'associazione Agropyro canini-Coryletum avellanae subass. fraxinetosum. Si rinvengono lungo i pendii ad esposizione settentrionale su suoli detritici freschi.
C) Serie del querceto misto submontano-collinare con carpino nero
Boschi:
- boschi caducifogli misti a dominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) con cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), roverella (Quercus pubescens) e talvolta carpino bianco (Carpinus betulus), o cerrete più o meno pure. Vengono riferiti all'associazione Aceri obtusati-Quercetum cerris in diverse varianti e facies. Si rinvengono in formazioni boschive residuali tra i coltivi nelle aree di impluvio esposti a settentrione. Struttura:
Praterie:
- pascoli xerofili a prevalenza di Bromus erectus e Centaurea pannonica con Brachypodium rupestre, Ononis spinosa, Hippocrepis comosa, Eryngium amethystinum, etc…, riferibile all'associazione Centaureo bracteatae–Brometum erecti.
Copertura percentuale:
D) Serie dei querceti collinari-submontani
Boschi:
- boschi caducifogli termofili a dominanza di roverella (Quercus pubescens s.l.) con orniello (Fraxinus ornus) e sorbo domestico (Sorbus domestica) a volte con nuclei a prevalenza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) o cerro (Quercus cerris) riferibili all'associazione Peucedano cervariae-Quercetum pubescentis. Si tratta di piccoli lembi boschivi in fase di recupero dinamico situati nei versanti caldi ed assolati ad esposizione meridionale.
Arbusteti:
- arbusteti termofili a prevalenza di ginestra (Sparium junceum) talvolta con rovo (Rubus ulmifolius), ligustro (Ligustrum vulgare) e sanguinella (Cornus sanguinea), riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii.
Copertura percentuale:
E) Rimboschimenti: - piccole superfici interessate da rimboschimenti di conifere a prevalenza di pino
nero (Pinus nigra) di recente impianto.
Copertura percentuale:
F) Vegetazione dei pascoli xerici su argilla
Praterie:
- pascoli magri e degradati a prevalenza di Bromus erectus e Ononis masquillerii con Brachypodium rupestre e Leontodon leisseri riferibili all'associazione Ononido masquillerii–Brometum erecti rinvenibili in aree argillose a pendenza accentuata e sottoposte a erosione idrica. Copertura percentuale:
G) Vegetazione dei calanchi argillosi: caratterizzata da Podospermum canum e Plantago maritima,
attribuita all'associazione Podospermo cani-Plantaginetum maritimae. Costituisce uno stadio di maggior degrado del precedente, in situazioni di erosione idrica intensa.
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 4:
5) UNITÀ AMBIENTALE 5. Si estende dal confine orientale dell'area contigua da Frontino a
Viano, segue a sud il limite dell'area contigua fino a Rio Maggio; a ovest è delimitata dal confine
dell'area protetta dal Colle a San Sisto. Il limite settentrionale è rappresentato dai boschi lungo il
Torrente Mutino e i suoi affluenti. E' costituita prevalentemente da aree coltivate con nuclei più o
meno estesi di boschi caducifogli misti e piccole superfici rimboschite in prossimità dei centri abitati e
alcuni nuclei di boschi termofili a prevalenza di roverella:
A) Serie del querceto misto submontano-collinare con carpino nero
Boschi:
- boschi caducifogli misti a dominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) con cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), roverella (Quercus pubescens) e talvolta carpino bianco (Carpinus betulus), o cerrete più o meno pure riferiti all'associazione Aceri obtusati-Quercetum cerris in diverse varianti e facies. Vanno ad occupare i versanti più freschi per lo più ad esposizione settentrionsle.
Arbusteti:
- nuclei di arbusteti a dominanza di citiso a fogile sessili (Cytisus sessilifolius) con ginepro comune (Juniperus communis) biancospino (Crataegus monogyna) etc riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii.
Copertura percentuale:
B) Serie dei querceti collinari-submontani
Boschi:
- boschi caducifogli termofili a dominanza di roverella (Quercus pubescens s.l.) con orniello (Fraxinus ornus) e sorbo domestico (Sorbus domestica) a volte con nuclei a prevalenza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) o cerro (Quercus cerris) riferiti all'associazione Peucedano cervariae-Quercetum
pubescentis. Si rinvengono a contatto con i precedenti su suoli più superficiali e lungo i versanti più caldi ed assolati esposti a sud.
Arbusteti:
- arbusteti termofili a prevalenza di ginestra (Spartium junceum) talvolta con rovo (Rubus ulmifolius), ligustro (Ligustrum vulgare) e sanguinella (Cornus sanguinea), riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii.
Copertura percentuale:
C) Rimboschimenti:
- rimboschimenti di conifere a prevalenza di pino nero (Pinus nigra).
D) Aree agricole:
- Interessano gran parte della superficie di questa unità. Si tratta di colture collinari, basso montane e submontane rappresentate soprattutto da prati da sfalcio di durata pluriennale, generalmente in rotazione con colture cerealicole e medicai.
Copertura percentuale:
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 5:
6) UNITÀ AMBIENTALE 6. E' delimitata a nord dal rimboschimento del Monte Carpegna e dal
crinale che collega Pietrafagnana alla zona di Montale; a est dal confine dell'area contigua da
Pietrafagnana a Frontino; a sud dai boschi lungo il Torrente Mutino e dal limite del Poligono Militare;
a ovest dalla cerreta della Cantoniera.
E' costituita prevalentemente da zone agricole collinari e submontane con nuclei di bosco e arbusteti.
Tipologie vegetazionali presenti:
A) Serie della cerreta basso-montana con carpino bianco
Boschi:
- boschi mesofili a prevalenza di cerro (Quercus cerris) e carpino bianco
(Carpinus betulus) con acero d'Ungheria (Acer obtusatum) e sorbo
torminale (Sorbus torminalis), riferibili all'associazione Centaureo
montanae-Carpinetum betuli.
Arbusteti:
- piccoli nuclei di arbusteti a prevalenza di ginepro comune (Juniperus communis) e prugnolo (Prunus spinosa) con biancospino (Crataegus monogyna e C. laevigata) rosa (Rosa canina) e pero selvatico (Pyrus pyraster), riferibili all'ordine di vegetazione Prunetalia spinosae.
Copertura percentuale:
B) Serie del querceto misto submontano-collinare con carpino nero
Boschi:
- boschi caducifogli misti a dominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) con cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), roverella (Quercus pubescens) e talvolta carpino bianco (Carpinus betulus), o cerrete più o meno pure. Vengono riferiti all'associazione Aceri obtusati-Quercetum cerris in diverse varianti e facies. Si rinvengono in superfici molto ridotte a contatto con i boschi a cerro e carpino nero e con i querceti di roverella andando ad ocupare i versanti più freschi su suoli calcareo-marnosi.
Arbusteti:
- nuclei di arbusteti a dominanza di citiso a foglie sessili (Cytisus sessilifolius) con ginepro comune (Juniperus communis) biancospino (Crataegus monogyna) etc. Sono riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii.
Copertura percetuale:
C) Serie dei querceti collinari-submontani
Boschi:
- boschi caducifogli termofili a dominanza di roverella (Quercus pubescens s.l.) con orniello (Fraxinus ornus) e sorbo domestico (Sorbus domestica) a volte con nuclei a prevalenza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) o cerro (Quercus cerris) riferibili all'associazione Peucedano cervariae-Quercetum pubescentis. Rappresentano le situazioni di maggior aridità edafica.
Arbusteti:
- arbusteti termofili di modesta estensione a dominanza di ginestra (Spartium junceum) e talvolta mista a rovo (Rubus ulmifolius) ligustro (Ligustrum vulgare) e sanguinella (Cornus sanguinea), riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii.
Copertura percentuale:
D) Aree agricole:
- Interessano gran parte della superficie di questa unità. Si tratta di colture collinari, basso montane e submontane rappresentate soprattutto da prati da sfalcio di durata pluriennale, generalmente in rotazione con colture cerealicole e medicai.
Copertura percentuale:
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 6:
7) UNITÀ AMBIENTALE 7. E' rappresentata dal grande rimboschimento del versante sud del
Monte Carpegna. Tipologie vegetazionali presenti:
A) Boschi:
- rimboschimento a prevalenza di pino nero (Pinus nigra) con abete greco (Abies cephalonica) abete rosso (Picea abies), abete bianco (Abies alba), larice (Larix decidua) e cedri (Cedrus sp. pl.); tra le latifoglie utilizzate: ontano napoletano (Alnus cordata) e frassino maggiore (Fraxinus excelsior) etc. rinvenibili lungo i canaloni più o meno profondi. Occupano l'area potenziale della faggeta fino a circa 900-1000 m s.l.m. e degli ostrieti e querceti della fascia sottostante.
Copertura percentuale:
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 7:
8) UNITÀ AMBIENTALE 8. Zona prevalentemente agricola, delimitata a sud dal Torrente Storena,
a est-sud est dalla cerreta della Cantoniera e dai boschi che vanno da Monte Canale al Monte Palazzolo. Tipologie vegetazionali presenti:
A) Serie del querceto misto submontano-collinare con carpino nero
Boschi:
- boschi caducifogli misti a dominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) con cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), roverella (Quercus pubescens) e
talvolta carpino bianco (Carpinus betulus), o cerrete più o meno pure. Vengono riferiti all'associazione Aceri obtusati-Quercetum cerris in diverse varianti e facies. Rappresentano formazioni boschive residuali lungo gli impluvi e i pendii più ripidi ad esposizione settentrionale.
Arbusteti:
- formazioni arbustive di ridotta estensione a dominanza di citiso a fogile sessili (Cytisus sessilifolius) con ginepro comune (Juniperus communis) biancospino (Crataegus monogyna) etc. Sono riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii.
Copertura percentuale:
Praterie:
- pascoli xerofili a prevalenza di Bromus erectus e Centaurea pannonica con Brachypodium rupestre, Ononis spinosa, Hippocrepis comosa, Eryngium amethystinum, etc…, riferibile all'associazione Centaureo bracteatae–Brometum erecti.
Copertura percentuale:
- pascoli magri di ridottissima estensione a prevalenza di Bromus erectus e Ononis masquillerii con Brachypodium rupestre e Leontodon leisseri. Sono riferibili all'associazione Ononido masquillerii–Brometum erecti. Derivano per degradazione dai precedenti su suoli argillosi. Copertura percentuale:
B) Serie dei querceti collinari-submontani
Boschi:
- boschi caducifogli termofili a dominanza di roverella (Quercus pubescens s.l.) con orniello (Fraxinus ornus) e sorbo domestico (Sorbus domestica) a volte con nuclei a prevalenza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) o cerro (Quercus cerris) riferiti all'associazione Peucedano cervariae-Quercetum pubescentis. Anche in questo caso si tratta di formazioni aperte e residuali in condizioni di aridità edafica ad esposizione meridionale.
C) Rimboschimenti:
- piccoli nuclei di rimboschimento di conifere a prevalenza di pino nero (Pinus nigra) e di abete rosso (Picea abies).
Copertura percentuale:
D) Arbusteti:
- arbusteti a prevalenza di ginepro comune (Juniperus communis) e prugnolo (Prunus spinosa), con biancospino (Crataegus monogyna e C. oxyacantha), rosa (Rosa canina), pero selvatico (Pyrus pyraster). Tali formazioni sono riferibili all'ordine di vegetazione Prunetalia spinosae. Non sembrano in rapporto dinamico con le formazioni arbustive dell'unità descritta.
Copertura percentuale:
E) Aree agricole:
- Interessano gran parte della superficie di questa unità. Si tratta di colture collinari, basso montane e submontane rappresentate soprattutto da prati da sfalcio di durata pluriennale, generalmente in rotazione con colture cerealicole e medicai.
Copertura percentuale:
F) Vegetazione delle rupi
vegetazione steppica su litosuolo costituita da Sedum album e Petrorhagia saxifraga con Convolvulus cantabrica, Trifolium scabrum, Erodium
malacoides etc., presente sulle rupi di Pennabilli. Tale vegetazione è riferibile all'ordine di vegetazione Thero-Brachypodietalia.
G) Vegetazione dei calanchi argillosi e delle aree franose circostanti
- vegetazione dei calanchi argillosi caratterizzata da Podospermum canum e Plantago maritima, attribuita all'associazione Podospermo cani-Plantaginetum maritimae e delle aree argillose circostanti attribuibile agli ordini Halo-Agropyretalia e Agropyretalia repentis.
Copertura percentuale:
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 8:
9) UNITÀ AMBIENTALE 9. Comprende i boschi che si estendono dal versante N del Monte Canale
fino al Monte Palazzolo.
Tipologie vegetazionali presenti:
A) Serie della faggeta medio-montana
Boschi:
- faggeta d'alto fusto con acero di monte (Acer pseudoplatanus) e sporadicamente con acero riccio (A. platanoides), e nei pressi di Fontana di Giorgio con tasso (Taxus baccata) riferibile all'alleanza Fagion sylvaticae. Rappresentano i boschi climatici del piano montano.
Struttura: ceduo.
B) Serie della faggeta mista basso-montana
Boschi:
- faggete miste con Acer obtusatum, frassino maggiore (Fraxinus excelsior) riferibili all'associazione Fraxino excelsioris–Aceretum obtusati; si rinvengono su suoli profondi bruni su substrato flysch calcareo-marnoso.
C) Boschi misti di latifoglie basso-montani, a carpino nero, faggio, nocciolo ed aceri
Boschi:
- complessi di boschi mesofili a latifoglie miste con carpino nero (Ostrya carpinifolia), faggio (Fagus sylvatica), nocciolo (Corylus avellana), acero d'ungheria (Acer obtusatum), oppio (A. campestre). Associazioni vegetali di riferimento: Staphyleo pinnatae–Fagetum sylvaticae nelle subass. calamagrostidetorum e carpinetosum,
Seslerio italicae–Ostryetum
carpinifoliae; Agropyro–Coryletum subass. staphyletosum e festucetosum gigantae. Si rinvengono nel piano altitudinale sottostante la serie del faggio con cui sono in rapporto dinamico.
Arbusteti:
- arbusteti a prevalenza di ginepro comune (Juniperus communis) e prugnolo (Prunus spinosa), con biancospino (Crataegus monogyna e C. oxyacantha), rosa (Rosa canina), pero selvatico (Pyrus pyraster). Tali formazioni sono riferibili all'ordine di vegetazione Prunetalia spinosae.
Copertura percentuale:
D) Boschi basso-montani a nocciolo ed aceri
Boschi:
- boschi a prevalenza di nocciòlo (Corylus avellana) ed aceri (Acer pseudoplatanus, A. obtusatum, A. campestre) e talvolta faggio (Fagus
sylvatica) riferibili all'associazione Agropyro canini-Coryletum avellanae subass. fraxinetosum. Si rinvengono su suoli detritici freschi lungo i versanti esposti a nord nelle propaggini più settentrionali del Monte Carpegna sopra al Lago di Andreuccio.
E) Serie del querceto misto submontano-collinare con carpino nero
Boschi:
- boschi caducifogli misti a dominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) con cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), roverella (Quercus pubescens) e talvolta carpino bianco (Carpinus betulus), o cerrete più o meno pure. Vengono riferiti all'associazione Aceri obtusati-Quercetum cerris in diverse varianti e facies. Occupano la fascia sottostante i boschi di faggio con cui sono in rapporto catenale.
Arbusteti:
- formazioni arbustive di ridotta estensione a dominanza di citiso a fogile sessili (Cytisus sessilifolius) con ginepro comune (Juniperus communis) biancospino (Crataegus monogyna) etc. Sono riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii.
Copertura percentuale:
Praterie:
- pascoli xerofili a prevalenza di Bromus erectus e Centaurea pannonica con Brachypodium rupestre, Ononis spinosa, Hippocrepis comosa, Eryngium amethystinum, etc…, riferibile all'associazione Centaureo bracteatae–Brometum erecti.
Copertura percentuale:
F) Serie dei querceti collinari-submontani
Boschi:
- boschi caducifogli termofili a dominanza di roverella (Quercus pubescens s.l.) con orniello (Fraxinus ornus) e sorbo domestico (Sorbus domestica) a volte con nuclei a prevalenza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) o cerro (Quercus cerris) riferibili all'associazione Peucedano cervariae-Quercetum pubescentis. Occupano i versanti caratterizzati da una certa umidità edafica:
G) Vegetazione dei detriti:
- vegetazione dei detriti calcareo-marnosi a prevalenza di Sesleria nitida var. italica riferibile all'associazione Valeriano montanae-Seslerietum italicae.
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 9:
10) UNITÀ AMBIENTALE 10. Zona prevalentemente agricola che si estende da Pietrafagnana Sud
fino fino a Villagrande a Nord. A ovest è delimitata dalla Costa dei Salti e zona sottostante. Mentre a
Est segue il confine dell'area contigua fino a Monterotto.
Comprende le seguenti tipologie vegetazionali:
A) Serie del querceto misto submontano-collinare con carpino nero
Boschi:
- boschi caducifogli misti a dominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) con cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), roverella (Quercus pubescens) e talvolta carpino bianco (Carpinus betulus), o cerrete più o meno pure. Vengono riferiti all'associazione Aceri obtusati-Quercetum cerris in diverse varianti e facies e si rinvengono lungo gli impluvi o sui pendii più ripidi esposti a nord.
Praterie:
- pascoli xerofili a prevalenza di Bromus erectus e Centaurea pannonica con Brachypodium rupestre, Ononis spinosa, Hippocrepis comosa, Eryngium amethystinum, etc…, riferibile all'associazione Centaureo bracteatae–Brometum erecti.
- Copertura percentuale:
B) Serie dei querceti collinari-submontani
Boschi:
- boschi caducifogli termofili a dominanza di roverella (Quercus pubescens s.l.) con orniello (Fraxinus ornus) e sorbo domestico (Sorbus domestica) a volte con nuclei a prevalenza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) o cerro (Quercus cerris). Vengono riferiti all'associazione Peucedano cervariae-Quercetum pubescentis, rinvenibili in situazioni marginali, sui versanti aridi e scoscesi esposti a sud, con suoli superficiali.
Arbusteti:
- arbusteti termofili a dominanza di ginestra (Spartium junceum) e talvolta mista a rovo (Rubus ulmifolius) ligustro (Ligustrum vulgare) e sanguinella (Cornus sanguinea), riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii.
Copertura percentuale:
C) Vegetazione dei pascoli magri su argille
Praterie:
- pascoli magri a prevalenza di Bromus erectus e Ononis masquillerii con Brachypodium rupestre e Leontodon leisseri. Sono riferibili all'associazione Ononido masquillerii–Brometum erecti.
Copertura percentuale:
D) Arbusteti:
- formazioni arbustive a prevalenza di ginepro comune (Juniperus communis) e prugnolo (Prunus spinosa), con biancospino (Crataegus monogyna e C. oxyacantha), rosa (Rosa canina), pero selvatico (Pyrus pyraster). Tali formazioni sono riferibili all'ordine di vegetazione Prunetalia spinosae. Non sono in rapporto dinamico con i boschi dell'unità 10.
Copertura percentuale:
E) Vegetazione delle aree calanchive:
- vegetazione dei calanchi argillosi caratterizzata da Podospermum canum e Plantago maritima, attribuita all'associazione Podospermo cani-Plantaginetum maritimae. Rappresentano uno stadio di maggior erosione dei precedenti pascoli. Copertura percentuale:
F) Aree agricole:
- Interessano gran parte della superficie di questa unità. Si tratta di colture collinari, basso montane e submontane rappresentate soprattutto da prati da sfalcio di durata pluriennale, generalmente in rotazione con colture cerealicole e medicai. Copertura percentale:
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 10:
11) UNITÀ AMBIENTALE 11. Area sommitale del Monte Carpegna costituita prevalentemente da
estesi pascoli mesofili e zone agricole basso-montane e sub-montane.
Tipologie vegetazionali presenti:
A) Serie della faggeta medio-montana
Boschi:
- faggeta d'alto fusto con acero di monte (Acer pseudoplatanus) e sporadicamente con acero riccio (A. platanoides), e nei pressi di Fontana di Giorgio con tasso (Taxus baccata). Riferibile all'alleanza Fagion sylvaticae;
Struttura: Alto fusto
Praterie:
- prati mesofili (prati-pascolo) caratterizzati da Cynosurus cristatus e Campanula glomerata con Bromus erectus, Festuca rubra, Trisetum flavescens, Trifolium repens, Lotus corniculatus, Lolium perenne, Rhinantus personatus, etc…. Vengono riferiti all'associazione Campanulo glomeratae–Cynosuretum christati;
B) Boschi misti di latifoglie basso-montani, a carpino nero, faggio, nocciolo ed aceri.
Boschi:
- complessi di boschi mesofili a latifoglie miste con carpino nero (Ostrya carpinifolia), faggio (Fagus sylvatica), nocciolo (Corylus avellana), acero d'ungheria (Acer obtusatum), oppio (A. campestre). Associazioni vegetali di riferimento: Staphyleo pinnatae–Fagetum sylvaticae nelle subass. calamagrostidetorum e carpinetosum,
Seslerio italicae–Ostryetum
carpinifoliae; Agropyro–Coryletum subass. staphyletorum e festucetosum gigantae;
Struttura: Copertura
C) Serie del querceto misto submontano-collinare con carpino nero
Boschi:
- boschi caducifogli misti a dominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) con cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), roverella (Quercus pubescens) e talvolta carpino bianco (Carpinus betulus), o cerrete più o meno pure. Vengono riferiti all'associazione Aceri obtusati-Quercetum cerris in diverse varianti e facies; occupano le situazioni di impluvio ad esposizione nord.
Arbusteti:
- formazioni arbustive a prevalenza di citiso a fogile sessili (Cytisus sessilifolius) con ginepro comune (Juniperus communis) biancospino (Crataegus monogyna) etc. Sono riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii.
Copertura percentuale:
Praterie:
- pascoli xerofili a prevalenza di Bromus erectus e Centaurea pannonica con Brachypodium rupestre, Ononis spinosa, Hippocrepis comosa, Eryngium amethystinum, etc…, riferibile all'associazione Centaureo bracteatae–Brometum erecti.
Copertura percentuale:
D) Serie dei querceti collinari-submontani
Boschi:
- boschi caducifogli termofili dei versanti esposti a sud su suoli8 superficiali ed aridi, a dominanza di roverella (Quercus pubescens s.l.) con orniello (Fraxinus ornus) e sorbo domestico (Sorbus domestica) a volte con nuclei a prevalenza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) o cerro (Quercus cerris). Vengono riferiti all'associazione Peucedano cervariae-Quercetum pubescentis.
Arbusteti:
- arbusteti termofili di modesta estensione a dominanza di ginestra (Spartium junceum) e talvolta mista a rovo (Rubus ulmifolius) ligustro (Ligustrum vulgare) e sanguinella (Cornus sanguinea), riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii;
E) Rimboschimenti:
- rimboschimenti a pino nero (Pinus nigra) e abete rosso (Picea abies).
F) Versanti erosi:
- pareti rocciose con vegetazione scarsa, non precisata.
G) Aree agricole:
- colture basso montane e submontane rappresentate soprattutto da prati da sfalcio di durata pluriennale, saltuariamente in rotazione con colture cerealicole.
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 11:
12) UNITÀ AMBIENTALE 12. Zona caratterizzata dalla presenza di superfici coltivate di una certa
entità frammiste a superfici boscate e arbustate di dimensioni ragguardevoli. Si estende da Villagrande
a Pugliano. E' delimitata a Est e Ovest dai confini dell'area contigua.
Tipologie vegetazionali presenti:
A) Serie della faggeta mista basso-montana
Boschi:
- faggete miste termofile submontane riferibili all'associazione Polysticho setiferi-Fagetum della suballeanza Euonymo latifoliae-Fagenion. Si rinvengono lungo il versante settentrionale del Monte Montone.
Struttura: Copertura
B) Boschi misti di latifoglie basso-montani, a carpino nero, faggio, nocciolo ed aceri.
Boschi: -
complessi di boschi mesofili a latifoglie miste con carpino nero (Ostrya
carpinifolia), faggio (Fagus sylvatica), nocciolo (Corylus avellana), acero d'ungheria (Acer obtusatum), oppio (A. campestre). Associazioni vegetali di riferimento: Staphyleo pinnatae–Fagetum sylvaticae nelle subass.
calamagrostidetorum e carpinetosum,
Seslerio italicae–Ostryetum
carpinifoliae; Agropyro–Coryletum subass. staphyletosum e festucetosum gigantae. Si rinvengono a contatto con i precedenti boschi ma in condizioni di minor acclività e ad esposizione nord-orientale.
Struttura: Copertura
C) Serie della cerreta basso-montana con carpino bianco
Boschi:
- boschi a prevalenza di cerro (Quercus cerris) e carpino bianco (Carpinus betulus) con acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), sorbo torminale (Sorbus torminalis), riferibile all'associazione Centaureo montanae-Carpinetum betuli.
Struttura: Copertura
Arbusteti:
- arbusteti a prevalenza di ginepro comune (Juniperus communis) e prugnolo (Prunus spinosa), con biancospino (Crataegus monogyna e C. oxyacantha), rosa (Rosa canina), pero selvatico (Pyrus pyraster). Tali formazioni sono riferibili all'ordine di vegetazione Prunetalia spinosae.
D) Serie del querceto misto submontano-collinare con carpino nero
Boschi:
- boschi caducifogli misti a dominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) con cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), roverella (Quercus pubescens) e talvolta carpino bianco (Carpinus betulus), o cerrete più o meno pure. Vengono riferiti all'associazione Aceri obtusati-Quercetum cerris in diverse varianti e facies.
Praterie:
- pascoli xerofili a prevalenza di Bromus erectus e Centaurea pannonica con Brachypodium rupestre, Ononis spinosa, Hippocrepis comosa, Eryngium amethystinum, etc…, riferibile all'associazione Centaureo bracteatae–Brometum erecti;
E) Rimboschimenti:
- rimboschimenti di conifere a prevalenza di pino nero (Pinus nigra) e abete rosso (Picea abies).
Copertura percentuale:
F) Aree agricole:
- colture basso montane e submontane rappresentate soprattutto da prati da sfalcio di durata pluriennale, saltuariamente in rotazione con colture cerealicole.
Copertura percentuale:
G) Rupi:
- vegetazione steppica su litosuolo costituita da Sedum album e Petrorhagia saxifraga con Convolvulus cantabrica, Trifolium scabrum, Erodium malacoides etc., presente sulle rupi di Pennabilli. Tale vegetazione è riferibile all'ordine di vegetazione Thero-Brachypodietalia.
Copertura percentuale:
H) Ghiaioni:
- vegetazione moderatamente nitrofila di macereto calcareo con Hedera helix, Arabis turrita, Geranium purpureum, Galeopsis angustifolia;
Copertura percentuale:
I) Versanti erosi:
- pareti rocciose con vegetazione scarsa, non precisata.
Copertura percentuale:
L) Aree calanchive:
- vegetazione dei calanchi argillosi caratterizzata da Podospermum canum e Plantago maritima, attribuita all'associazione Podospermo cani-Plantaginetum maritimae.
Copertura percentuale:
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 12:
13) UNITÀ AMBIENTALE 13: zona di penetrazione di elementi naturali nel sistema agricolo.
Vegetazione boschiva lungo il Fosso Seminico e il Torrente Mutino e i loro affluenti e sulle scarpate scoscese, costituita da boschi caducifogli misti a prevalenza di carpino nero o da cerrete pure e da boschi termofili a prevalenza di roverella. Nel letto dei corsi d'acqua è presente una vegetazione più strettamente igrofila caratterizzata da salici e pioppi.
A) Serie del querceto misto submontano-collinare con carpino nero
Boschi:
- boschi caducifogli misti a dominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) con cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), roverella (Quercus pubescens) e talvolta carpino bianco (Carpinus betulus), o cerrete più o meno pure. Vengono riferiti all'associazione Aceri obtusati-Quercetum cerris in diverse varianti e facies. Si rinvengono come fasce boscate lungo gli impluvi nel versante esposto a nord.
Struttura: Copertura
B) Serie dei querceti collinari-submontani
Boschi:
- boschi caducifogli termofili a dominanza di roverella (Quercus pubescens s.l.) con orniello (Fraxinus ornus) e sorbo domestico (Sorbus domestica) a volte con nuclei a prevalenza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) o cerro (Quercus cerris). Vengono riferiti all'associazione Peucedano cervariae-Quercetum pubescentis. Come i boschi precedenti, si rinvengono lungo gli impluvi ma nel versante esposto a sud.
Arbusteti:
- arbusteti termofili di modesta estensione a dominanza di ginestra (Spartium junceum) e talvolta mista a rovo (Rubus ulmifolius) ligustro (Ligustrum vulgare) e sanguinella (Cornus sanguinea), riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii.
Copertura percentuale:
C) Boschi igrofili
Boschi:
boschi igrofili a prevalenza di salici e pioppi sui terrazzi più bassi dei corsi d'acqua, riferibili all'alleanza Salicion albae
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 13:
14) UNITÀ AMBIENTALE 14: Costa dei Salti: zona a forte pendenza con aree erose e aree
boscatesituata sul versante SE del Monte Carpegna. E' interessata da nuclei di vegetazione arbustiva a citiso a foglie sessili e formazioni erbacee pioniere a Brachypodium rupestre e Sesleria italica. Nelle zone a minor pendenza e non fortemente erose è presente una vegetazione boschiva a prevalenza di roverella, nuclei di boschi caducifogli mesofili a dominanza di carpino nero e superfici rimboschite a pino nero.
A) Serie del querceto misto submontano-collinare con carpino nero
Boschi:
- boschi caducifogli misti a dominanza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) con cerro (Quercus cerris), orniello (Fraxinus ornus), acero d'Ungheria (Acer obtusatum), oppio (Acer campestre), roverella (Quercus pubescens) e talvolta carpino bianco (Carpinus betulus), o cerrete più o meno pure. Vengono riferiti all'associazione Aceri obtusati-Quercetum cerris in diverse varianti e facies. Occupano i versanti più freschi, su suoli profondi.
Struttura: Copertura
B) Serie dei querceti collinari-submontani
Boschi:
- boschi caducifogli termofili a dominanza di roverella (Quercus pubescens s.l.) con orniello (Fraxinus ornus) e sorbo domestico (Sorbus domestica) a volte con nuclei a prevalenza di carpino nero (Ostrya carpinifolia) o cerro (Quercus cerris). Vengono riferiti all'associazione Peucedano cervariae-Quercetum pubescentis. Occupano i versanti con suolo superficiale, in condizioni di aridità edafica accentuata.
Arbusteti:
- arbusteti termofili di modesta estensione a dominanza di ginestra (Spartium junceum) e talvolta mista a rovo (Rubus ulmifolius) ligustro (Ligustrum vulgare) e sanguinella (Cornus sanguinea), riferibili all'alleanza Cytision sessilifolii.
Copertura percentuale:
C) Rimboschimenti:
- rimboschimenti di conifere a prevalenza di pino nero (Pinus nigra) e abete rosso (Picea abies).
Copertura percentuale:
D) Costa dei Salti:
versante precipite del Carpegna (flysch calcareo), prevalentemente eroso, con tratti di vegetazione arbustiva a Cytisus sessilifolius, di pratelli a Brachypodium rupestre e probabilmente anche di vegetazione a Sesleria nitida var. italica.
Copertura percentuale:
Fattori caratterizzanti, qualificanti e critici presenti nell'unità 14:
DEL SASSO SIMONE E SIMONCELLO
PIANO DEL PARCO
RELAZIONE - ALLEGATO "B"
ELENCO SPECIE FLORISTICHE
ELENCO DELLE SPECIE FLORISTICHE DA PROTEGGERE:
Al fine di conservare la biodiversità vegetale del Parco, viene di seguito riportato un elenco
di entità floristiche da proteggere. Sono state indicate specie rare, specie vistose, specie di cui viene praticata una raccolta indiscriminata per scopi alimentari e officinali, specie un tempo comuni ma attualmente in via di scomparsa. Per tali specie dovrebbe essere vietati la raccolta e il danneggiamento in tutto il territorio del Parco, compresa l'area e contigua e quindi anche al di fuori delle aree espressamente sottoposte a vincolo dal Piano del Parco.
Tale elenco deve considerarsi comunque non definitivo in quanto potrebbe essere integrato
con altre specie non ancora rinvenute per il territorio del Parco, in seguito a censimenti più approfonditi di cui si raccomanda al Comitato Tecnico-Scientifico del Parco la previsione. Acer platanoides L. Aceras antropophorum (L.) R. Br. Aconitum lamarkii Rchb. Adenostyles australis (Ten.) Nyman Adoxa moschatellina L. Agrostemma githago L. Alisma plantago-aquatica L. Allium ursinum L. Amelanchier ovalis Medicus Anacamptis pyramidalis (L.) l.c. Rich. Anemone ranunculoides L. Angelica sylvestris L. Arisarum proboscideum (L.) Savi Armeria canescens (Host) Boiss. Artemisia absinthium L. Asarum europaeum L. Asperula taurina L. Asplenium trichomanes L. Astragalus hamosus L. Atropa belladonna L. Botrychium lunaria (L.) Swartz Campanula medium L. Campanula persicifolia L. Campanula rapunculoides L. Campanula rotundifolia L. Cardamine enneaphyllos (L.) Crantz Cardamine graeca L. Carlina utzka Hacq. Catabrosa aquatica (L.) Beauv. Centaurea cyanus L. Centaurea montana L. Cephalanthera damasonium (Miller) Druce Cephalanthera longifolia (Hudson) Fritsch Cephalanthera rubra (L.) L.C. Rich. Ceterach officinarum DC. Clematis viticella L. Coeloglossum viride (L.) Hartm. Colchicum lusitanum Brot. Conringia austriaca (Jacq.) Sweet Cornus mas L. Corydalis cava (L.) Schweigg. et Koerte Corydalis pumila (Host) Rchb. Crocus napolitanus Mord. et Loisel. Cyclamen hederifolium Aiton Cyclamen repandum S. et S.
Dactylorhiza fuchsii (Druce) Soo Dactylorhiza sambucina (L.) Soo Daphne oleoides Schreber Delphinium fissum W. et K. Dianthus sylvestris Wulfen Digitalis micrantha Roth Doronicum columnae Ten. Dryopteris filix-mas (L.) Schott Echinops sphaerocephalus L. Epipactis helleborine (L.) Crantz Epipactis muelleri Godfery Epipactis palustris (Miller) Crantz Equisetum palustre L. Equisetum ramosissimum Desf. Eranthis hyemalis (L.) Salisb. Eryngium campestre L. Euonymus latifolius (L.) Miller Frangula alnus Miller Gagea lutea (L.) Ker-Gawl. Galanthus nivalis L. Gladiolus communis L. Gladiolus italicus Miller Gymnadenia conopsea (L.) R. Br. Helleborus multifidus Vis. Hieracium prenanthoides Vill. Hieracium tomentosum (L.) L. Himanthoglossum adriaticum H. Baumann Ilex aquifolium L. Iris graminea L. Isopyrum thalictroides L. Laserpitium gallicum L. Lathraea squamaria L. Lilium bulbiferum L. Lilium martagon L. Listera ovata (L.) R. Br. Loranthus europaeus Jacq. Lunaria rediviva L. Lysimachia punctata L. Malus sylvestris Miller Malva moschata L. Monotropa hypopitys L. Neottia nidus-avis (L.) L.C. Rich. Nigella damascena L. Ophioglossum vulgatum L. Ophrys apifera Hudson Ophrys bertolonii Mor. Ophrys fusca Link Ophrys holoserica (Burmann fil.) Greuter Ophrys sphecodes Miller Orchis coriophora L. Orchis laxiflora Lam. Orchis mascula L. Orchis morio L. Orchis provincialis Balb. Orchis purpurea Hudson Orchis simia Lam.
Orchis tridentata Scop. Orchis ustulata L. Ornithogalum sp. pl.. Paris quadrifolia L. Peucedanum austriacum (Jacq.) Koch Phyllitis scolopendrium (L.) Newman Platanthera bifolia (L.) Rchb. Platanthera chlorantha (Custer) Rchb. Polypodium interjectum Shivas Polypodium vulgare L. Polystichum setiferum (Forsskal) Woynar Populus canescens (Aiton) Sm. Populus tremula L. Potamogeton nodosum Poiret Pulmonaria apennina Cristof. et Puppi Quercus crenata Lam. Rhamnus alpinus L. ssp. fallax (Boiss.) Maire et Ptmg. Ribes alpinum L. Ribes multiflorum Kit. Ribes uva crispa L. Rosa sp. pl. Saxifraga bulbifera L. Saxifraga rotundifolia L. Scilla bifolia L. Staphylea pinnata L. Taxus baccata L. Tilia platyphyllos Scop. Ulmus glabra Hudson Valeriana tripteris L. Viburnum opulus L. INDICAZIONI PER LA PROGETTAZIONE DEL VERDE PUBBLICO E PRIVATO
Affinché si possa ottenere un inserimento armonioso degli ambienti antropizzati nel contesto
naturale del Parco, il Piano del Parco dovrebbe prevedere una progettazione mirata e attenta del verde pubblico e privato. A tal fine sarebbe opportuno approntare una piccola flora degli alberi e arbusti da utilizzare per filari e siepi dei parchi e dei giardini pubblici e privati. Tale flora dovrebbe contenere solo specie autoctone o qualora si rendesse necessario l'utilizzo di specie esotiche, la scelta dovrebbe cadere su specie che non si riproducono spontaneamente al fine di evitare la loro diffusione negli ambienti naturali. Dovrebbe inoltre essere prevista la costruzione di un vivaio per la coltivazione delle specie da utilizzare attraverso la propagazione del materiale vegetale locale, al fine di evitare l'introduzione di materiale genetico non autoctono e quindi impedire che si vada incontro ad inquinamento genetico. Lo stesso scopo potrebbe essere raggiunto anche attraverso il coinvolgimento dei vivai presenti nel territorio del Parco e nelle aree limitrofe.
Ugualmente si propone un elenco di specie esotiche da evitare di cui si dovrebbe anche
prevere l'eliminazione nei parchi e giardini situati nelle vicinanze di aree naturali.
Il Piano del Parco dovrebbe inoltre prevedere che la realizzazione del verde pubblico venga
attuata attraverso specifici progetti che dovranno essere sottoposti all'esame del Comitato Tecnico-Scientifico del Parco prima dell'approvazione dell'Ente Parco stesso.
Elenco delle specie consigliate (da Gubellini "100 alberi da utilizzare" tratto da "Alberi e Arbusti
per il nostro verde" Provincia di Pesaro e Urbino, Assessorato Ambiente-Ecologia):
Specie arbustive:
Agazzino (Pyracantha coccinea)
Biancospino (Crataegus monogyna e C. laevigata)
Agrifoglio (Ilex aquifolium)
Berretta da prete (Euonymus europaeus e E. latifolius))
Caprifoglio comune (Lonicera caprifolium)
Caprifoglio etrusco (Lonicera etrusca)
Ciliegio volpino (Lonicera xylosteum)
Citiso a foglie sessili (Cytisophyllum sessilifolium)
Colutea (Colutea arborescens)
Corniolo (Cornus mas)
Dondolino (Coronilla emerus ssp. emerus)
Frangola montana (Rhamnus alpinus)
Ginepro comune (Juniperus communis)
Ginepro rosso (Juniperus oxycedrus)
Ginestra di Spagna (Spartium junceum)
Ginestrella (Genista tinctoria)
Lantana (Viburnum lantana)
Laurotino (Viburnum tinus)
Ligustro (Ligustrum vulgare)
Melograno (Punica granatum)
Palle di neve (Viburnum opulus)
Pero corvino (Amelanchier ovalis)
Prugnolo (Prunus spinosa)
Rose selvatiche (Rosa sp. pl.)
Sanguinello (Cornus sanguinea)
Scotano (Cotinus coggygria)
Spino cervino (Rhamnus catharticus)
Specie arboree:
Aceri (Acer campestre, A. pseudoplatanus, A. obtusatum)
Albero di Giuda (Cercis siliquastrum)
Carpino bianco e nero (Carpinus betulus e Ostrya carpinifolia)
Cerro (Quercus cerris)
Ciavardello (Sorbus torminalis)
Frassino (Fraxinus excelsior)
Maggiociondolo (Laburnum anagyroides e L. alpinum)
Melo selvatico (Malus sylvestris)
Nocciolo (Corylus avellana)
Olmo (Ulmus minor)
Orniello (Fraxinus ornus)
Pero selvatico (Pyrus pyraster)
Pioppi (Populus tremula, P. canescens, P. alba)
Roverella (Quercus pubescens)
Salici (Salix purpurea, S. apennina, S. alba, S. caprea, S. elaeagnos)
Sambuco (Sambucus nigra)
Sorbo montano (Sorbus aria)
Stafilea (Staphylea pinnata)
Tasso (Taxus baccata)
Tiglio (Tilia cordata)
Specie da evitare:
Abete rosso (Picea excelsa)
Acero americano (Acer negundo)
Albero del Paradiso (Ailanthus altissima)
Cedro (Cedrus sp. pl.)
Cipresso dell'Arizona (Cupressus arizonica)
Pini esotici (Pinus sp. pl.)
Pino nero (Pinus nigra)
Pino silvestre (Pinus sylvestris)
Pioppi (Populus sp. pl.)
Pittosporo (Pittosporum tobira)
Robinia o Acacia (Robinia pseudoacacia)
Tuie (Thuja sp. pl.)
DEL SASSO SIMONE E SIMONCELLO
PIANO DEL PARCO
NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE
TITOLO I. DISPOSIZIONI GENERALI. 3 Art. 1. Finalità ed obbiettivi del Piano del Parco. 3 Art. 2. Elaborati del Piano del Parco . 3 Art. 3. Efficacia del Piano e rapporti con gli altri piani e col Regolamento. 4 Art. 4. Strumenti e modalità attuative. 4 Art. 5. Categorie normative . 5 Art. 6. Controllo e valutazione dei processi di trasformazione . 6 Art. 7. Interventi non ammissibili: rinvio al Regolamento . 7
TITOLO II. NORME PER PARTI DEL TERRITORIO . 8 Art. 8. Inquadramento territoriale . 8 Art. 9. Zonizzazione. 8 Art. 10. Norme per le zone contigue. 9 Art. 11. Aree di reintegrazione paesistica e ambientale (ARPA) . 10 Art. 12. Aree speciali . 10 Art. 13. Unità di Paesaggio (UP) . 10
TITOLO III. VINCOLI E DESTINAZIONI SPECIFICHE . 12 Art. 14. Difesa del suolo e gestione delle acque . 12 Art. 15. Reti ecologiche, fasce fluviali e continuità ambientali. 14 Art. 16. Aree non boscate . 14 Art. 17. Elementi isolati del paesaggio agrario. 15 Art. 18. Boschi e gestione forestale . 16 Art. 19. Gestione faunistica . 17 Art. 20. Attività agro-silvo-pastorali. 17 Art. 21. Patrimonio edilizio rurale . 19 Art. 22. Castelli, borghi e nuclei ("ville") storici. 19 Art. 23. Viabilità e percorsi storici . 21 Art. 24. Beni di specifico interesse storico, artistico, culturale, archeologico. 21 Art. 25. Paesaggi ed elementi di specifico interesse paesistico-percettivo. 23 Art. 26. Sistemi di accessibilità . 23 Art. 27. Sistemi di attrezzature e servizi . 25
TITOLO IV. NORME TRANSITORIE . 27 Art. 28. Norme transitorie. 27
TITOLO I. DISPOSIZIONI GENERALI.
Art. 1. Finalità ed obbiettivi del Piano del Parco
1. Il Piano per il Parco Regionale del Sasso Simone e Simoncello (di seguito
denominato il Piano), rappresenta uno strumento fondamentale per il conseguimento
delle finalità cui è preposto l'Ente Parco. Il Piano, ai sensi dell'art. 12 della L.
394/91, così come modificata dalla L. 426/98, ed in coerenza con l'art.15 della LR.
15/94, è preordinato:
- alla tutela dei valori naturalistici, paesaggistici ed ambientali;
- alla realizzazione di un equilibrato rapporto tra attività economiche ed ecosistema.
2. Il Piano si pone come quadro di riferimento strutturale e strategico, esprimendo
visioni ed indirizzi che possano orientare e coordinare le azioni dei soggetti a vario
titolo operanti sul territorio, valorizzando le sinergie che derivano dalla
interconnessione di risorse, opportunità e competenze differenziate, tenendo conto
delle dinamiche economiche, sociali ed ambientali del contesto, delle loro
interdipendenze e dei possibili effetti di lungo termine delle azioni proposte, nel
rispetto dell'autonomia decisionale dei diversi soggetti nelle proprie sfere di
competenza ed individuando nel contempo gli aspetti strutturali da tutelare per le
finalità del parco.
3. Il Piano esprime la disciplina degli usi, delle attività e degli interventi di recupero,
valorizzazione o trasformazione ammissibile nel territorio protetto, in modo da
evitare che essi possano recare pregiudizio ai siti ed alle risorse oggetto di tutela od
influire negativamente sull'ecosistema complessivo.
4. Il Piano costituisce il quadro conoscitivo di riferimento per il sistema informativo
e per il sistema valutativo, motivando, nelle forme più esplicite e trasparenti, le scelte
di tutela e d'intervento ed orientando le scelte da operarsi in altre sedi e da parte
degli altri soggetti cointeressati.
5. Il Piano, il Regolamento del Parco ed il Piano pluriennale economico-sociale,
costituiscono un sistema organico e coordinato di regolazione e pianificazione del
territorio del Parco.
Art. 2. Elaborati del Piano del Parco
Il Piano per il Parco è costituito dai seguenti elaborati:
a) relazione illustrativa degli obbiettivi, delle analisi e delle valutazioni operate, dei
criteri e degli indirizzi del Piano;
b) elaborati grafici:
b1) inquadramento territoriale del Parco, con le aree contigue e le reti di connessione,
in scala 1/150.000;
b2) inquadramento strutturale del Parco, in scala 1/25.000;
b3) articolazione territoriale del Parco, contenente l'organizzazione generale del
territorio e l'articolazione in parti caratterizzate da forme differenziate d'uso,
godimento e disciplina, i vincoli e le destinazioni d'uso pubblico e privato, i sistemi
d'accessibilità veicolare e pedonale, i sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e
la fruizione del parco, in scala 1/25.000;
b4) Unità di Paesaggio, contenente la disciplina degli ambiti relazionali e dei fattori identitari caratterizzanti l'area del Parco ed il suo contesto, in scala 1/25.000; b5) stralci di approfondimento relativi alla perimetrazione dell'area parco e delle zone D, in scala 1/10.000; c) norme tecniche d'attuazione comprensive delle Schede di Unità di Paesaggio di cui all'Allegato A.
Art. 3. Efficacia del Piano e rapporti con gli altri piani e col Regolamento
1. L'efficacia del Piano è disciplinata dall'art. 15 della L.R. 15/1994. 2. Il Piano esprime le sue determinazioni mediante:
a) - prescrizioni immediatamente precettive; b) - direttive per gli strumenti di pianificazione comunale generale ed attuativa.
3. Le prescrizioni di cui al comma 2 lettera a) vincolano direttamente i soggetti pubblici e privati interessati, prevalendo su qualsiasi altra previsione eventualmente difforme. 4. Le direttive di cui al comma 2, lettera b), definiscono gli orientamenti cui debbono conformarsi le previsioni degli strumenti urbanistici comunali. 5. Ai sensi dell'art.12 L.394/1991 i Comuni sono tenuti ad adeguare, con apposito atto, i propri strumenti urbanistici agli indirizzi e alle prescrizioni del Piano. L'Ente Parco attesta la conformità dello strumento urbanistico generale al Piano del Parco. Successivamente all'adeguamento dello strumento urbanistico generale comunale del Piano del Parco, la disciplina dell'attività urbanistico-edilizia è delegata all'autorità comunale, ad eccezione dei nuovi strumenti urbanistici generali, delle eventuali varianti totali o parziali agli strumenti urbanistici generali vigenti, dei piani attuativi e dei progetti di rilevante trasformazione per i quali è necessario il preventivo nulla-osta dell'Ente Parco. 6. Le determinazioni del presente piano affiancano e non sostituiscono quelle degli altri strumenti di pianificazione vigenti, prevalendo nel caso siano più restrittivi.
Art. 4. Strumenti e modalità attuative
1. Il Piano viene attuato da parte dell'Ente Parco mediante la propria attività di pianificazione e gestione, dagli altri Enti Pubblici e dai soggetti privati interessati. 2. Sono, in particolare, strumenti di attuazione del Piano: - i piani di gestione, - i programmi di valorizzazione delle Unità di Paesaggio, - i piani particolareggiati per le "aree speciali", - gli accordi di programma e di pianificazione. 3. I piani di gestione, formati o controllati dall'Ente Parco, sono volti a specificare, per l'orizzonte temporale di riferimento e per rapporto al Piano del Parco ed al Piano Pluriennale economico e sociale: le azioni prioritarie per la gestione delle risorse di cui al tit. III, da attuare nell'arco temporale assunto; i soggetti e gli interessi coinvolti e da coinvolgere nell'attuazione al fine di realizzare le necessarie sinergie inter-istituzionali e di assicurare la miglior partecipazione sociale ai processi di
valorizzazione; le risorse economiche e finanziarie disponibili o da acquisire per le suddette azioni, con particolare riferimento ai programmi di finanziamento regionali, nazionali o europei; gli strumenti utilizzabili, con particolare riguardo per i progetti ed i programmi previsti dal PP e dal PPES e le procedure da seguire per l'attuazione. 4. I programmi di valorizzazione delle Up formati dall'Ente Parco, o da altri enti di governo locale, volti a delineare, in coerenza con le Norme per parti del territorio di cui al titolo II e delle Norme per risorse di cui al titolo III, indicazioni ed indirizzi per la valorizzazione degli ambiti relazionali e dei fattori identitari di cui alle unità di paesaggio. 5. I piani particolareggiati, formati dall'Ente Parco, o da altri enti di governo locale, volti a definire, in coerenza con le Norme per parti del territorio di cui al titolo II e delle Norme per risorse di cui al titolo III, le modalità di gestione, dal punto di vista tecnico operativo delle "aree speciali" cartograficamente indicate. 6. Gli accordi di programma, i patti territoriali ed ogni altra forma d'intesa volta a realizzare la cooperazione dei diversi soggetti interessati per l'attuazione delle finalità del Parco. In particolare, attraverso gli accordi di programma si possono applicare le specifiche determinazioni previste per le zone contigue.
Art. 5. Categorie normative
1. Il PP disciplina le modalità d'intervento e trasformazione del territorio interessato dal Parco con riferimento alle seguenti categorie:
CO (Conservazione): comprendente le azioni e gli interventi volti prioritariamente alla conservazione ed alla manutenzione delle risorse naturali, delle biocenosi e dei processi naturali, delle risorse e delle testimonianze culturali, dei caratteri e della qualità dei paesaggi di riferimento identitario per le popolazioni locali, con le eventuali attività manutentive strettamente connesse alla finalità conservativa ed alla continuità fruitiva del paesaggio. Può comprendere anche interventi di eliminazione degli elementi infestanti o degradanti, o comunque necessarie al ripristino della funzionalità ecologica, parziali rimodellazioni del suolo per la sicurezza e la stabilità idrogeologica; interventi strettamente necessari alla attività scientifica, didattica, di monitoraggio. Per gli interventi edilizi, la categoria normativa CO equivale alle categorie d'intervento previste ai punti a) e b) della L. 457/78 art. 31 comma 1; RE (Restituzione): comprendente le azioni e gli interventi volti prioritariamente al riequilibrio di condizioni ambientali alterate o degradate , al restauro dei monumenti e delle testimonianze storico-culturali, agli scavi archeologici, al recupero del patrimonio abbandonato, degli elementi organizzativi e delle matrici del paesaggio agrario, al ripristino delle condizioni naturali, all'eliminazione o alla mitigazione dei fattori di degrado o d'alterazione e dei tipi o dei livelli di fruizione incompatibili, con le modificazioni fisiche o funzionali strettamente necessarie e compatibili con tali finalità. Per gli interventi edilizi, la categoria normativa RE equivale alle categorie d'intervento previste ai punti a) , b), c) e d) della L. 457/78 art. 31 comma 1; RQ (Riqualificazione): comprendente le azioni e gli interventi volti prioritariamente al miglioramento delle condizioni esistenti ed alla valorizzazione di risorse male o sottoutilizzate, con modificazioni fisiche o funzionali anche
radicalmente innovative, ad introdurre sostanziali innovazioni d'uso o di struttura nello stato dei luoghi per fini economici o sociali, con modificazioni anche radicali dei valori esistenti, anche attraverso nuovi impegni di suolo per la formazione di nuovi insediamenti o sostituzione di tessuti insediativi o infrastrutturali, interventi di sistemazione paesistica volti a guidare ed organizzare i processi evolutivi, ma tali da migliorare la qualità urbanistica e paesistica dell'area e del suo contesto. Per gli interventi edilizi, la categoria normativa RQ equivale alle categorie d'intervento previste ai punti a), b), c) d) ed e) della L. 457/78 art. 31 comma 1 e edificazione isolata di nuovo impianto.
2. Il Piano disciplina gli usi e le attività compatibili con le finalità del Parco con riferimento alle seguenti categorie:
N (naturalistici): comprendenti usi ed attività orientate alla prioritaria conservazione delle risorse e dell'ambiente naturale, e alla riduzione delle interferenze antropiche, nonchè l'osservazione scientifica e amatoriale, la contemplazione, l'escursionismo a piedi, a cavallo, in bicicletta, la gestione naturalistica dei boschi e l'attività di pastorizia compatibile con funzionalità ecologica dei luoghi; A (agro-silvo-pastorali): comprendenti le tradizionali forme di utilizzazione delle risorse per la vita delle comunità locali con le connesse attività abitative e di servizio, manutentive dei paesaggi agricoli e forestali e del relativo patrimonio culturale; UA (urbani ed abitativi): usi ed attività connesse alla funzione abitativa concernenti le residenze permanenti, coi i relativi servizi ed le infrastrutture , le attività artigianali, commerciali e produttive d'interesse prevalentemente locale; le residenze temporanee, le attività ricettive o di servizi , le attività turistico-ricreative, escursionistiche e sportive; S (Specialistici): usi ed attività orientati a scopi speciali, articolabili in: S1, attività di servizio pubbliche o di pubblico interesse, richiedenti impianti, attrezzature o spazi appositi; S2, attività produttive, commerciali, industriali richiedenti attrezzature o impianti con caratteri o dimensioni tali da non poter essere collocate in contesto urbano-abitativo; S3, attività sportive, ricreative, turistiche e del tempo libero richiedenti spazi specificamente destinati a attrezzature, impianti o servizi o infrastrutture appositi; S4, attività ricettive richiedenti attrezzature o impianti con caratteri o dimensioni tali da non poter essere collocate in contesto urbano-abitativo.
Art. 6. Controllo e valutazione dei processi di trasformazione
1. L'Ente Parco definisce e regola le attività di indagine, di studio, di monitoraggio e di ricerca scientifica che si rendano necessarie per la gestione del territorio, con particolare attenzione per quelle attività volte a verificare ed a valutare gli effetti derivanti dall'attuazione del Piano, anche al fine di ridefinire e ricalibrare eventuali azioni. 2. L'Ente Parco provvede a programmare e a realizzare il completamento, il perfezionamento e l'aggiornamento delle analisi e delle valutazioni svolte per la redazione del Piano, soprattutto per quanto concerne: la gestione delle risorse
naturali, l'utilizzo del patrimonio edilizio esistente, le dinamiche di utilizzo del suolo agricolo. 3. Sono sottoposti a valutazione d'impatto ambientale, i progetti specificati ed elencati nella Delibera Regionale n.1829 del 31/07/01. 4. L'area di riferimento per lo studio d'impatto ambientale dovrà avere un'estensione sufficiente a dimostrare la non interferenza con gli assetti geopedologico, idrogeologico e paesistico-ambientale, con l'ambito di valore naturalistico e/o storico-culturale intercettato. 5. Lo studio di impatto ambientale (S.I.A.), da redigere ai fini della valutazione, ha i contenuti previsti dalla Delibera Regionale n.1829 del 31/07/01 ed è corredato da tutta la documentazione necessaria per motivare la soluzione scelta, precisando altresì le misure di mitigazione proposte per annullare o minimizzare gli impatti previsti. 6. Nei siti SIC e ZPS valgono le norme previste nel DPR 357/1997 per quanto attiene la valutazione di incidenza, qualunque sia la dimensione delle opere previste. L'Ente Parco in presenza di presumibili impatti sulle specie o habitat presenti in dette aree, potrà richiedere la valutazione di incidenza anche per tipologie di opere non elencate nel DPR 357/97.
Art. 7. Interventi non ammissibili: rinvio al Regolamento
1. Il Piano rinvia al Regolamento per le limitazioni di carattere generale e speciale derivanti dalla sua attuazione. 2. Salvo le specifiche eccezioni contenute nelle presenti Norme, nel territorio del Parco, non sono ammesse le opere espressamente vietate dal Regolamento del Parco.
TITOLO II NORME PER PARTI DEL TERRITORIO
Art. 8. Inquadramento territoriale
1. Le relazioni ambientali ed infrastrutturali del Parco col contesto e col sistema delle aree protette dell'Appennino sono definite nella tavola dell'Inquadramento Territoriale. 2. La tavola di cui al comma precedente evidenzia le principali interconnessioni di tipo ecologico, funzionale, paesistico-percettivo e storico-culturale del Parco col contesto ed in particolare con: - il sistema delle aree protette circostanti; - le aree interessate da boschi, pascoli, arbusteti ed aree agricole con elevata
presenza di vegetazione naturale;
- l'insieme delle unità di paesaggio connesse al Parco da rapporti d'integrazione
ecologica, paesistico-percettiva, funzionale, culturale e socio-economica;
- i corridoi biologici; - l'idrografia principale; - la rete viaria o ferroviaria principale; - i principali centri urbani di varia gerarchia. 3. Previa concertazione con gli attori pubblici e privati responsabili della gestione del territorio interessato, in sede di redazione degli strumenti urbanistici comunali generali ed attuativi, dovranno essere poste in essere tutti gli accorgimenti necessari per conservare e/o restituire le interconnessioni di cui al comma 2.
Art. 9. Zonizzazione
1. Il Piano suddivide il Parco in Zone, identificate nelle tavole di Piano ed assoggettate a diverso grado di protezione, con riferimento alle seguenti categorie di cui all'art.12 L.394/91: - Zone A, di riserva integrale, destinate alla conservazione dell'ambiente naturale nella sua integrità, alla salvaguardia ed al mantenimento degli equilibri biologici ed ambientali in atto, alla prevenzione ed all'eliminazione dei fattori di disturbo esogeni. La fruizione degli ambiti interessati ha carattere esclusivamente naturalistico, scientifico e didattico. Sono specificamente vietati: lo svolgimento di attività agricole, i tagli boschivi, il pascolo, i cambi colturali e ogni genere di scavo o movimento di terreno; interventi costruttivi o di installazione di manufatti di qualsiasi genere. - zone B, di riserva generale orientata, dove si favorisce il potenziamento delle funzionalità ecosistemiche e la conservazione delle risorse paesistico-culturali presenti anche attraverso la riduzione dei fattori di disturbo. In tali zone è vietato in particolare: costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, fatti salvi gli interventi di risanamento igienico-funzionale, eseguire opere di trasformazione del territorio, effettuare movimenti di terreno, salvo quando finalizzati ad interventi di conservazione, manutenzione e restituzione, eseguire cambi di destinazione d'uso che richiedano sostanziali cambiamenti edilizi ed impiantistici. Possono comunque
essere consentite le realizzazioni delle infrastrutture espressamente previste nelle tavole di piano e gli interventi di gestione delle risorse naturali e di manutenzione delle opere esistenti. - zone C, di protezione, interessate dalle attività agro-silvo-pastorali. In tali zone, in armonia con le finalità istitutive, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ancora praticati con metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali ed è incoraggiata la produzione artigianale di qualità. E' vietato: realizzare nuove strade, realizzare nuovi edifici ad eccezione di quelli a servizio dell'attività agricola; aprire nuove cave, realizzare interventi che modificano il regime delle acque, salvo quanto strettamente necessari ai sistemi irrigui ed alla sicurezza per gli incendi. Per il miglioramento dell'ambiente rurale è consentita la realizzazione di parcheggi, impianti sportivi e campeggi. Nei nuclei rurali sono consentiti interventi di manutenzione e restauro nonché interventi di ristrutturazione, purchè si argomenti, con adeguate elaborazioni tecniche, il ruolo strategico dell'intervento in oggetto ed il suo inserimento nel contesto paesistico-ambientale. - zone D, di promozione economica e sociale, che interessano le aree urbanizzate ed urbanizzande, comprese le aree parzialmente o completamente degradate. In tali zone sono consentite tutte le attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate alla riqualificazione ed al miglioramento della vita socio - culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da parte dei visitatori. La riqualificazione, limitatamente agli interventi di nuova espansione edilizia, dovrà attuarsi attraverso piani attuativi volti a dimostrare il ruolo strategico del nuovo insediamento ed il suo adeguato inserimento nel contesto paesistico-ambientale. 2. La disciplina delle suddette zone è sintetizzata nella tabella seguente con riferimento alle categorie di cui agli artt. 5 e 6:
Interventi ammissibili
Attività ed usi compatibili
3. In tutte le zone di cui al comma 1 sono comunque fatti salvi i diritti di uso civico. Eventuali limitazioni necessarie per realizzare le finalità del Piano sono adottate di concerto con i titolari. 4. In tutte le zone di cui al comma 1, ad esclusione delle zone A di riserva integrale, è fatta salva la possibilità di realizzare, previo nulla-osta dell'Ente Parco, opere pubbliche o di pubblico interesse dichiarate tali dal Consiglio Comunale del comune in cui ricade l'opera stessa, purchè coerenti con le finalità e gli obiettivi del presente piano.
Art. 10. Norme per le zone contigue
1. Ai sensi dell' art. 34, della L.R. 15/1994 e dell'art.32 della L. 394/91, il Piano individua, nella tavola dell'articolazione territoriale, le zone contigue. 2. Nelle aree contigue di cui ai commi precedenti si applicano le disposizioni di cui al tit. III, che assumono l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b) previa
concertazione con gli enti di governo locale, da attuarsi attraverso gli accordi di programma di cui all'art. 4 comma 6. 3. Le aziende agri-turistico-venatorie (zone contigue speciali) che ricadono in area contigua potranno mantenere la pratica di suddetto esercizio compatibilmente col periodo di vigenza. 4. Le aziende faunistico-venatorie (zone contigue speciali) che ricadono in area contigua potranno continuare ad espletare l'esercizio anche successivamente alla scadenza della concessione in corso, previa richiesta di nuova concessione corredata del programma di gestione dell'area volto a dimostrare la non interferenza delle attività ivi esplicate con le principali strategie del Piano. 5. Nell'area contigua del parco è possibile effettuare attività venatoria solo dai residenti dei Comuni ricadenti nel parco.
Art. 11. Aree di reintegrazione paesistica e ambientale (ARPA)
1. Le aree di reintegrazione paesistica ambientale, cartograficamente delimitate nella tavola dell'Articolazione Territoriale, interessano superfici del Parco attualmente occupate da aziende faunistico venatorie. 2. Nelle aree di cui al comma 1, a decorrere dal termine della concessione attualmente in essere, si applicano le norme di cui al titolo II con riferimento alla specifica zona di appartenenza.
Art. 12. Aree speciali
1. Alcune aree per la specifica complessità gestionale determinata dalla compresenza di diverse risorse e problemi richiedono di essere sottoposte ai piani particolareggiati di cui all'art. 4 comma 5. 2. Le aree speciali, cartograficamente delimitate, sono le seguenti: - La Cantoniera; - Porzione dell'abitato di Carpegna; - Area dell'Eremo Madonna del Faggio; - Area del Demanio Militare. I confini esatti di quest'area dovranno essere
verificati sulla base dei dati catastali.ù
3. In assenza di piano particolareggiato sono comunque consentite le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui all'art.31, commi a) e b), della L. 457/78. 4. All'interno dell'area speciale denominata Area del Demanio Militare potranno essere redatti piani particolareggiati parziali.
Art. 13. Unità di Paesaggio (UP)
1. Le unità di paesaggio, cartograficamente delimitate e specificatamente descritte nell'allegato "A - Schede delle U.P.", sono ambiti caratterizzati dalla compresenza di componenti eterogenee ed interagenti, la cui espressione relazionale rivela il valore
identitario dell'unità da sottoporre a valorizzazione progettuale nella programmazione del Parco. 2. Le unità di paesaggio ricadenti almeno in parte all'interno del Parco sono le seguenti:
1) Sassi Simone e Simoncello, 2) Monte Carpegna, 3) Pennabilli e Val Marecchia, 4) Montecopiolo e Alta Val Foglia, 5) Carpegna, Pietrarubbia e Valle settentrionale del Mutino, 6) San Sisto, Frontino e Valle meridionale del Mutino.
3. Le indicazioni volte a disciplinare le relazioni identitarie di ogni singola unità, come descritte nell'allegato "A - Schede delle U.P." assumono l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b. 4. Attraverso accordi di programma di cui all'art. 4 comma 6, o altra forma d'intesa, prevista dalla normativa vigente, si realizza la gestione unitaria della disciplina delle relazioni identitarie caratterizzanti ciascuna singola unità di paesaggio. 5. Le schede di Unità di Paesaggio, che vanno a costituire l'allegato "A - Schede delle U.P." delle presenti NTA contengono altresì: confini, descrizione, elementi identitari (sistema fisico, biologico, insediativo, paesistico-percettivo, socio-economico) e relativa categoria di intervento, obiettivi di gestione e progetti di valorizzazione. 6. I Progetti di Valorizzazione di cui all'art. 4 comma 4, caratterizzanti ciascuna unità di paesaggio, sono puntualmente riscontrati dal Piano pluriennale economico e sociale.
TITOLO III. VINCOLI E DESTINAZIONI SPECIFICHE
Art. 14. Difesa del suolo e gestione delle acque
1. L'Ente Parco coopera con la Regione, le Province, le Comunità Montane, i Comuni e le Autorità di Bacino competenti, con riferimento alle vigenti normative regionali e nazionali in materia, al fine di realizzare la miglior integrazione delle azioni di competenza di tali Enti in materia di difesa del suolo e gestione delle acque con le finalità del Parco. 2. Al fine di preservare l'equilibrio idrogeologico, la stabilità dei versanti e la conseguente sicurezza delle costruzioni ed opere, sia dirette che indirette, nell'esecuzione di opere di urbanizzazione e di edificazione, nonché d'interventi infrastrutturali, agricoli e forestali devono essere seguiti i seguenti indirizzi, con l'efficacia di cui all'art.3 comma 2 punto b: a) disciplinare gli usi del suolo, in modo tale da introdurre vincoli, cautele,
limitazioni, azioni di prevenzione e controllo del rischio idraulico ed idrogeologico, estesi a tutto il territorio ed opportunamente differenziati in funzione del grado di vulnerabilità e di importanza delle risorse e delle pressioni cui sono sottoposte, previo approfondimento conoscitivo e valutativo da effettuarsi in fase di redazione degli strumenti urbanistici generali, attuativi e di settore;
b) disciplinare gli usi del suolo in modo tale da razionalizzare l'uso delle risorse
idriche e da evitare rischi d'inquinamento e dispersione, evitando l'alterazione del sistema idraulico superficiale con interramenti o deviazioni dei corsi d'acqua superficiali e della falda sotterranea, intervenendo sul controllo delle opere di captazione, della rete idraulica e degli scarichi civili ed industriali;
c) promuovere il ripristino degli equilibri naturali alterati; d) avviare, dove possibile, forme di rinverdimento di terreni denudati, anche
mediante piantagione di alberi e/o arbusti e l'inerbimento dlle superfici non edificate, mediante specie perenni locali, a radici profonde e molto umificanti fatto salvo quanto previsto all'Art. 16;
e) ridurre l'impermeabilizzazione dei suoli al minimo strettamente indispensabile
anche nelle aree urbanizzate ed urbanizzande, introducendo, se necessario, interventi di ri-permeabilizzazione;
f) contenere i fenomeni di ruscellamento con sistemi di smaltimento frequenti ed
adeguatamente collocati fatto salvo quanto previsto all'Art. 16;
g) contenere la predisposizione all'erosione applicando gli interventi e gli
accorgimenti di cui ai punti precedenti, con più intensità ed attenzione, nei luoghi ove la ripidità dei pendii e la natura del suolo rappresentano fattori di maggiore vulnerabilità a fenomeni erosivi fatto salvo qunato previsto all'Art. 16;
h) disciplinare le concimazioni e lo spargimento dei liquami in genere al fine di
garantire la tutela delle acque da possibili rischi di inquinamento.
3. Al fine di limitare i danni ed i rischi derivanti da un uso improprio delle risorse suolo ed acqua, facendo salve le norme più restrittive eventualmente introdotte dai PRGC, è vietato:
a) eseguire intagli artificiali non protetti, con fronti subverticali di altezza non
compatibile con la struttura dei terreni interessati;
b) costruire muri di sostegno senza drenaggio efficiente del lato controripa, in
particolare senza tubi drenanti e dreno ghiaioso artificiale o altra idonea tecnologia;
c) demolire edifici e strutture che esplichino, direttamente o indirettamente, funzione
di sostegno senza la loro sostituzione con opere migliorative della stabilità;
d) addurre alla superficie del suolo le acque della falda freatica intercettata in
occasione di scavi , sbancamenti o perforazioni senza regimentarne il conseguente deflusso;
e) realizzare opere di copertura, intubazione, canalizzazione ed interramento degli
alvei e dei corsi d'acqua, interventi di canalizzazione, derivazione di acque, ostruzione mediante dighe, o altri tipi di sbarramenti ed interventi che possano ostacolare la spontanea divagazione delle acque, interventi che possano determinare o aggravare l'impermeabilizzazione dell'alveo e delle sponde, modificare il regime idrologico dei fiumi e torrenti, modificare l'assetto del letto mediante discariche;
f) realizzare opere di captazione idrica se non supportata da analitica
documentazione volta a dimostrare che l'insieme delle derivazioni (quelle già esistenti e quelle in progetto) non pregiudicano il minimo deflusso costante dei fiumi e non mette in pericolo la qualità delle acque superficiali con immediati riflessi su quelle sotterranee;
g) insediare o far permanere attività atte a determinare la dispersione di sostanze
nocive, la discarica di rifiuti o il loro incenerimento, il deposito o il riporto di materiali edilizi, di scarti e rottami, l'accumulo di merci che possano produrre deversamenti inquinanti, con particolare attenzione ai processi produttivi e trasformativi connessi alle attività estrattive;
h) realizzare interventi di sistemazione idraulica e idrogeologica, ivi compresi quelli
di manutenzione ordinaria e straordinaria, se non effettuati con tecniche e metodi in grado di garantire la continuità dell'ecosistema e la ricostituzione del manto vegetale, fatte salve le opere urgenti ed indifferibili per pubblica incolumità;
i) realizzare l'attraversamento degli alvei e degli impluvi naturali con strade ed altre
infrastrutture, se non quanto dichiarate di pubblica utilità e comunque effettuando l'intervento in modo tale ad ridurre al minimo il rischio di ostruzione dell'alveo o dell'impluvio a causa di materiali trasportati dalle acque;
j) effettuare la lavorazione dei suoli senza le opportune e tradizionali opere di
regimazione delle acque meteoriche, mediante interventi di governo del territorio, riducendo al minimo la corrivazione delle acque, la perdita di suolo ed i conseguenti danni alla fertilità;
k) utilizzare i pascoli ed il patrimonio boschivo in modo tale da esporre i versanti
all'azione erosiva degli agenti atmosferici con conseguente perdita di suolo ed avvio di fenomeni di dissesto idrogeologico;
l) effettuare deversamenti delle acque di uso domestico sul suolo e disperdere nel
sottosuolo acque di ogni provenienza;
m) impermeabilizzare aree di qualsiasi genere senza la previsione di opere che
assicurino corretta raccolta e adeguato smaltimento delle acque piovane;
n) prelevare acqua direttamente nei fiumi e torrenti quando non è garantito il
deflusso minimo vitale del corso d'acqua.
4. I progetti concernenti interventi che comportino variazioni della conformazione dei terreni, o del reticolo idrografico, fatti salvi gli approfondimenti comunque dovuti per la valutazione d'impatto ambientale di cui all'art. 6, dovranno essere accompagnati da adeguate relazioni geologiche e geotecniche volte a dimostrare la compatibilità dell'intervento proposto con la tendenza all'instabilità del luogo su cui ricade.
Art. 15. Reti ecologiche, fasce fluviali e continuità ambientali
1. Al fine di conservare e di aumentare la stabilità, la ricchezza e la varietà degli ecosistemi e, in particolare, le possibilità di migrazione e di dispersione delle specie vegetali e animali, evitando la formazione di barriere o soluzioni di continuità tra gli habitat interessati, il Piano individua, nella tavola di Inquadramento territoriale ed in quella di Inquadramento Strutturale, le aree di collegamento ecologico funzionale, da conservare o riqualificare. 2. Le aree di collegamento ecologico e funzionale sono costituite da: - le aree boscate, − siepi e filari alberati, − le aree con vegetazione arbustiva,
− le praterie sia mesofile che xerofile. 3. Con riferimento alle aree di cui al comma 2, identificate nella tavola di inquadramento strutturale, si applicano le norme di cui ai successivi artt. 16, 17 e 18, aventi l'efficacia di cui all'art.3 comma 2 punto a per le aree interne al perimetro del parco e l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b per le aree ricadenti in zona contigua.
Art. 16. Aree non boscate
1. Al fine di conservare e potenziare le qualità ambientali del territorio del Parco saranno adottati appositi Piani di gestione, unitari o settoriali, volti a promuovere interventi per l'eliminazione o la limitazione delle attività e delle strutture che risultassero incompatibili con la conservazione dei seguenti beni caratterizzanti le aree "non boscate" come cartograficamente individuati nell'Inquadramento Strutturale: pascoli mesofili, pascolo xerofili e altri raggruppamenti erbacei, arbusteti, aree rupestri, sorgenti, pozze d'acqua naturali e fossi. 2. In assenza di piani di gestione, per i beni di cui al comma 1, si applicano i seguenti divieti aventi l'efficacia di cui all'art.3 comma 2 punto a per le aree interne al perimetro del parco e l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b per aree ricadenti in zona contigua: a) realizzazione di rimboschimenti, fatta eccezione per gli interventi di restituzione
con l'utilizzazione di ecotipi locali di specie erbacee e arbustive;
b) nuova edificazione, apertura o completamento di strade; c) movimenti di terreno e modificazioni dei reticoli idrici superficiali, fatta eccezione
per quelli finalizzati al mantenimento delle attività agropastorali in atto (purchè compatibili con gli ecosistemi protetti), al soddisfacimento dei fabbisogni idropotabili, alla difesa idrogeologica o al recupero ambientale di aree degradate.
3. In particolare nei pascoli mesofili sono vietati: le attività sportive, interventi che possono modificare la composizione e struttura floristica ad esclusione di quelli tradizionalmente usati nella loro gestione, l'accesso con mezzi a motore ad esclusioni di quelli necessari al loro utilizzo agro-pastorale, il ricorso a ecotipi non locali negli interventi agronomici. 4. Nei pascoli xerofili e altri aggruppamenti erbacei sono vietati: l'asportazione di esemplari di flora, interventi che possono modificare il suolo o alterare la normale evoluzione della flora e del suolo, le attività sportive, l'accesso con mezzi a motore. 5. Negli arbusteti sono vietati: le attività sportive, l'accesso con mezzi a motore i rimboschimenti. Negli arbusteti delle UP 3, 4, 5 che si trovano a contatto con aree boscate, dovrà essere favorita l'evoluzione verso formazioni di tipo forestale. 6. Nelle aree rupestri sono vietate: opere di bonifica, rinforzo, o di modificazione del suolo. 7. Nelle sorgenti, pozze d'acqua naturali e fossi è vietata ogni forma di trasformazione che comporti la modifica e sostituzione del suolo fatti salvi i casi in cui ciò sia necessario alla loro conservazione. Il Regolamento del Parco dovrà individuare le modalità di intervento su dette aree al fine salvaguardare la fauna ospitata.
Art. 17. Elementi isolati del paesaggio agrario
1. Gli elementi puntuali e lineari del paesaggio agrario, individuabili con i filari misti arborei/arbustivi, i filari alberati e le siepi arbustive, con particolare attenzione per quelli cartograficamente delimitati nella tavola dell'Inquadramento Strutturale, devono essere conservati, manutenuti, riqualificati e incrementati al fine di potenziare la connettività ecologica, salvaguardare le specie floristiche e faunistiche che da essi dipendono, e conservare i valori paesistici. 2. Per il conseguimento degli obbiettivi di cui al comma 1, sono adottati appositi interventi sia a carattere unitario che settoriale. 3. Eventuali rimozioni dovranno prevedere opportuni interventi di reintegro, da realizzarsi con specie autoctone e, nel caso di siepi, con strutture plurispecifiche ad elevata diversità strutturale, in grado di eliminare gli impatti negativi sulle connessioni ecologiche e sul paesaggio. 4. Per tutte le aree di cui al comma 1 valgono le seguenti prescrizioni aventi l'efficacia di cui all'art.3 comma 2 punto a per le aree interne al perimetro del parco e l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b per aree ricadenti in zona contigua: - sono vietate le potature che alterano il portamento naturale delle specie, ad
esclusione dei filari di gelso (Morus alba) e salice (Salix spp.) per i quali potrà continuare ad essere adottata la capitozzatura;
- sono vietate le lavorazioni del suolo, compresa l'aratura per una profondità
maggiore di 40 cm e ogni tipo di escavazione per una fascia di 10 ml misurati a partire dal margine, riducibile a 4 ml nel caso di contiguità con aree coltivate;
- è vietato l'abbattimento di alberi isolati o in filare appartenenti a specie autoctone,
ancorchè secchi, fatto salvo interventi per salvaguardare la pubblica incolumità e comunque ne dovrà essere prevista la sostituzione con esemplari della stessa specie.
Art. 18. Boschi e gestione forestale
1. Le aree boscate, cartograficamente individuate come faggete ed altri boschi montani, boschi di cerro, boschi di roverella e rimboschimenti, ivi comprese la vegetazione golenale e le macchie alberate ancorché non cartograficamente delimitate, devono essere conservate, mantenute e riqualificate al fine di difendere l'assetto idrogeologico, prevenire l'innesco di processi erosivi, ripristinare e consolidare la funzionalità ecologica, conservare le comunità biologiche e i biotopi in esse comprese, garantire un corretto utilizzo economico,recuperare le aree in stato di degrado, valorizzare la fruizione naturalistica, culturale, educativa, ricreativa. 2. Si definisce bosco qualsiasi area, di estensione non inferiore a 2000 mq. e di larghezza maggiore di 20 mt. misurata al piede delle piante di confine, coperta da vegetazione arborea forestale spontanea o d'origine artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, che abbia una densità non inferiore a cinquecento piante per ettaro oppure tale da determinare, con la proiezione orizzontale delle chiome, una copertura del suolo pari ad almeno il venti per cento. Costituiscono altresì bosco le aree già boscate nelle quali l'assenza del soprassuolo arboreo o una sua copertura inferiore al venti per cento abbiano carattere temporaneo e siano ascrivibili ad interventi selvicolturali o d'utilizzazione oppure a danni per eventi naturali, accidentali o per incendio; le formazioni costituite da vegetazione forestale arbustiva esercitanti una copertura del suolo pari ad almeno il quaranta per cento, fermo restando il rispetto degli altri requisiti di cui al presente comma. 3. Al fine di conseguire gli obbiettivi di cui al comma 1, potranno essere adottati appositi Piani di gestione, generali o settoriali, anche recependo le previsioni pianificatorie già delineate dalle Comunità Montane. Suddetti piani saranno volti al raggiungimento di sufficienti condizioni di naturalità, all'evoluzione dell'ecosistema verso assetti autonomamente stabili, alla massimizzazione della complessità strutturale in ragione della migliore funzionalità bio-ecologica dell'ecosistema forestale, al mantenimento delle funzioni protettive e produttive nelle situazioni previste dal presente piano, escludendo azioni di isolamento ed enucleazione delle aree di maggior valore. 5. In assenza di piano di gestione, in tutte le aree si applicano i seguenti divieti, aventi l'efficacia di cui all'art.3 comma 2 punto a per le aree interne al perimetro del parco e l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b per aree ricadenti in zona contigua: - nuova edificazione, apertura o completamento di strade. - movimenti di terreno e modificazioni dei reticoli idrici superficiali, fatta eccezione
per quelli finalizzati al mantenimento delle attività agropastorali in atto (purchè compatibili con gli ecosistemi protetti), al soddisfacimento dei fabbisogni idropotabili, alla difesa idrogeologica o al recupero ambientale di cave dismesse ed altre aree degradate;
- la lavorazioni del suolo, compresa l'aratura per una profondità maggiore di 40 cm
e ogni tipo di escavazione per una fascia di 5 ml misurati a partire dal margine dell'area boscata, riducibile a 3 ml nel caso di contiguità con aree coltivate;
- le coltivazioni per una fascia di 2 ml misurati a partire dal margine dell'area
- taglio di esemplari di tasso (Taxus baccata).
Art. 19. Gestione faunistica
1. Al fine di favorire la tutela delle comunità faunistiche presenti nell'area, valgono le seguenti prescrizioni aventi l'efficacia di cui all'art.3 comma 2 punto a per le aree interne al perimetro del parco e l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b per aree ricadenti in zona contigua: - nella realizzazione e manutenzione di elettrodotti si dovrà far ricorso a tipologie di
piloni e cavi che riducano il rischio di impatto o elettrocuzione della fauna selvatica;
- nella manutenzione, restauro e ripristino di edifici, muretti a secco e altre strutture
edilizie si dovranno adottare accorgimenti in grado di garantire il loro uso da parte della fauna e flora che tipicamente vi si insedia fatti salvi i casi in cui la presenza di dette specie può creare problemi alla conservazione dei manufatti (la norma non si adotta nel caso di roditori);
- nella manutenzione, restauro e ripristino di sorgenti, abbeveratoi e pozze d'acqua
artificiali si dovranno adottare accorgimenti in grado di garantire il loro utilizzo come siti di riproduzione da parte degli anfibi e ridurre il rischio di annegamento da parte di altre specie faunistiche,
- si dovrà avviare un monitoraggio dell'impatto della viabilità sulla fauna selvatica
al fine di mettere in atto tutti gli interventi necessari a ridurre il rischio di incidenti e consentire il regolare attraversamento delle sedi viarie da parte degli animali;
- si dovrà avviare attività di monitoraggio della fauna e della flora sia per quanto
riguarda specie o gruppi di specie di particolare interesse (endemismi, specie rare specie bandiera) che per quanto concerne comunità particolarmente sensibili alle attività antropiche o ai dinamismi in atto (comunità forestali, comunità dei pascoli ecc);
- si dovranno favorire le reintroduzioni o i ripopolamenti necessari alla
ricostituzione delle biocenosi originarie dell'area secondo le procedure previste dall'IUCN e dall'INFS, anche attraverso apposite convenzioni con le aziende faunistico-venatorie;
- è vietata la realizzazione di impianti eolici; - andranno realizzati accordi con i gestori delle AFV e AATV per la
regolamentazione delle immissioni a scopo venatorio ed in particolare per evitare il ricorso a specie, sottospecie o ecotipi non autoctoni.
Art. 20. Attività agro-silvo-pastorali
1. Il Piano disciplina le attività agricole ed agro-zootecniche e le connesse trasformazioni d'uso del suolo, tenendo conto delle esigenze economiche del settore e degli obbiettivi di tutela e valorizzazione ambientali assunti, favorendo in particolare quelle pratiche e quelle tecniche colturali che assicurino il mantenimento del paesaggio agrario, un'utilizzazione corretta del suolo e delle acque, il contenimento e la riduzione dei processi d'inquinamento e di degrado. 2. Con riferimento agli obiettivi sopra definiti, l'Ente Parco promuove l'utilizzo delle risorse finanziarie nazionali, regionali e comunitarie destinate al mondo rurale e alle produzioni agricole e all'allevamento, in particolare per favorire e sostenere:
a) la permanenza in loco delle attività produttive agricole e pastorali a garanzia della
tutela del paesaggio, dell'ambiente e dell'identità culturale locale, valorizzando i servizi ambientali forniti dalle imprese;
b) le produzioni agricole e zootecniche locali, con particolare riferimento alle
produzioni tipiche e di qualità, ed orientate alla agricoltura con metodo biologico, favorendo la specializzazione delle imprese;
c) gli interventi diretti alle innovazioni tecnologiche, nel campo dell'organizzazione
di impresa, della tutela della qualità del prodotto, dello smaltimento dei rifiuti e della razionalizzazione dell'uso delle risorse;
d) le attività di informazione, consulenza e orientamento, dirette alla promozione di
forme di associazione e cooperazione tra le imprese, all'assistenza tecnica, finanziaria ed amministrativa in particolare per i giovani e per le aziende famigliari, alla formazione professionale anche attraverso la realizzazione di laboratori sperimentali, alla commercializzazione dei prodotti di nicchia e biologici anche con interventi di divulgazione informativa e con la istituzione di ‘marchi di qualità' e con la concessione dell'emblema e del nome del Parco.
e) lo sviluppo dell'agriturismo, del turismo rurale, dell'utilizzo dei prodotti agricoli
all'interno del Parco mediante l'assistenza tecnica, la formazione professionale, il convenzionamento per attività ricreative e educative e di manutenzione del territorio e delle strutture di gestione.
f) i programmi di ricomposizione fondiaria, l'associazionismo e la cooperazione
pubblico-privata nelle produzioni e nel presidio del territorio; nonché i progetti di intervento che prevedano la cura dei terreni agricoli abbandonati.
3. Al fine di promuovere il mantenimento dell'attività agricola congiuntamente con la difesa del suolo e la conservazione delle risorse ad esso legate, valgono le seguenti prescrizioni aventi l'efficacia di cui all'art.3 comma 2 punto a per le aree interne al perimetro del parco e l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b per aree ricadenti in zona contigua: a) è vietato l'impiego ed ogni rilascio ambientale di organismi geneticamente
modificati (OGM) nei processi di produzione e di trasformazione agricola (vegetale ed animale), anche a scopo sperimentale;
b) sono vietate tecniche colturali che tendono a ridurre la biodiversità: la
fertilizzazione dovrà ridurre al minimo la perdita delle sostanze nutritive, dovranno essere reimmesse nel suolo quantità sufficienti di materiale biodegradabile di origine microbica, vegetale o animale, le erbe infestanti, gli insetti e le malattie dovranno essere controllate prioritariamente con tecniche colturali preventive (rotazioni adeguate, sovesci, piani di fertilizzazione equilibrati, controllo meccanico e interruzione dei cicli di sviluppo degli insetti, gestione del microambiente);
c) sono permesse le coltivazioni intensive di varietà compatibili, purchè effettuate
con sistemi di agricoltura biologica;
d) devono essere mantenute le scoline trasversali alle linee di massima pendenza (se
questa superi il 5%) in numero adeguato alle portate ruscellanti, e, ove la lavorazione superficiale interessi l'intero appezzamento, l'approntamento stagionale di solchi di scolo delle acque ruscellanti posti sempre trasversalmente alle linee di massima pendenza;
e) sono vietati gli interventi che eliminino o pregiudichino la funzionalità dei
collegamenti tra le vie d'acqua, gli stagni, le sorgenti, i fossi, le zone umide e le altre aree ricche d'acqua che non vengono usate per l'agricoltura intensiva; tra le aree con flora ruderale; tra i confini degli appezzamenti (estensivi) diversificati dal punto di vista ecologico;
f) devono essere adottate misure adeguate per prevenire l'eccessivo ed improprio
impiego dell'acqua, l'inquinamento delle acque profonde e superficiali;
g) è vietato l'allevamento, allo stato brado e semibrado di animali non tradizionali
per i luoghi e incompatibili con la funzionalità ecologica.
5. Ai fini della tutela della diversità biologica l'attività dell'allevamento dovrà essere orientata: a) all'utilizzazione di razze locali attraverso stabulazione semilibera con largo
impiego del pascolo;
b) rispettare i metodi di produzione biologica secondo i regolamenti CEE
n°2092/91 e successivi;
c) soddisfare almeno il 60% del fabbisogno foraggero dei capi allevati con
produzioni autoctone;
d) rispettare l'utilizzazione agronomica delle deiezioni animali (letame e liquame)
di cui al decreto legislativo n°152/99;
e) ad utilizzare tecniche che assecondino le necessità fisiologiche ed etologiche
degli animali, evitando allevamenti senza terra.
6. Il Parco promuove, d'intesa con i Comuni, il censimento e la valutazione dello stato degli usi civici ai fini di garantire una loro corretta e duratura applicazione.
Art. 21. Patrimonio edilizio rurale
1. Al fine di migliorare le condizioni economiche, abitative e lavorative degli imprenditori agricoli e delle loro famiglie, l'Ente Parco, anche mediante intese con le altre autorità competenti favorisce gli interventi di recupero, riqualificazione e potenziamento del patrimonio edilizio rurale, con particolare attenzione agli edifici di impianto storico, anche per usi ed attività integrative strettamente connesse con le attività degli imprenditori stessi. In particolare, ferme restando le norme per l'edificazione nelle zone rurali di cui alla vigente normativa regionale, costituisce priorità ai fini delle misure di sostegno ed incentivazioni previste da disposizioni regionali, nazionali e comunitarie, la predisposizione di interventi volti a preservare ed a rifunzionalizzare gli edifici rurali di impianto storico ritenuti di pregio, con priorità per i manufatti individuati nella tavola dell'Inquadramento Strutturale.
Art. 22. Castelli, borghi e nuclei ("ville") storici
1. Al fine di salvaguardare e valorizzare i tessuti edificati storici, in particolare centri, castelli, borghi e nuclei rurali ("ville"), individuati nella tavola di "inquadramento strutturale" del parco, il Piano, detta le prescrizioni di cui ai commi seguenti aventi l'efficacia di cui all'art.3 comma 2 punto a per le aree interne al perimetro del parco e l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b per aree ricadenti in zona contigua.
2. Per il perseguimento degli obbiettivi di cui al comma 1, gli interventi di recupero e riqualificazione consentiti, non potranno trasformare: a) l'impianto urbanistico, colto nei momenti nodali della strutturazione storica, nelle
componenti e nelle relazioni principali che lo costituiscono, nelle tessiture caratterizzanti, nelle direttrici, nei principali allineamenti, nelle gerarchie tra percorsi, edificato e spazi aperti facenti parte dell'organismo territoriale;
b) il contesto paesistico, agricolo, produttivo, naturale ed insediativo (coltivi, orti,
frutteti, vigneti, edifici e manufatti sparsi (religiosi, civili, produttivi, rurali, ecc.), caratterizzante ed interagente con i diversi insediamenti storici, ancorchè residuo o marginale;
c) le connessioni funzionali tra il nucleo, le pertinenze (aie, orti e coltivi) ed il
contesto (coltivi, oliveti, vigneti, boschi e pascoli), con particolare attenzione per la fitta trama di sentieri, strade interpoderali e carrarecce, muretti e fossi, cigli e terrazzi, alberate, filari e siepi, ancora presenti nella loro forma tradizionale;
d) le tipologie ricorrenti che, all'interno di una determinata area e di un determinato
periodo storico, contraddistinguono modalità tradizionali di costruzione comuni e/o omogenee;
e) le emergenze, i segni e le permanenze storiche del ruolo storicamente esercitato
da ciascun centro sul piano politico-amministrativo, religioso e culturale, commerciale e produttivo (edifici religiosi, civili e produttivi, fortificazioni, castelli, vie di comunicazione, piazze);
f) le architetture, i manufatti e le opere d'arte minori (lavatoi, fontane, tabernacoli,
portali, monumenti, pozzi, mura di recinzione di orti interclusi, mura di sostegno) che contribuiscono a caratterizzare parti del nucleo e del suo contesto;
g) gli spazi aperti urbani storicamente consolidati; h) gli spazi di socializzazione e d'uso pubblico: piazze ed altri luoghi centrali,
parchi pubblici, spazi attrezzati con arredo.
3. In sede di formazione degli strumenti urbanistici generali ed attuativi comunali dovranno essere introdotti approfondimenti conoscitivi adeguati, finalizzati al recupero e riqualificazione degli insediamenti storici, riguardanti in particolare: a) le gerarchie e le relazioni tra percorsi, unità insediative e spazi aperti facenti parte
dell'organismo territoriale;
b) la forma costitutiva dell'unità insediativa distinta nei diversi livelli di
organizzazione (eterogeneità, linearità, polarità);
c) le emergenze e gli elementi che hanno avuto un ruolo determinante nella
formazione dell'unità insediativa;
d) i tipi edilizi ed il loro rapporto con i tessuti edilizi di cui fanno parte, con
particolare attenzione ai tipi caratterizzanti in generale l'area del Montefeltro ed in particolare l'area dei Sassi, quali: (sentire Prof. Allegretti e Silvia Soragna);
e) i materiali e le tecnologie tradizionali (tessiture murarie, strutture portanti
verticali ed orizzontali, intonaci, manti di copertura, cornicioni, porte e finestre, mandolati e feritoie, cornici ed altri elementi decorativi);
f) le forme di degrado fisico e tipologico dei tessuti e dei tipi edilizi, l'abbandono,
le destinazioni d'uso sia nelle forme originarie che attuali.
Art. 23. Viabilità e percorsi storici
1. Al fine di salvaguardare e valorizzare i percorsi e la viabilità storica, in particolare quelli riconosciuti come strutture di connessione degli insediamenti aggregati e dei beni culturali isolati, individuati nella tavola di "inquadramento strutturale" del parco, il Piano detta le prescrizioni di cui ai commi seguenti aventi l'efficacia di cui all'art.3 comma 2 punto a per le aree interne al perimetro del parco e l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b per aree ricadenti in zona contigua. 2. Sono da tutelare, ancorchè non cartografate: mulattiere, sentieri comunali, vicinali e poderali, nonché i percorsi storici di lunga percorrenza, con particolare attenzione per: a) il sistema delle trasversali, di crinale e di mezzacosta, consolidatosi per la
maggior parte in epoca medioevale per i collegamenti tra la costa e la val Tiberina (Toscana e Umbria);
b) il sistema dei percorsi storici minori tra i vari nuclei storici o anche tra
insediamenti ed aree naturali interessate da attività silvo-pastorali (boschi cedui e pascoli, aree di uso civico);
c) i percorsi storici di lunga comunicazione, prevalentemente di origine romana,
lungo la Val Marecchia.
3. Negli elementi di cui al comma 2, gli interventi, oltre a quanto già specificato nella tavola di articolazione territoriale del Parco e nelle schede di U.P., tendono a qualificare l'identità e la riconoscibilità dei percorsi, anche attraverso l'integrazione nei sistemi territoriali e nei circuiti di fruizione attraverso: a) il recupero e la rifunzionalizzazione di sedimi e manufatti obsoleti; b) il restauro o il ripristino delle sistemazioni tradizionali dei percorsi quali: selciati,
alberature, filari, alberi da frutto, siepi, cigli erbosi, fossi e canalette di scolo, tornanti, ponti, muri di sostegno e scarpate, gradoni e scalini in pietra nei sentieri a forte pendenza;
c) la realizzazione di spazi di sosta e belvederi, segnaletica e pannelli informativi ed
eventuali allargamenti della sede stradale, se compatibili con la destinazione di zona e con la situazione paesistico-ambientale dell'area oggetto d'intervento, evitando comunque rettifiche o alterazioni dei tracciati originari.
4. L'Ente Parco, in sede di formazione degli strumenti urbanistici generali ed attuativi comunali, incentiva specifici studi di settore sullo stato dei percorsi pedonali, promuovendo approfondimenti riguardanti lo stato di conservazione ed efficienza.
Art. 24. Beni di specifico interesse storico, artistico, culturale, archeologico
1. Al fine di salvaguardare e valorizzare i beni di specifico interesse storico, artistico, culturale ed archeologico, individuati nella tavola di "Inquadramento Strutturale", il piano detta le prescrizioni di cui ai commi seguenti, aventi l'efficacia di cui all'art.3 comma 2 punto a per le aree interne al perimetro del parco e l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b per aree ricadenti in zona contigua.
2. Sono vietati interventi che possano compromettere la leggibilità del ruolo che i seguenti beni svolgono nella caratterizzazione del rispettivo contesto: a) edilizia religiosa tradizionale: pievi, chiese, conventi, eremi, abazie, romitori e le
altre strutture religiose minori quali cappelle, tabernacoli, croci e pinture;
b) edilizia fortificata: castelli, torri e fortezze, con particolare attenzione alla
formazione di sistemi di manufatti fortificati;
c) edilizia padronale: ville e palazzi storici compresi i parchi, i giardini, le relative
tenute e dipendenze (cappelle, case coloniche, fienili, stalle, carraie, legnaie e cantine, semenzai, cisterne, bottacci, ecc.) con particolare attenzione alla formazione di sistemi di ville o fattorie;
d) edilizia rurale d'impianto storico: le case coloniche e relativi annessi agricoli
(fienili, stalle, carraie, legnaie e cantine); altri manufatti rurali minori quali: stalline, cloache, forni, pozzi, porcilaie; i manufatti funzionali alle attività silvo-pastorali;
e) edilizia protoindustriale: mulini e frantoi e relative sistemazioni idrauliche (quali
gore, chiuse, prese, bottacci e serbatoi), con particolare attenzione alla formazione di sistemi di mulini;
f) aree di ritrovamenti archeologici di accertata entità ed estensione; 3. Gli interventi consentiti, da attuarsi prioritariamente previa redazione di schedature ed inventari del patrimonio esistente, saranno volti esclusivamente: a) alla conservazione di:
a1) caratteri distributivi (accessi, scale, ecc.); a2) caratteri strutturali, gerarchia statica e distribuzione delle sollecitazioni
(l'utilizzo di tecniche costruttive e materiali non tradizionali dovrà essere strettamente in funzione della conservazione dell'edificio o di una sua parte);
a3) componenti tecnologiche ed elementi decorativi e di finitura.
b) a non pregiudicare l'accessibilità, la fruibilità e la leggibilità attuale dei beni,
comprensivi delle pertinenze e delle aree libere latistanti che ne permettono la fruizione dalle strade di maggior traffico, anche con riferimento alle schede di U.T .ed alla tavola di articolazione territoriale del Parco;
c) a prevedere, contestualmente agli interventi conservativi, la demolizione delle
superfetazioni e delle aggiunte degradanti, l'eventuale riuso delle aggiunte coerenti, e gli interventi necessari per l'adeguamento ai requisiti di qualità igienica, funzionale, di sicurezza e di agibilità;
d) a conservare e consolidare, senza alterazioni o aggiunte di completamento, i
ruderi delle emergenze architettoniche individuate, mentre sulle loro aree di pertinenza sono ammessi anche interventi di sistemazione per favorirne la conservazione, la fruibilità e l'apprezzabilità.
4. Le destinazioni d'uso ammesse sono quelle originali o storicamente consolidate, ovvero altre purchè compatibili con la conservazione e coerenti con l'impianto dell'organismo architettonico e delle pertinenze. 5. In sede di formazione degli strumenti urbanistici generali ed attuativi comunali, ed in ogni caso nel progetto d'intervento, dovranno essere introdotti ulteriori approfondimenti riguardanti in particolare: a) la dimensione, l'ubicazione, la data di costruzione e la destinazione d'uso storica
b) la forma dell'edificio e la sua matrice tipologica di riferimento; c) le caratteristiche costruttive delle diverse componenti tecnologiche strutturali e
d) i materiali da costruzione utilizzati; e) lo stato di conservazione fisico e tipologico; f) l'area di pertinenza connessa al bene oggetto di tutela, sulla base di motivazioni
storiche, morfologiche e funzionali.
Art. 25. Paesaggi ed elementi di specifico interesse paesistico-percettivo
1. Al fine di salvaguardare e valorizzare il patrimonio paesistico il Piano detta le direttive di cui ai commi seguenti aventi l'efficacia di cui all'art.3 comma 2 punto b. 2. Per le finalità di cui al comma 1, gli interventi devono tendere, in particolare, a: a) la conservazione dei paesaggi agrari di specifico interesse, con particolare
attenzione per la manutenzione ed il recupero di componenti tipiche (coltivazioni a terrazzo, ciglionamenti, muretti a secco, forme di regimazione tradizionale delle acque, architetture vegetali e forme peculiari e stabili di coltivazioni arboree);
b) il mantenimento della varietà, della ricchezza e della riconoscibilità dei caratteri
permanenti e delle regole morfogenetiche, escludendo nuove edificazioni, infrastrutture, o recinzioni, o trasformazioni radicali delle opere di sistemazione del terreno, e della trama di fondo (parcellizzazione, terrazzamenti, ciglionamenti, reticoli degli scoli e dei cavi irrigui, piantate ed alberate, siepi, ecc.); il disegno delle masse boschive; i caratteri strutturali, tipologici e morfologici degli insediamenti storici rurali;
c) la conservazione di rapporti visivi, dei fulcri di fruizione visiva, escludendo
interventi edilizi e infrastrutturali di nuova costruzione od ampliamento di strutture esistenti, nonchè di ogni intervento, anche agroforestale, che modifichi significativamente l'aspetto visibile dei luoghi o il loro rapporto con le emergenze interessate;
d) la rimozione o la mitigazione di fattori di detrazione visiva o degrado. 3. In fase di adeguamento degli strumenti urbanistici generali comunali al Piano per il Parco dovranno essere individuati i paesaggi ed elementi di specifico interesse paesistico sulla base dei fattori identitari contenuti nelle Unità di Paesaggio.
Art. 26. Sistemi di accessibilità
1. Al fine di favorire una fruizione appropriata per tutti, il Piano prevede la riorganizzazione complessiva delle infrastrutture viarie e dei percorsi pedonali sulla base dei seguenti indirizzi aventi l'efficacia di cui all'art.3 comma 2 punto a per le aree interne al perimetro del parco e l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b per aree ricadenti in zona contigua: - migliorare l'accessibilità dalle aree interne ai servizi ed ai luoghi di scambio e di
- spostare il più possibile la mobilità verso il trasporto collettivo; - ripristinare e riqualificare gli itinerari storici, quale struttura essenziale di
fruizione del territorio;
- rafforzare il ruolo centrale degli spazi e delle attrezzature pubbliche attraverso
interventi di riqualificazione e potenziamento;
- favorire la riaggregazione, attorno ai nodi principali della struttura urbana
(soprattutto quelli storicamente consolidati) delle attività sociali, commerciali, ricreative e culturali e la loro miglior connessione con le reti fruitive del parco.
2. Per la riorganizzazione delle infrastrutture viarie, individuate nella tavola di articolazione territoriale del parco, il Piano detta le seguenti direttive aventi l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b: a) riqualificare le tratte stradali di accesso al comprensorio del parco; b) riqualificare le connessioni tra il parco e gli itinerari turistico-culturali a livello
territoriale, anche attraverso l'individuazione di una serie di centri abitati in cui consolidare la ricettività, diversificando l'offerta per incentivare sia il turismo culturale che quello naturalistico-escursionistico;
c) qualificare "l'anello carrabile" del parco e il "grande anello carrabile dei sassi" con
interventi che dovranno attenersi rigorosamente al rispetto delle seguenti modalità: utilizzare il sedime esistente; eliminare la vegetazione infestante e gli altri elementi di detrazione visiva sulle fasce laterali; attrezzare piccole aree di sosta, aree per pic-nic e belvederi, evitando la realizzazione di muri di sostegno o l'alterazione di manufatti di pregio storico-culturale; apporre adeguata segnaletica; effettuare limitate rettifiche ed ampliamenti della sezione stradale trasversale utile;
d) riqualificare la "viabilità locale" che dagli anelli conduce ai principali nodi della
fruizione del parco, prevedendo interventi di manutenzione e riqualificazione, con limitate rettifiche del tracciato e con eventuali ampliamenti della sezione stradale trasversale utile;
e) recupero ambientale, anche ai fini della riqualificazione escursionistica, delle
fasce interessate da strade veicolari che attraversano aree di particolare sensibilità, e comunque tute quelle in zone "B", con misure di regolamentazione del traffico diversificate in funzione delle specifiche situazioni ambientali e temporali e con eventuali interventi di rinaturalizzazione.
3. Non è ammessa la costruzione di nuove tratte stradali salvo tratti di completamento di itinerari esclusivamente nell'ambito di progetti promossi direttamente dal Parco, orientati agli obiettivi di cui ai commi precedenti e dei Progetti e Programmi di Valorizzazione descritti nelle schede di U.P. 4. Nel progettare gli interventi di cui al comma 2 dovranno essere introdotti accorgimenti volti a: - migliorare la fruibilità visiva e la panoramicità, in corrispondenza di punti
panoramici e strade panoramiche, individuate nella tavole e nelle schede U.P., in special modo delle visuali verso le principali emergenze visive del Parco, con l'esclusione o la riduzione, quando possibile, sulle fasce latistanti, di elementi di detrazione;
- introdurre varchi per l'attraversamento protetto, adatti al tipo di fauna da tutelare
in corrispondenza delle aree di connessione ecologica, individuate nella tavola di inquadramento territoriale del parco e nelle aree a maggiore naturalità;
- assicurare, per le strade urbane, la compatibilità degli interventi di modificazione,
o di potenziamento, con le esigenze di tutela delle aree di pregio storico-culturale.
5. Nella riorganizzazione dei percorsi pedonali con particolare attenzione per quelli escursionistici valgono in particolare le seguenti prescrizioni , aventi l'efficacia di cui all'art.3 comma 2 punto a per le aree interne al perimetro del parco e l'efficacia
di cui all'art. 3 comma 2 punto b per aree ricadenti in zona contigua: utilizzare il sedime esistente; non prevedere la costruzione di nuove tratte fuorchè per alcuni limitati completamenti e per tratte di percorsi per disabili; inserire supporti informativi e segnaletica conformi alle indicazioni provenienti dal Parco.
Art. 27. Sistemi di attrezzature e servizi
1. Al fine di favorire una fruizione appropriata del Parco, il Piano prevede, con l'efficacia di cui all'art. 3 comma 2 punto b, la riorganizzazione complessiva delle attrezzature e dei servizi, identificati nella tavola di articolazione territoriale del parco, ed in particolare: - la riorganizzazione dei "nuclei con servizi" di supporto all'anello carrabile del
parco e al grande anello carrabile dei "Sassi", in cui promuovere il potenziamento e la riqualificazione delle strutture ricettive esistenti e servizi al turismo anche escursionistico, e la formazione di percorsi pedonali senza barriere architettoniche;
- la formazione di "parcheggi e aree di sosta attrezzate" che assumono la funzione
di base di partenza per escursioni attraverso eventuali interventi ed opere per la sosta e la ricreazione, la formazione di percorsi pedonali senza barriere architettoniche, il potenziamento e la qualificazione delle strutture ricettive e dei servizi al turismo ed il recupero del patrimonio edilizio esistente;
- l'organizzazione di "luoghi ed attrezzature per l'attività didattico-ricreativa" e i
"centri di supporto alla visita", da realizzare preferibilmente attraverso il recupero del patrimonio edilizio esistente, in cui prevedere: aule didattiche, aule verdi, orti botanici, parchi faunistici e musei connessi ai percorsi didattici. Le attività saranno promosse, operate o controllate dall'Ente stesso, anche mediante convenzioni con operatori privati o con altri enti pubblici;
- la realizzazione di "porte del parco" e "centri di informazione", distribuiti nei
principali nodi della rete fruitiva, in cui prevedere uffici e/o attrezzature, organicamente inseriti nel sistema informativo del parco, atti a fornire al visitatore in entrata le principali notizie sulle caratteristiche del Parco stesso (risorse, percorsi e servizi);
- la realizzazione della "casa del parco" in cui prevedere gli uffici e la sede
amministrativa dell'Ente Parco in stretta relazione con la riqualificazione ambientale e funzionale delle aree periferiche del centro abitato di Carpegna e del "parco delle querce" con attività ed attrezzature all'aperto di carattere ricreativo, sportivo e per il tempo libero:
- la realizzazione del centro visite - museo naturalistico del Parco a Pennabilli, in
stretta relazione con il potenziamento delle attività ricettive, attraverso il recupero dell'ex caserma carabinieri e del Parco Begni e la riqualificazione delle località di Scavolino, Miratoio, Soanne, Lago di Andreuccio e Maciano, che costituiscono alcune delle porte naturali di accesso al Parco.
2. Si prevede inoltre per l'intero territorio del Parco, purchè in coerenza con le previsioni di zona di cui all'art.9: - il completamento di infrastrutture già destinate alla fruibilità del Parco (strutture
ricettive, sentieri escursionistici, aree attrezzate, area faunistica e giardino botanico, punti di osservazione, percorsi ippici e ciclabili, tabellazione perimetrale e cartellonistica informativa e promozionale);
- ristrutturazione e adeguamento di strutture ricettive e foresterie, edifici CEA,
immobili ed arredi per laboratori territoriali legati all'attività INFEA e turismo scolastico, musei naturalistici e della civiltà contadina;
- progetti integrati su scala territoriale tali da prefigurarsi come unità funzionali del
sistema "museo diffuso";
- realizzazione di infrastrutture per la promozione di mestieri della tradizioni e
prodotti tipici.
TITOLO IV. NORME TRANSITORIE
Art. 28. Norme transitorie
1. Fino a quando le Amministrazioni competenti non avranno provveduto all'adeguamento del loro strumento urbanistico generale alle direttive del presente Piano sono comunque tenute al rispetto delle norme precettive di cui al Titolo III delle presenti Norme limitatamente alle aree interne al Parco ed inoltre: - nelle aree classificate come zone A e B, sono consentiti esclusivamente interventi
di manutenzione e restauro, ai sensi delle lettere a), b) e c) del primo comma dell'art. 31 della L. 457/1978, purchè in coerenza con le finalità del Parco, così come specificato nel presente piano;
- nelle aree classificate come zone C, sono consentiti esclusivamente gli interventi
di cui alle lettere a), b) e c) del primo comma dell'art. 31 della L. 457/1978, purchè in coerenza con le finalità del Parco così come specificate nel presente Piano. Devono comunque essere permesse le infrastrutture strettamente necessarie per le attività agro-silvo-pastorali tradizionali;
- nelle aree classificate come zone D sono consentiti esclusivamente gli interventi
di cui alle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'art. 31 della L. 457/1978, e le nuove costruzioni, previo nulla-osta dell'Ente Parco, purchè non contrastino con le finalità del Parco così come specificate nel presente Piano.
2. Sono fatti salvi i piani attuativi regolati da convezioni stipulate in tempi anteriori alla adozione del piano e le previsioni dello strumento urbanistico generale comunale (o programma di fabbricazione) per le zone A e B di cui al D.M. 1444/68. 3. Nelle aree contigue, in assenza delle concertazioni da attuarsi secondo le modalità di cui all'art. 4 comma 6 si applicano, unicamente, le disposizioni previste dalla strumentazione urbanistica vigente.
DEL SASSO SIMONE E SIMONCELLO
PIANO DEL PARCO
N.T.A. - ALLEGATO "A"
SCHEDE UNITA' DI PAESAGGIO
U.P. 1 - SASSI SIMONE E SIMONCELLO
Limiti
Forti: ad Ovest (U.P. 3), Nord (U.P. 3 e 5) e Est (U.P. 6)
Incerti: a sud (Riserva naturale Toscana)
Descrizione sintetica
L'elemento di maggiore caratterizzazione paesaggistica dell'U.P. è dato dalla
presenza dei sassi erratici di Simone e Simoncello che emergono in un contesto
prevalentemente naturale; il Sasso Simone, in particolare, costituisce la più
importante emergenza geologica e al contempo il sito di maggiore interesse storico-
culturale del parco (sito archeologico della antica città medicea).
L'U.P. è certamente la più naturale tra quelle presenti nel parco; l'uso del suolo è
infatti ampiamente dominato dagli arbusteti e dal ceduo invecchiato che insieme
coprono oltre il 70% della superficie. Il ceduo invecchiato si presenta compatto con
una grande area corrispondente alla Cerreta della Cantoniera che verso nord si salda
con i cedui della U.P. 3. Gli arbusteti sono più diffusi anche se una frazione molto
consistente è concentrata nell'area di Monte Cassinelle. Altre aree importanti sono
quelle di Monte Canale e di Miratoio, entrambe con pascoli arbustati.
Da un punto di vista antropico l'U.P. è caratterizzata dalla presenza del Demanio
Militare e delle corrispondenti funzioni connesse (Poligono Militare) che regolano e
limitano complessivamente le attività.
Complessivamente questa U.P. si presenta come un'area con evidenti fenomeni di
rinaturalizzazione legati sia alla riduzione del pascolo che alla presenza del poligono
militare.
Fattori identitari - Interventi: conservazione (c), restituzione (r), riqualificazione (f)
Sistema fisico:
- Sassi Simone e Simoncello e Torre del Peschio (c)
- Frane dei Sassi Simone e Simoncello (c)
- Accumuli di frana e grandi calate a blocchi di Sasso Simone e Simoncello (c)
- Sovrascorrimento di Monte Cassinelle (anche UP 6) (c)
- Laghetti di frana del torrente Seminica (c)
- Località fossilifera di T. Storena (c)
- Località fossilifera di Sasso Simoncello (c)
- Località fossilifera di M. Cassinelle (c)
- Località fossilifera di Le Valli (c)
- Blocchi del "La Pietra" (c)
- Brecce del Sasso Simone (c)
Sistema biologico:
- Cerreta della Cantoniera di Carpegna (r)
- Faggeta d'altro fusto tra la Cantoniera e il fosso Paolaccio (anche in U.P. 3) (c)
- Boschi su detrito del Sasso Simone (r)
- Cinosureti e brometi con abbondanti fioriture di orchidee di Monte Cassinelle (r)
- Cinosureti e brometi con abbondanti fioriture di orchidee di Monte Canale (in
continuità con quelli di Serra di Valpiano) (r)
- Cinosureti e brometi con abbondanti fioriture di orchidee di Miratoio (r)
- Sistema storico culturale: - "Villa" di Valpiano (r) - Area archeologica del Sasso Simone (c) - Percorsi storici da Carpegna a Petrella Massana per Sasso Simone, da Carpegna a
Presciano per Torre del Peschio, da Frontino a Torre del Peschio per convento di Montefiorentino, da S. Sisto a Torre del Peschio per Rio Roggio (r)
Sistema paesistico-percettivo: - Punti di vista importanti dei Sassi Simone e Simoncello (c) - Strada panoramica da passo della Cantoniera a Serra Valpiano (f) - Crinali particolarmente visibili di Monte Petralla, Torre del Peschio, Poggio del
Faggio, Banditella, Cima di Baggio (c)
- Luoghi di particolare coesione paesistica dei sassi Simone e Simoncello (c)
Sistema socio-economico:
- Nessuno
Obiettivi di gestione e Progetti di valorizzazione
a) Valorizzazione, riqualificazione e potenziamento dell'area della Cantoniera come
luogo privilegiato per l'accesso alla fruizione delle aree di maggiore interesse
naturalistico del parco, attraverso la realizzazione di un Piano Particolareggiato per
un'"area speciale" (Cfr. tav. Articolazione Territoriale). In particolare si prevedono le
seguenti azioni:
- sistemazione della viabilità panoramica Carpegna-Cippo-cantoniera, in particolare
nelle tratte coincidenti con "l'anello carrabile del parco", anche mediante la realizzazione di adeguati spazi di sosta e parcheggio, l'installazione di segnaletica informativa e turistica;
- recupero delle aree degradate dell'ex sciovia mediante la realizzazione di un
campeggio naturalistico e di aree per la sosta e lo svago con adeguate attrezzature e servizi.
b) Tutela, recupero e valorizzazione delle aree di maggior pregio naturalistico con particolare attenzione alla Riserva Integrale dei Sassi Simone e Simoncello. In particolare si prevedono le seguenti azioni: - avviamento all'alto fusto del bosco ceduo di cerro di proprietà demaniale
all'interno del poligono militare, migliorando le caratteristiche di stabilità in termini naturalistici, paesaggistici e di difesa del suolo;
- recupero e riqualificazione dei percorsi pedonali di accesso ai sassi dall'anello
carrabile del parco ed in particolare dei sentieri che si dipartono dalla Cantoniera, Carpegna, S.Sisto e Miratoio, anche mediante opportuni accordi con il Ministero della Difesa per la regolamentazione degli accessi all'interno dell'area demaniale;
- riqualificazione del sito archeologico del Sasso Simone attraverso il recupero
della strada storica di accesso alla rupe, la realizzazione di adeguate strutture informative e la formazione di un'area attrezzata come aula didattica all'aperto;
- mantenimento delle cenosi a prateria con particolare attenzione a quelle di M.
c) Realizzazione del Piano Particolareggiato delle aree di proprietà demaniale in accordo con il Ministero della Difesa ed in collaborazione con l'area protetta Toscana(Cfr. Articolazione territoriale) che preveda in particolare:
- la formazione di una regolamentazione comune (sia per la parte Toscana che per
la parte Marchigiana) contenente le modalità e le condizioni d'uso delle aree anche attraverso l'individuazione di specifici periodi destinati alla fruizione pubblica dell'area;
- le funzioni e le attività ammissibili anche di carattere pubblico-privato integrative
a quelle militari;
- il recupero e la riqualificazione delle aree degradate con particolare attenzione per
le aree naturali di maggiore pregio naturale;
- il recupero degli spazi antropizzati, degli edifici e dei manufatti esistenti; - la riqualificazione dell'ecosistema forestale; - la divulgazione del valore storicamente simbolico del Sasso Simone come luogo
(di valore naturalistico ed archeologico) ed elemento strutturale per l'identificazione di una immagine unitaria del parco.
U.P. 2 - MONTE CARPEGNA
Limiti
Forti: ad Ovest (U.P. 3)
Deboli: a Sud (U.P. 5), a Nord ed Est (U.P. 4)
Descrizione sintetica
L'U.P. si sviluppa sulla parte sommitale del Monte Carpegna ed è caratterizzata dalla
presenza di formazioni aperte. Le praterie e i prati-pascoli, che occupano oltre il 40%
della superficie, si concentrano soprattutto intorno alla cima del M. Carpegna, di M.
Palazzolo ed intorno a Cisterna dove sono intercalati a pascoli arbustati che
rappresentano, come area, la seconda formazione dell'U.P. con quasi il 20% della
superficie occupata. Nell'area di Cisterna e Calvillano le praterie e i pascoli vengono
a contatto con i seminativi che occupano le aree prossime ai nuclei abitati. Le aree
boschive sono molto limitate ma alcune di esse sono tra le meglio conservate
dell'intero Parco.
Sotto il profilo antropico l'area si caratterizza, in quota, per la presenza dell'Eremo
della Madonna del Faggio e degli impianti e strutture dei campi di sci di Cella del
Monte; mentre alle quote meno elevate sono presenti diverse borghi di origine rurale,
"Ville" (Calvillano, Cisterna, Le Ville, Caprara) disposti a raggiera intorno alla
sommità del bacino del T. Conca. Nella parte sommitale delM. Carpegna sono
ubicate infrastrutture quali antenne radiotelevisive, della protezione civile e per altre
rilevazioni (con relative strutture di servizio).
Fattori identitari - Interventi: conservazione (c), restituzione (r), riqualificazione (f)
Sistema fisico:
- Frana di Monte Boaggine (r)
- Frana di Le Ville (c)
- Trincee e DPGV di Eremo e Monte di Pietrabandella (c)
- Cascata dell'Acquadalto (c)
- Cascata di ponte Conca (c)
- Costa dei Salti (c)
- Sistema biologico:
- Faggeta dei Pianacquadio (c)
- Cinosureti e brometi con abbondanti fioriture di orchidee di Monte Carpegna (r)
- Vegetazione steppica su litosuolo di Cisterna (r)
- Costa dei Salti (c)
Sistema storico culturale:
- "Ville" e borghi di Caprara, Cisterna, Le Ville, Calvillano (r)
- Eremo della Madonna del Faggio (f)
- Chiesa di Calvillano (r)
- Luogo delle feste della Madonna del Faggio (f)
- Torre e area archeologica di Monte Boaggine (c)
- Comunanze agrarie di Passo del Trabocchetto e Testa del Monte (vedi anche
- Sistema paesistico-percettivo: - Punti di vista importanti di Monte Boaggine, Monte Carpegna e Testa del Monte
- Percorsi panoramici da Monte Carpegna a Monte Boaggine e da Monte Carpegna
a Passo del Trabocchetto (r)
- Crinali particolarmente visibili di Costa dei Salti, Monte Carpegna, Testa del
Monte, Monte Pietracandella (c)
Sistema socio-economico: - Campi da sci di Cella del Monte (r) - Infrastrutture ricettive di Madonna del faggio e Calvillano (f) - Aree attrezzate di sosta a M. Pietracandella (f) - Aziende zootecniche e/o produttive agricole di Calvillano, Cisterna, Caprara, le
Ville, Pietracadella, Mulino Boldrini (r)
Obiettivi di gestione e Progetti di valorizzazione
a) Valorizzazione, riqualificazione e potenziamento dell'area di Madonna del Faggio
come luogo privilegiato per la fruizione delle aree di maggiore interesse naturalistico
del Monte Carpegna, attraverso la realizzazione di un Piano particolareggiato per
un'"area speciale" (Cfr. Articolazione territoriale). In particolare si prevedono le
seguenti azioni:
- recupero e valorizzazione dell'eremo e degli spazi adiacenti mediante la
realizzazione di adeguati spazi informativi per la sosta e lo svago;
- riqualificazione delle attività esistenti mediante interventi tesi al miglioramento
delle capacità ricettive, alla riqualificazione degli spazi di sosta all'aperto al potenziamento delle aree a parcheggio;
- sistemazione della "viabilità locale" di accesso all'area anche mediante la
realizzazione di adeguati spazi di sosta e parcheggio, l'installazione di segnaletica informativa e turistica, valutando l'opportunità di una regolamentazione dell'accesso carrabile;
- recupero e riqualificazione ambientale delle aree interessate dagli impianti di
risalita per la pratica di sports invernali;
- riqualificazione del campeggio esistente (loc. Cippo) mediante interventi
strutturali ed infrastrutturali (foresteria, servizi, sicurezza, ecc.);
- sistemazione di percorsi pedonali e degli itinerari di maggior interesse
naturalistico che dal M. Carpegna si dipartono in direzione di Carpegna, Passo della Cantoniera, Pennabilli, Passo del Trabocchetto, Pietrarubbia.
b) Valorizzazione delle "ville" storiche di Calvillano e Cisterna come "presidio insediativo" di popolazione e attività umane attraverso: - il mantenimento e la riqualificazione dei servizi delle funzioni di interesse
pubblico e socio-culturale esistenti;
- il consolidamento e la riqualificazione delle strutture ricettive e il potenziamento
delle attività zootecniche e agricolo produttive esistenti;
- la riqualificazione degli spazi e degli edifici esistenti da utilizzare come centro di
educazione ambientale e strutture ricettive di supporto all'attività del parco (foresteria, ristoro, ecc.).
c) Valorizzazione e riqualificazione dei prati e delle praterie presenti che rappresentano uno degli ambienti di maggior pregio all'interno del parco, attraverso:
− la promozione dell'allevamento e delle tradizionali pratiche agronomiche in forme
compatibili, in grado cioè di non alterare gli equilibri ecologici;
− la redazione di appositi piani di gestione agronomica che garantiscano la
conservazione delle comunità floristiche tipiche;
− la tipizzazione e conservazione di ecotipi floristici locali;
− il monitoraggio della dinamica evolutiva delle praterie al fine di verificare
l'impatto che esse hanno sulla fauna e la flora;
− lo studio delle popolazioni di rapaci diurni che utilizzano queste aree per
l'alimentazione (questa analisi dovrà essere svolta anche in altre zone caratterizzate dalla presenza di praterie);
− riqualificazione del patrimonio faunistico in particolare attraverso la
reintroduzione della starna.
U.P. 3 - PENNABILLI E VALMARECCHIA
Limiti
Forti: a Sud (U.P. 1) ed Est (U.P. 2)
Deboli: a Est (U.P. 5)
Incerti: a Nord e Ovest (Val Marecchia) e Sud (Riserva Naturale Toscana)
Descrizione sintetica
L'U.P. occupa l'intero versante nord-occidentale del parco disposto lungo l'ampia ed
aperta Valle del F. Marecchia. Da un punto di vista naturalistico si presenta
fortemente condizionata dall'acclività che contribuisce a creare una matrice
caratteristica e variegata; ma è soprattutto l'organizzazione e la diffusione del sistema
insediativo che contribuisce a caratterizzare il paesaggio della U.P.
La parte più elevata, che si sviluppa su aree acclivi, è coperta in modo pressoché
continuo da boschi cedui che occupano oltre il 35% della superficie; dove il pendio si
addolcisce le coltivazioni diventano l'uso del suolo più diffuso. I boschi, in questa
fascia si sviluppano quasi esclusivamente lungo le incisioni dei fossi assumendo una
caratteristica forma allungata che contribuisce notevolmente ad incrementare la
permeabilità ecologica.
Accanto a questi due usi predominanti va infine segnalata la presenza di arbusteti,
soprattutto all'interno del bosco ed ai suoi margini.
Sotto il profilo antropico l'area si caratterizza per la presenza di un diffuso ed
articolato sistema insediativo, con aree agricole e coltivi, costituito: da centri di
origine storica (Miratoio, Pennabilli, Scavolini, Soanne, Maciano) disposti sulla
mezzacosta dei versanti montani meno acclivi, nuclei e borghi minori ("ville") di
origine rurale, case e agglomerati rurali, centri di fondovalle di origine generalmente
recente disposti lungo la principale viabilità di collegamento con la costa e la toscana
su cui emerge, per dimensione ed importanza socio-economica, l'insediamento
produttivo di Ponte Messa.
Fattori identitari - Interventi: conservazione (c), restituzione (r), riqualificazione (f)
Sistema fisico:
- Frana di M. Palazzolo (c)
- Frana di Passo del Trabocchetto (c)
- Lago di Andreuccio (r)
- Gola del Fosso Paolaccio (c)
Sistema biologico:
- Faggeta con tasso di Testa del Monte (r)
- Boschi su detrito del Monte Palazzolo e del Passo del Trabochetto (vedi anche
- Cinosureti e brometi con abbondanti fioriture di orchidee di Serra di Valpiano (r) - Vegetazione steppica su litosuolo di C. della Romana (r) - Vegetazione steppica su litosuolo di M. Canale (r) - Vegetazione steppica su litosuolo di Pennabilli (r) - Vegetazione steppica su litosuolo di Scavolino (r)
- Sistema storico culturale: - "Castelli" di Pennabilli, Scavolino, Castello di Maciano, Antico di Maiolo (r) - "Borghi" storici di Pennabilli, Scavolino, Maciano, Soanne (r) - "Ville" di Miratoio, Poggio, Cà Romano, Bascio, Poggio Bianco, Maindi, S.
Marino, S. Rocco, S. Lorenzo, Cà Berbace, Santoni, Maciano, Aia di Bartolo, Marinelli, Pantaneto, Aia Marcucci, Possione, Cermitosa, Poggio di Lia, Cavedale, Moleto, Cà Montecalbo (r)
- Pievi e chiese di Ponte Messa, Pennabilli, Soanne, Antico di Maiolo, S. Martino,
S. Maria, Cà Fanchi, Maciano (c)
- Conventi e abbazie di Torre Bascio, Miratoio, Scavolino, Olivi a Maciano (c) - Torri e fortificazioni di Torre Bascio, Castello (c) - Aree e siti archeologici di Valdiceci, Bascio, Pennabilli, Scavolino, Soanne (c) - Percorsi di origine storica da Miratoio da Valpiano, da Valpiano da S. Lorenzo, da
Scavolino a Pennabilli, da Scavolino a Carpegna per passo delle Cantoniera, da Scavolino a Soanne (r)
- Comunanze agrarie di Fontana di Giorgio, Passo dei Ladri, Passo del
Trabocchetto, Costagrande, Andreuccio, Soanne, Piano, S. Marco, Monte Palazzolo (r)
Sistema paesistico-percettivo: - Intervisibilità tra i nuclei di Pennabilli e Scavolino (c) - Crinali particolarmente visibili da Torre Bascio a Poggio Miratoio (c) - Punti panoramici di Torre Bascio (r) - Percorsi panoramici da Testa del Monte a Passo del Trabocchetto (r) - Luoghi di particolare coesione paesistica di Miratoio (r) Sistema socio-economico: - Aree e attività produttive di Ponte Messa (f) - Principali infrastrutture ricettive di Pennabilli, Maciano, Scavolino, Soanne (f) - Aziende zootecniche e/o produttive agricole di Scavolino, Castello, Lanificio,
Mulino Callendi, Poggio Fiore, Cà Poggio, Cà Barucca, S.Rocco, S. Marino, Villa Santoni, il Chiuso, Cà Badiore, Cà Bartolino, Poggio, Miratoio, Cà Guadia (f)
Obiettivi di gestione e Progetti di valorizzazione
a) Valorizzazione del centro abitato di Pennabilli come "Porta" settentrionale del
parco attraverso il recupero e riqualificazione delle strutture ricettive e dei beni
storico-culturali e ambientali esistenti all'interno del nucleo e nell'area contigua (Cfr.
Articolazione territoriale), ma anche come "nucleo con servizi" di supporto alla
fruizione del parco. In particolare, anche attraverso la eventuale revisione-
integrazione del Piano Particolareggiato esistente, si prevedono le seguenti azioni:
- realizzazione di biblioteca e archivio multimediale sulle arti applicate del ‘900
italiano, mediante il riordino del materiale esistente;
- realizzazione di un circuito di vista dei beni storico-culturali esistenti puntando,
nel contempo, al recupero di quelli in cattivo stato di manutenzione o abbandonati;
- recupero ambientale e paesaggistico degli spazi aperti posti ai margini del centro
storico, come aree e spazi verdi attrezzate per la sosta e lo svago all'aperto, con particolare attenzione per i punti a maggiore panoramicità ed intervisibilità;
- riqualificazione e valorizzazione del tessuto edilizio appartenente all'impianto
storico del "castello" attraverso l'integrazione dei programmi di recupero vigenti e la predisposizione di apposite schede guida per gli interventi di restauro.
b) Riqualificazione del sistema insediativo di origine storica di mezzacosta costituito da borghi e ville di origine rurale. In particolare si prevedono le seguenti azioni: - incentivi al recupero del patrimonio edilizio rurale diffuso anche attraverso la
possibilità del riuso a fini turistico-ricettivi (Bed and Breakfast, Agriturismo, affittacamere, ecc.) al fine di qualificare l'offerta turistica attraverso la formazione di una campagna di schedatura (comprensiva di eventuali rilievi, indagini territoriali supportate da analisi socio-economiche) e la realizzazione di una specifica regolamentazione con un "capitolato-normativa" di formazione e orientamento;
- riqualificazione della rete della viabilità rurale minore mediante opere di
manutenzione e la realizzazione di adeguata segnaletica turistica e di orientamento, nonché realizzazione di adeguate strutture di servizio ai portatori di handicap, anche in collaborazione con le aziende agrituristiche presenti;
- realizzazione, nei borghi di S. Lorenzo, Soanne e Scavolino, delle specifiche
attività e funzioni individuate nel sistema di attrezzature e servizi di supporto alla fruizione del parco (cfr. Articolazione Territoriale), attraverso il prioritario recupero degli edifici di particolare interesse storico-archietttonico,
- valorizzazione del borgo storico di Miratoio come centro di servizio e supporto
alla visita del parco e come "nodo strategico" per il consolidamento delle relazioni (funzionali, paesistico-percettive, storico-culturali) con l'area protetta del versante Toscano.
c) Promozione di particolari azioni per la valutazione della sostenibilità ambientale in Val Marecchia attraverso indagini e analisi su alcuni indicatori relativi alla valutazione delle risorse rinnovabili e non rinnovabili in vari settori (agricolo, industriale, artigianale, civile) con particolare attenzione per la risorsa acqua. d) Valorizzazione della risorsa forestale, che in questa UP riveste un ruolo economico notevole, al fine di favorire la piena compatibilità tra produzione e conservazione, attraverso: - la promozione di protocolli di gestione del bosco in grado di consentire la
Certificazione delle produzioni forestali secondo gli standard oggi in uso (es. FSC);
- il rafforzamento della funzione di direttrici di dispersione delle fasce boscate
presenti lungo il reticolo idrografico con interventi di miglioramento della struttura del bosco e, dove necessario, rimboschimenti con essenze autoctone;
- l'incremento della presenza del Tasso (Taxus baccata) anche attraverso progetti di
U.P. 4 - MONTECOPIOLO E ALTA VAL FOGLIA
Limiti
Forti: a Ovest (U.P. 3)
Deboli: a Ovest (U.P. 1) e Sud (U.P. 5)
Incerti: a Nord ed Est (Montefeltro)
Descrizione sintetica
L'U.P. si sviluppa nella parte settentrionale del Parco in un'area che segna la
transizione dalle aree montane del M. Carpegna a quelle pedemontane e alto collinari
dell'alta Val Foglia; è la più varia sotto il profilo ambientale anche se prevalgono le
forme del paesaggio antropico costituito dal più importante centro urbano del parco
(Carpegna) e da altri insediamenti di origine rurale (Ponte Cappuccini e Mercato
Vecchio) e da agglomerati e borghi sparsi.
I coltivi rappresentano l'uso più diffuso con circa il 40% concentrato nella valle del
Rio S. Maria. Accanto ad esso sono diffusi anche i cedui (18%), gli arbusteti (14%) e
le praterie (10%). I primi sono concentrati soprattutto intorno a M. Montone mentre
arbusteti e praterie sono diffusi in particolare ai confini con le UP 2 e 3, in continuità
con le analoghe formazioni presenti.
Sotto il profilo antropico l'U.P. si caratterizza per la presenza di un sistema
insediativo che ha come centro di riferimento Montecopiolo, costituito da un
importante borgo storico di origine rurale a cui si sono aggiunti, in epoca recente, gli
insediamenti prevalentemente ricettivi di Villagrande e S.Rita.
Fattori identitari - Interventi: conservazione (c), restituzione (r), riqualificazione (f)
Sistema fisico:
- Lago di Villagrande
Sistema biologico:
- Faggeta con agrifoglio di Monte Montone (r)
Sistema storico culturale:
- "Ville" di Motecopiolo, Cà Moneta, Petorno, Pugliano vecchio (r)
- "Borghi" storici di Montecopiolo, Monterotto, Pugliano, Campo d'Arco, Capriola,
Serra Nanni, Poggio Casariani, Cà Bosca (r)
- Pievi e chiese di Montecopiolo, Pugliano, Villagrande (c) - Mulino di Bosco (f) - Torri e fortificazioni di Montecopiolo (c) - Aree e siti archeologici di S. Marco, Montecopiolo (c) - Luogo delle fiere di Pugliano (f) Sistema paesistico-percettivo: - Strade panoramiche da Villagrande a S. Marco, da Ponte Conca a Poggio
- Crinali particolarmente visibili da Monte Boaggine a Poggio Casariani (c) - Intervisibilità tra punti di vista importanti da Monte Boaggine a Montecopiolo (c) - Luoghi di particolare coesione paesistica di Montecopiolo (r) Sistema socio-economico: - Aree e attrezzature turistiche di Villagrande e S. Rita (r) - Campi da sci di M. Palazzolo (r)
- Principali infrastrutture ricettive di Villagrande, Montecopiolo, M. del Bosco,
- Aziende zootecniche e/o produttive agricole di Petorno, Cà delle Legore, S. Rita,
Cà la Bosca, Cà d'Eugenio, Pugliano, Pugliano Vecchio (f)
Obiettivi di gestione e Progetti di valorizzazione
a) Valorizzazione del paesaggio agrario attraverso interventi volti a conservare
l'eterogeneità della matrice ambientale, attraverso:
- il censimento e la classificazione delle siepi e degli alberi sparsi nel territorio;
- il monitoraggio delle relazioni esistenti nelle aree di margine tra boschi e coltivi;
- la sperimentazione di tecniche di gestione dei margini in grado di favorire la fauna
- il reimpianto di siepi ed alberi isolati appartenenti a specie autoctone; - l'incentivo al mantenimento di aree incolte erbacee o arbustive. b) Valorizzazione del centro abitato di Villagrande come "Porta" del parco attraverso il recupero e la riqualificazione delle strutture ricettive, dei beni storico-culturali e ambientali esistenti all'interno del nucleo e nel contesto (Cfr. Articolazione territoriale), ma anche come "nucleo con servizi" di supporto alla fruizione del parco. In particolare si prevedono le seguenti azioni: - la riqualificazione funzionale e ambientale del parco di Monte Montone,
favorendo la fruizione pubblica per lo svago e la ricreazione all'aperto anche attraverso la regolamentazione e il controllo della fauna esistente;
- il recupero dell'area archeologica del Castello di Montecopiolo anche attraverso la
realizzazione di percorsi attrezzati, spazi di sosta e aule didattiche;
- il recupero paesaggistico dei centri abitati di recente formazione del Villaggio del
Lago e del capoluogo comunale attraverso la prioritaria riqualificazione degli spazi pubblici e la ricucitura dei tessuti edificati con uno specifico progetto di "arredo urbano" finalizzato alla formazione dei percorsi, spazi e aree verdi di servizio ai residenti.
U.P. 5 - CARPEGNA E PIETRARUBBIA E VALLE SETTENTRIONALE
DEL T. MUTINO
Limiti
Forti: a Ovest (U.P. 1)
Deboli: a Nord (U.P. 2 e U.P. 4), Ovest (U.P. 3) e Sud (U.P. 6)
Incerti: a Est (Val Foglia e Valle del Mutino)
Descrizione sintetica
L'U.P. è caratterizzata da un paesaggio che segna la transizione dalle aree montane
del M. Carpegna e quelle pedemontane e alto collinari delle alte valli del Mutino e
dell'Aspa che demarcano (a nord e sud) il crinale secondario di Pietrarubbia. L'U.P.
risulta marcatamente segnata dalle attività antropiche ed in particolare: dai
rimboschimenti del M. Carpegna, dai coltivi tra Pietrarubbia e Carpegna, dalla
presenza del principale insediamento del parco (Carpegna) e da altri borghi e ville di
origine rurale (Mercato Vecchio, Ponte Cappuccini).
Il rimboschimento si sviluppa sulle pendici del M. Carpegna occupando il 17% circa
dell'UP. Una cerniera tra il bosco di conifere e le aree coltivate è costituita da cedui
ed arbusteti che sono presenti anche tra i coltivi ed interessano l'8% della superficie.
I seminativi sono diffusi su oltre il 50% del territori ma, come già detto, all'interno di
questa matrice sono ben diffuse le formazioni più naturali che contribuiscono alla
creazione di una rete di connessioni sufficientemente ricca.
Fattori identitari - Interventi: conservazione (c), restituzione (r), riqualificazione (f)
Sistema fisico
- Frana di Pianello (c)
- Brecce delle Tane (c)
- Trincee di M. Carpegna (c)
- Rupi di Pietrarubbia, Pietrafagnana, S. Arduino (c)
Sistema Biologico:
- nessuno
Sistema storico culturale:
- "Borghi" storici di Carpegna, Ponte Cappuccini, Mercato vecchio, Cà mancino,
Cà Boso, Paterno (r)
- "Ville" di Carpegna, S. Angelo, S. Pietro, Genghe, S. Angelo, Paterno, Cà
Baldiserra, Cà Mancino, Cà Ivano, Cà Boso, Cà Maffuccio, Le Cagnane (r)
- Pieve e chiese di S. Arduino, Carpegna, Petrelle, Pietrarubbia, S. Girolamo,
- Abbazie e conventi di Monastero, Pietrarubbia (c) - Torri e fortificazioni di Monastero, Cavoleto (c) - Aree e siti archeologici di Pietrarubbia (c) - Percorsi di origine storica da Ponte Cappuccini a Carpegna, da Carpegna a
Pennabilli per Passo della Cantoniera (r)
Sistema paesistico-percettivo: - Crinali particolarmente visibili da Costa dei Salti a Pietrarubbia e M. S. Maria, da
Monte Boaggine a Poggio Casariani, da M. Carpegna a Passo della Cantoniera (c)
- Intervisibilità tra punti di vista importanti da Pietrarubbia a M. Boaggine, da
Frontino a Ponte Cappucini e M. Boaggine (c)
- Luoghi di particolare coesione paesistica di Frontino (vedi anche U.P. 6) (r) - Punti di vista importanti di Pietrarubbia (r) Sistema socio-economico: - Aree edificate recenti di Carpegna (f) - Principali infrastrutture ricettive di Carpegna, Ponte cappuccini, Mercato Vecchio,
Pietrarubbia (f)
Obiettivi di gestione e Progetto di valorizzazione
a) Valorizzazione e caratterizzazione del centro abitato di Carpegna come "Casa del
Parco", sfruttando le sinergie e le opportunità che la presenza delle strutture
operative e degli uffici del parco offrono (Cfr. Articolazione territoriale), con
particolare attenzione al recupero e riqualificazione delle aree e degli spazi periferici.
In particolare si prevedono le seguenti azioni:
- realizzazione di un circuito di fruizione dei beni storico-culturali esistenti
puntando, nel contempo, al recupero di quelli in cattivo stato di manutenzione o abbandonati (ad esempio la chiesetta Castacciaro);
- recupero dell'edificio denominato "Mezzanotte" in piazza Conti (ex sede del
parco) mediante la realizzazione dell'ufficio del turismo e di una foresteria;
- potenziamento delle strutture di servizio all'aperto del Parco delle Querce, anche
con la eventuale realizzazione del laghetto turistico e l'ampliamento del parco sino all'area attigua alla sede dell'Ente Parco (via Rio Maggio) attraverso il recupero paesaggistico e ambientale degli spazi degradati o in cattivo stato di manutenzione;
- riqualificazione delle aree per lo svago e la sosta del parco di S.Martino e delle
attrezzature sportive connesse;
- recupero e riqualificazione dell'area degradata in via A. Moro (ex discarica)
mediante la realizzazione di spazi ricreativi all'aperto e la formazione di area per camper service;
- realizzazione della nuova biblioteca e del centro di aggregazione giovanile nella
b) Valorizzazione dei centri abitati di Mercato Vecchio e Ponte Cappuccini come "Porta" del parco, ma anche come "nucleo con servizi", attraverso la realizzazione delle specifiche attività e funzioni individuate nel sistema di attrezzature e servizi di supporto alla fruizione del parco (cfr. Articolazione Territoriale) ed il recupero degli edifici di particolare interesse storico-architetttonico. In particolare, si prevedono le seguenti azioni: - riqualificazione del Giardino Botanico di Ponte Cappuccini; - riqualificazione del convento di Ponte Cappuccini, in accordo con la Provincia Religiosa Picena; - potenziamento e riqualificazione del centro visite del Parco e della casa per ferie. c) Riqualificazione naturalistica del patrimonio forestale di Monte Carpegna, attraverso: - la progressiva sostituzione delle conifere nel rimboschimento di Monte Carpegna,
favorendo il rinnovamento spontaneo delle latifoglie autoctone in modo da costituire sul versante sud orientale del monte un nucleo forestale di latifoglie;
- la ricucitura e il rafforzamento della matrice ambientale dovrà essere messo in
contatto sia con i boschi intorno ai Sassi che con quelli del versante nord occidentale;
- il monitoraggio della fauna e flora forestale con particolare attenzione all'impatto
sulle popolazioni della dinamica evolutiva dei boschi;
- il monitoraggio della dispersione e diffusione delle specie forestali attraverso le
matrici naturali in ambiente agricolo con particolare attenzione ai mammiferi di media e grossa taglia.
U.P. 6 - S. SISTO, FRONTINO E VALLE MERIDIONALE DEL T. MUTINO
Limiti
Forti: a Ovest (U.P. 1)
Deboli: a Nord ed Est (U.P. 5)
Incerti: a Sud (Valle dell'Isauro) e Ovest (Riserva Naturale Toscana)
Descrizione sintetica
L'U.P. posta nella parte più meridionale del Parco risulta quella in cui maggiore è
l'impatto delle colture. Il paesaggio si presenta quindi particolarmente antropizzato
con seminativi che occupano oltre il 70% della superficie, borghi storici e ville di
origine rurale (S. Sisto, Viano, Frontino) disposti sui versanti dei crinali secondari
che dal Simone Simoncello scendono verso la Valle dell'Isauro o lungo il fondovalle
del T. Mutino che da Carpegna scende a Lunano. Tra le formazioni naturali l'unica
presente con superficie significativa è il ceduo (16%) che tuttavia è concentrato
lungo il T. Mutino e altri fossi.
Dal punto di vista vegetazionale l'U.P. è caratterizzata dalla dominanza di due
formazioni strutturalmente molto diverse e dall'assenza di formazioni naturali o
seminaturali erbacee o arbustive determinando la presenza di margini, tra le varie
parcelle, netti e poco permeabili.
Da segnalare inoltre che, con circa 11 ha, questa U.P. ospita la maggior parte delle
colture arborate presenti nel Parco.
Fattori identitari - Interventi: conservazione (c), restituzione (r), riqualificazione (f)
Sistema fisico:
-
Sistema biologico:
- Arenarie di Frontino (anche UP 5)
Sistema storico culturale:
- "Castelli" di S. Sisto, Frontino e Viano (r)
- "Borghi" storici di S. Sisto, Frontino, Cà la Tonia, Cà Buchero (r)
- "Ville" di S. Sisto, Cà Bucchero, Calzoppo, Cà Giorgetto, Cà Bacchero,
- Convento di Montefiorentino (r) - Torre Frontino (c) - Mulino di Frontino (r) - Chiese e pievi di S. Sisto, Viano, Frontino (c) - Percorsi storici da Frontino a Torre del Peschio per convento di Montefiorentino,
da S. Sisto a Torre del Peschio per Rio Maggio (r)
Sistema paesistico-percettivo: - Intervisibilità tra i nuclei di Frontino, San Girolamo e Monastero (vedi anche U.P.
- Luoghi di particolare coesione paesistica di Frontino (r) - Crinali particolarmente visibili da m. Cassinelle a Frontino, da Calzoppo a M. dei
- Sistema socio-economico: - Principali infrastrutture ricettive di S. Sisto, Frontino, Montefiorentino (f) - Aziende zootecniche e/o produttive agricole di Cerreto, Linara, Spinagebba, Cà la
Paola, Calmagnano, Torriola (f)
Obiettivi di gestione e Progetti di valorizzazione
a) Valorizzazione del centro abitato di S. Sisto come "Porta" meridionale del parco
attraverso:
- il recupero e la riqualificazione delle strutture ricettive e dei beni storico-culturali
esistenti all'interno del nucleo e nell'area contigua (Cfr. articolazione territoriale);
- il mantenimento e la riqualificazione dei servizi esistenti e delle funzioni di
interesse pubblico e socio-culturale;
- il recupero e la riqualificazione del centro denominato "CISAM" mediante la
realizzazione di attività e strutture ricettive e il potenziamento e valorizzazione dell'insediamento come Centro di Educazione Ambientale;
- recupero del patrimonio edilizio esistente di impianto storico con interventi di
Edilizia Residenziale Pubblica, rivolto a particolari categorie protette con particolare riferimento alle coppie di nuova formazione;
- miglioramento della qualità dei servizi di base esistenti mediante il
completamento del programma di edilizia scolastica, la realizzazione di un centro servizi per l'aggregazione giovanile e presidio sanitario, la riqualificazione degli impianti sportivi esistenti.
b) Valorizzazione dell'offerta turistica dell'area anche mediante la riqualificazione degli insediamenti di origine storica (costituiti in prevalenza da borghi, ville ed edifici isolati di origine rurale) e delle strutture ricettive esistenti, attraverso: - incentivi al recupero del patrimonio edilizio rurale diffuso anche attraverso la
possibilità del riuso a fini turistico-ricettivi (Bed and Breakfast, Agriturismo, affittacamere, ecc.);
- formazione di una campagna di schedatura (comprensiva di eventuali rilievi,
indagini territoriali supportate da analisi socio-economiche) e realizzazione di una specifica regolamentazione con un "capitolato-normativa" di formazione e orientamento;
- riqualificazione della viabilità di accesso al parco ed in particolare dei tracciati
coincidenti con "l'anello carrabile del parco" e la "viabilità di interesse locale", anche con la realizzazione di aree di sosta e parcheggio in connessione con i principali itinerari pedonali ed in particolare in loc. Cà Bucchero e Pian dei Prati;
- riqualificazione della rete della viabilità rurale minore mediante opere di
manutenzione e la realizzazione di adeguata segnaletica turistica e di orientamento, nonché realizzazione di adeguate strutture di servizio ai portatori di handicap, anche in collaborazione con le aziende agrituristiche presenti;
- recupero architettonico e contemporanea realizzazione di adeguati spazi
informativi e di sosta per i principali edifici di interesse storico culturale; ed in particolare: la chiesa di Viano, la chiesa e le fortificazioni di Frontino, il mulino e la pieve di S. Girolamo, il convento di Montefiorentino;
- riqualificazione delle aree e delle strutture ricettive di Pian dei Prati anche con la
realizzazione di luoghi e attrezzature per la fruizione didattica e ricreativa e di spazi attrezzati per la sosta e il parcheggio.
c) Valorizzazione e conservazione del paesaggio agrario attraverso interventi volti a: - monitorare l'evoluzione e la dinamica degli agroecosistemi al fine di ottenere
informazioni in grado di calibrare meglio la gestione in tutto il Parco;
- sviluppare programmi didattico-divulgativi diretti sia agli agricoltori che a tutti i
cittadini, con particolare riguardo alle scuole, che mettano in evidenza l'importanza dei paesaggi agrari per conservare la biodiversità e favoriscano la diffusione di tecniche agronomiche a minor impatto sull'ambiente;
- sperimentazione di tecniche colturali, esportabili anche in altre aree del Parco e
nell'area contigua, che favoriscano la presenza della fauna selvatica negli ambienti agricoli, con particolare attenzione alle specie minori (insetti, anfibi, rettili, passeriformi ecc.);
- censimento e tutela diretta delle aree con permanenza di colture arborate.
Source: http://www.consiglio.marche.gov.it/banche_dati_e_documentazione/iter_degli_atti/paa/pdf/paa57_8.pdf
Yonsei Med J 53(4):842-848, 2012 pISSN: 0513-5796, eISSN: 1976-2437 Fluoxetine Protects against Big Endothelin-1 Induced Anti-Apoptosis by Rescuing Kv1.5 Channels in Human Pulmonary Arterial Smooth Muscle Cel s FeiFeng Dai, ZhiFu Mao, Jun Xia, ShaoPing Zhu, and ZhiYong Wu Department of Cardiothoracic Surgery, Renmin Hospital of Wuhan University, Wuhan, China.
Acta Bioethica 2009; 15 (2): 165-171 FINANCIAL AND NON-FINANCIAL CONFLICTS OF INTERESTS Abstract: A conflict of interests occurs when a doctor is unduly influenced by a secondary interest (i.e., a personal incentive) in his acts concerning one of the primary interests to which he is professionally committed (the welfare of patients, the progress of science or the